Così l’Unione Europea ci ha reso più ricchi (sì, anche l’Italia)

Ecco tutti i numeri che smentiscono i sovranisti: più integrazione economica vuol dire più export, più scambi, più soldi in tasca. I problemi ci sono, certo, ma vanno cercati altrove, non certo nel mercato comune

In un report appena pubblicato l’American Chamber of Commerce presso l’Unione Europea ha esaminato l’impatto del mercato unico europeo sull’economie dei Paesi membri ed esplorato le prospettive di crescita di una ulteriore integrazione del mercato nell’Unione Europea.

Secondo AmCham dal 1990 al 2015 il mercato unico europeo ha aumentato il prodotto interno lordo dell’intera Unione dell’1,7% mentre il Pil pro capite per ogni cittadino europeo è cresciuto di oltre 1000 euro l’anno grazie agli effetti del libero scambio. Il consumo medio delle famiglie europee è aumentato di oltre 600 euro all’anno mentre i posti di lavoro aggiuntivi, cioè creati dal mercato unico, sarebbero 3,6 milioni. Per quanto riguarda le esportazioni di beni tra Stati membri, si registra una crescita dell’oltre 6% tra il 1995 e il 2015 con un’incidenza sul Pil aggregato dell’Unione Europea che è passata dal 14,2 al 20,8%. Oggi la percentuale media degli scambi dei beni intra-UE costituisce il 31,1% del PIL dell’Unione Europea.

I servizi, invece, sono il settore con minore integrazione economica. Tuttavia la crescita dell’incidenza sul Pil europeo è raddoppiata nell’arco di vent’anni passando dal 3 al 6%. Per quanto riguarda la mobilità dei capitali, misurata dal report come investimenti diretti esteri all’interno dell’Unione Europea, è aumentata di sette volte dal 1994 al 2015 passando da un’incidenza del 6,9% al 51,6% sul PIL europeo.

La mobilità dei lavoratori, ancora bassa se paragonata a quella degli Stati Uniti, è comunque aumentata dall’1,6% al 3,6% nello stesso periodo. A livello di Unione Europea, come si può notare, l’aumento della circolazione di beni, servizi, capitali e persone è stato in costante crescita, nonostante la più grande crisi economica degli ultimi ottant’anni attraversata dal Continente, e ha generato benefici per tutti i paesi membri.

In totale il livello d’integrazione economica, nel modello d’indicatori costruito dallo studio, dal 1995 al 2015 è aumentato del 30% passando dal 56% al 75%.

Dal 1990 al 2015 il mercato unico europeo ha aumentato il prodotto interno lordo dell’intera Unione dell’1,7% mentre il Pil pro capite per ogni cittadino europeo è cresciuto di oltre 1000 euro l’anno grazie agli effetti del libero scambio. Il consumo medio delle famiglie europee è aumentato di oltre 600 euro all’anno mentre i posti di lavoro aggiuntivi, cioè creati dal mercato unico, sono 3,6 milioni

Effetti simili sono riscontrabili anche in Italia, seppur in misura molto minore. Per quanto riguarda il PIL pro-capite, fino al 2015, il mercato unico ha determinato una crescita dello 0,5% (media UE 0,8%) mentre per quanto riguarda i consumi, ogni famiglia italiana dispone di 176 euro l’anno in più grazie all’integrazione economica europea. I posti di lavoro nel Belpaese sono aumentati di 105mila unità grazie alla liberalizzazione degli scambi mentre il livello di investimenti esteri pro capite prodotto dal mercato unico europeo è di 22 euro, ma l’Italia in questa classifica è soltanto penultima (dietro alla Grecia) a causa delle difficoltà strutturali d’investimento nella penisola. Se poi si considera la crisi economica, quindi solo i dati che partono dal 2008, l’effetto resta comunque positivo con un aumento dello 0,15% del PIL pro-capite.

Lo studio non si sofferma solo su evidenziare l’impatto positivo sul presente, ma ipotizza scenari futuri di ulteriore integrazione economica e giuridica. Nello scenario più positivo, quello di maggiore rimozione di vincoli alla circolazione di beni, servizi e capitali e di maggiore uniformità regolatoria, AmCham prevede una crescita dello 0,6% l’anno in più per l’intero PIL dell’Unione Europea, un aumento dei consumi delle famiglie sull’anno di 208 euro, 17 miliardi di euro in più d’investimenti e 1.3 milioni di posti di lavoro sul suolo europeo.

Per quanto riguarda l’Italia i miglioramenti economici sarebbero considerevoli, e tra i più elevati tra gli Stati membri dell’Unione, per cui il PIL pro capite crescerebbe dello 0,64% e le famiglie avrebbero a disposizione 390 euro, i consumi per famiglia crescerebbero di 236 euro in più all’anno, gli investimenti aumenterebbero di oltre 1,7 miliardi grazie ai benefici dell’integrazione economica.

Sottolineare questi benefici non significa dimenticare i problemi che il condominio Europa ha a livello di governance, presenza internazionale e crescita economica. Tuttavia, grazie alla libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone quel condominio negli ultimi venticinque anni è diventato più ricco, o meno impoverito, di quanto sarebbe stato senza. Se esiste un valore europeo da difendere a tutti costi, nel tempo della rivolta populista, è quello del libero scambio e della libera circolazione. Perché rende le democrazie europee non solo più unite a livello geopolitico, ma anche singolarmente più forti.

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