Una delle più grandi ricette per il fallimento di qualsiasi progetto di vita è sempre molto semplice, quasi banale, eppure diffusissima tra persone e organizzazioni: la mancanza di azione.
Il mondo è piano di progetti che non prendono mai forma.
Rimandare è un vizio che abbiamo in moltissimi: l’azienda che non investe “perché adesso c’è la crisi”, il professionista che non rischia “perché non sono ancora pronto”, la persona che non apre l’attività“perché non ho i soldi”.
Rimandare ci mantiene sicuri, sugli spalti della vita, e non scendiamo mai nell’arena. Così non rischiamo di sbucciarci le ginocchia e sbattere il naso per terra, vero: però diventiamo spettatori di qualcun altro.
Il rimandare funziona molto bene perché dietro ogni mancanza di azione c’è una buona storia: “Non ho i soldi per aprire la mia attività”, “nessuno mi dà un lavoro”. E una buona storia è fondamentale perché, senza di essa, non avremmo spiegazioni sullo spreco più grande che potremmo perpetrare contro il nostro potenziale. Alla domanda: “Perché non lo fai?” non avremmo risposta e dunque, dopo avere ringraziato la persona che ci ha posto tale domanda, dovremmo metterci in cammino. Invece, con una buona storia, possiamo cominciare non ad agire – per carità – ma a spiegare. Molte persone passano la vita a spiegare perché non fanno qualcosa, perché non raggiungono un obiettivo, perché non cambiano. E dato che non sono in pochi, troveranno un’altra persona disposta ad ascoltare, perché anch’essa ha una buona storia da raccontare: così si ritrovano sul tram, la mattina, a lamentarsi di come sarebbe bella la vita se il mondo facesse la prima mossa.