Un anno fa il ministero del Lavoro ha messo sul piatto 124 milioni di euro per finanziare una specifica misura del progetto Garanzia Giovani, relativa al sostegno all’autoimprenditorialità. Potenziali beneficiari della misura, battezzata con un gioco di parole “Selfiemployment”, erano (e sono tuttora) gli under 30 iscritti a Garanzia Giovani interessati ad aprire una startup, o anche semplicemente a “mettersi in proprio”.
Ma quanti di quei 124 milioni sono stati distribuiti, ad oggi, un anno dopo l’avvio della misura? Soltanto 2 milioni e mezzo: di questo passo, ci vorrebbero cinquant’anni per esaurire il totale a disposizione.
Il motivo principale di questa incredibile lentezza nella assegnazione dei fondi è che pochissimi ne fanno richiesta. A fine dicembre 2016 solo 634 iscritti allo sportello Selfiemployment avevano completato l’iter di presentazione della domanda sulla piattaforma digitale di Invitalia, la società pubblica incaricata dal ministero del Lavoro di gestire la misura.
Già l’anno scorso, al momento del lancio, il target troppo ristretto era subito emerso come il principale tallone d’Achille: il fondo era infatti destinato in prima battuta a quegli iscritti a Garanzia Giovani che avessero usufruito di un percorso di accompagnamento all’avvio di un’impresa. All’epoca – dati di fine 2015 – le persone che corrispondevano a questo identikit erano meno di 500 in tutta Italia: infatti il ministero aveva stretto apposta un accordo con Unioncamere, per raggiungere l’obiettivo di coinvolgere almeno 4.200 giovani.
Un anno dopo, malgrado gli sforzi fatti, Selfiemployment resta sostanzialmente al palo. Già all’indomani dell’apertura dello sportello, il 1° marzo 2016, era chiaro che qualcosa non funzionava: «Fin dalle prime settimane ci siamo accorti che una serie di attività propedeutiche alla presentazione della domanda, che dovevano essere svolte dalle singole Regioni attraverso i centri per l’impiego o altre strutture dedicate a fare attività di accompagnamento del proponente, non venivano fatte» conferma Marco Antinori, il dirigente di Invitalia responsabile di Selfiemployment: «Dunque pochi soggetti erano stati messi in condizione di presentare effettivamente le domande. Per cui, quasi subito dopo l’apertura dello sportello, sono stati presi degli accordi con Unioncamere affinché facesse delle attività di accompagnamento in affiancamento a quella prevista dalle Regioni, a livello nazionale; e tramite Italia Lavoro si è lavorato su un piano di comunicazione e promozione sul territorio, in modo da diffondere in modo più capillare l’informazione».
La situazione negli ultimi mesi sta un po’ migliorando. Il trend del numero delle iscrizioni è in crescita: analizzando le 634 domande presentate a fine 2016, 186 risultano esser state presentate dall’apertura delle candidature (marzo 2016) fino al 12 settembre; mentre dal 13 settembre a fine anno Invitalia ne ha ricevute 448, oltre il doppio in un lasso di tempo più breve.
Il 12 settembre è infatti uno spartiacque per Selfiemployment. Attraverso un nuovo avviso Invitalia ha semplificato i requisiti: «Abbiamo modificato le modalità di accesso alla misura per renderle meno vincolanti, rendendo facoltativo il percorso di accompagnamento in aula, che era di almeno 60 ore» spiega Antinori: «I risultati si sono visti. Da settembre in poi i numeri sono nettamente cambiati: le modifiche che abbiamo introdotto hanno sicuramente migliorato l’appeal della misura».
Eppure delle 634 domande presentate e avviate al percorso di valutazione, solo 80 – al 31/12 – hanno completato l’iter di valutazione con esito positivo e sono state ammesse al finanziamento. Ben 408 non hanno avuto esito positivo, mentre quelle ancora in corso di valutazione risultano essere 146.
«Ci sono più fattori che hanno concorso a un numero basso di approvazioni» argomenta Antinori: «Le prime domande presentate nei primi mesi, oltre a essere poche, perlopiù non presentavano i requisiti necessari ad accedere alla misura, quindi sono decadute».
Infine sono solo 19 le domande approvate che hanno ottenuto, al 31/12, l’erogazione del finanziamento (importo medio: 32mila euro); arrivano in larga parte dalle regioni del sud, in special modo dalla Campania. Sono stati incentivati, per esempio, un laboratorio di grafica pubblicitaria, una ludoteca, un centro di doppiaggio e corsi di doppiaggio, un negozio di tatuaggi, due food truck (uno per il commercio ambulante di prodotti ittici, l’altro per la produzione e vendita di gelato), un negozio di parrucchiere ed estetica, una pizzeria paninoteca, un fast food etnico con prodotti venezuelani, e inoltre le attività di un fotografo e un architetto.
C’è però un altro problema. Alcuni aspiranti imprenditori, iscritti a Garanzia Giovani, avrebbero voluto usufruire di Selfiemployment ma si sono bloccati quando hanno approfondito le condizioni del finanziamento. Che per molti versi sono indubitabilmente vantaggiose – prestiti a tasso zero (da 5mila a 50mila euro), niente garanzie personali, piano di ammortamento fino a 7 anni. Ma che prevedono dei tempi di restituzione piuttosto stretti. Nel dettaglio, per chi ha avuto accesso al microcredito – cioè un finanziamento fino a 35mila euro – la prima rata del rimborso è prevista dopo 6 mesi dalla unica (o prima) erogazione; per chi ha ottenuto un piccolo prestito (tra 35mila e 50mila euro) il rimborso parte invece subito dopo un mese dall’erogazione dell’ultima quota di finanziamento.
«In realtà per quanto riguarda il microcredito ci siamo dovuti attenere alla norma nazionale, che prevede un “periodo di grazia” di 6 mesi»: dopo bisogna per forza che il beneficiario cominci a rimborsare. Per la modalità del piccolo prestito c’è stata più discrezionalità, ma il giudizio di Invitalia è che comunque, avendo il beneficiario la possibilità di rimandare di molti mesi (complessivamente 18, per l’esattezza 15 dal perfezionamento) la richiesta della seconda tranche di finanziamento, questo strumento possa essere usato anche per rimandare l’avvio della restituzione (previsto per il mese successivo all’erogazione della seconda tranche, appunto) fino al momento giusto.
«Sinceramente non ci è arrivata nessuna indicazione specifica di questa difficoltà» chiude il dirigente di Invitalia: «Ma non abbiamo nessuna preclusione, insieme al ministero che è l’autorità di gestione, nell’analizzare qualsiasi problematica ci rendiamo conto possa rendere meno efficace l’azione».
Resta il fatto che adesso, pur con le migliorie apportate a settembre, Selfiemployment procede a rilento, con una media di 4 domande ricevute al giorno, e solo una di queste 4 statisticamente viene accolta. Ciò significa che per raggiungere a un volume di domande tale da riuscire a esaurire il fondo di 124 milioni di euro, procedendo a questa velocità, ci vorrebbero comunque dieci anni! La speranza a questo punto è che il ministero del Lavoro e Invitalia mettano presto in atto qualche accorgimento per far decollare una volta per tutte la misura; oppure che decidano di spostare i fondi e utilizzarli per finanziare, all’interno della galassia di Garanzia Giovani, qualche altra attività a favore dei Neet.