Il tranquillo Marocco è la fucina delle nuove generazioni di jihadisti. La macchina organizzativa dell’Isis ha cambiato strategia e non raccoglie più i suoi combattenti agli angoli poveri della società. Non sono reietti o piccoli criminali senza niente da perdere ma membri della società con una cultura, una famiglia alle spalle, un grado di scolarizzazione molto alto e una convinzione più forte di qualsiasi promessa di compenso. E questa trasformazione sta avvenendo proprio sotto gli occhi di tutti.
Alcune settimane fa la polizia di El Jadida ha smantellato una cellula di dieci terroriste under 17 affiliate all’Isis, una delle più pericolose mai scoperte, hanno detto gli investigatori. Per il direttore dell’Ufficio centrale del Judicial Investigation (BCIJ), Abdelhak Khiame, si trattava di un vero e proprio commando armato con un’organizzazione interna precisa. Le ragazzine avevano un ruolo ben definito: alcune si erano procurate sostanze chimiche e avevano realizzato cinture esplosive, altre avevano i contatti con alcuni noti terroristi marocchini e si mantenevano in collegamento con le sedi del califfato al confine iracheno-siriano, altre ancora facevano proselitismo, non solo online.
Secondo il Ministero degli Interni, le dieci jihadiste erano attive nelle città di Essaouira, Meknes, Sidi Kacem e Laayoune e stavano progettando attentati suicidi in diverse zone del Paese. “È un caso molto particolare, un campanello d’allarme per il Marocco, ecco perché ce ne stiamo occupando”. A dirlo è Mohammed Masbah, sociologo del Carnegie Middle East Center di Rabat ed esperto di salafismo e terrorismo. L’arresto delle jihadiste adolescenti è la prova di un cambiamento nella strategia terroristica anche in Paesi dove la tensione e la mano del califfato, apparentemente, non è così pesante. E invece sono le donne, e in particolare le adolescenti, i nuovi bersagli della propaganda dell’Isis.
“I jihadisti hanno lanciato una nuova campagna di marketing online che mira ad attirare donne single tra i 16 e i 25 anni – ha spiegato Masbah – con l’obiettivo di creare delle brigate pronte ad agire, ma anche per utilizzare le stesse ragazze come reclutatrici di altre compagne”. È così che si è creata la cellula delle dieci piccole combattenti, proprio con gli stessi meccanismi con cui al liceo si creano le gang di bulli. La ricerca sul campo e poi le testimonianze delle ragazzine arrestate, infatti, hanno rivelato che dietro la scelta di diventare terroriste, in questo caso non c’è un vero e proprio fanatismo religioso (accade solo nel 2% dei casi), quanto più banalmente la realizzazione di sé, la voglia di sentirsi parte di un gruppo, l’ebbrezza dell’eroismo, l’avventura.
La macchina organizzativa dell’Isis ha cambiato strategia: non raccoglie più i suoi combattenti agli angoli poveri della società, ma cerca chi ha un grado di scolarizzazione molto alto e una convinzione più forte di qualsiasi promessa di compenso
«Sono giovani di buona famiglia – ha raccontato ancora Mohammed Masbah –. I genitori non sono fondamentalisti, non vivono in una condizione di disagio e tutte e dieci andavano a scuola. In un caso, una delle adolescenti era accompagnata proprio dalla madre fin davanti alla classe. Eppure, scolarizzazione e controllo familiare non sono bastati. Non ci sono stati segnali eclatanti, anche nel comportamento. Nessuna di loro, hanno raccontato i familiari, aveva cambiato i propri abiti. Alcune indossavano già l’hijab, il velo, per abitudine familiare mentre le altre non l’hanno mai portato, neanche durante le attività da terroriste in incognito».
«Sono confuse – ha spiegato Hakima, psicologa dell’Università di Casablanca che sta seguendo il caso non sono neanche pentite semplicemente perché non si rendono conto di quello che era davvero il sodalizio tra loro”. Una vera e propria associazione a delinquere attiva anche a Kenitra, Sidi Slimane e Tangeri».
Le dieci jihadiste adesso sono in prigione e il loro caso sta creando un vero e proprio polverone giuridico. «È una situazione delicata, perché non c’è una legislazione adatta per questo tipo di reati – spiega Masbah. – Sono giovani, dovrebbero essere processate come minori, ma il loro reato è grave e dovrebbero essere condannate come gli altri terroristi. Eppure, sono sempre delle ragazzine e non possono essere paragonate a jihadisti adulti, con più esperienza». L’interpretazione della legge, dunque, è molto labile e gli avvocati stanno considerando l’ipotesi di presentare la richiesta di creazione di una nuova norma, idonea per questo tipo di situazioni. “Noi che difendiamo ex jihadisti o persone accusate di essere terroristi ci troviamo spesso di fronte a diverse interpretazioni della legge – ha spiegato l’avvocato penalista Khalil Idrissi. Lui ha difeso un ragazzino tornato in Marocco dopo essersi trasferito in Siria, costretto dalla madre a combattere per l’Isis. Anchequeste hanno un avvocato che sta lavorando per loro, ma intanto restano in cella. Quel che è accaduto in Marocco ricorda il ritrovamento delle bombole di gas davanti a Notre-Dame de Paris, lo scorso 4 settembre, e l’arresto di quattro persone tra cui una sedicenne, accusate di voler colpire la capitale francese, il 10 febbraio a Montpellier.