Le vecchie tavole da surf in legno pesavano tantissimo. Oggi si possono rendere leggere se progettate con una struttura a camera d’aria. Per realizzarle servono un sistema di progettazione Cad, mani esperte per creare i prototipi, una macchina a controllo numerico per realizzare le copie. Per venderle nel mondo, invece, è necessario, tra le altre cose, un sistema “Shape 3D” che modella le tavole in base alla corporatura dei clienti. Realizzare tutto questo, tuttavia, non è più una prerogativa delle grandi imprese: bastano tre persone, nello specifico due fratelli della provincia di Teramo e una terza socia esperta di marketing. Quella dei fratelli Eugenio e Federico Celli, fondatori di No-Made Boards, è una delle dieci che sono state selezionate tra le 300 candidate nella seconda edizione di “Botteghe Digitali”, un progetto di Banca Ifis il cui obiettivo, in ultima istanza, è uno: dimostrare che i vantaggi dell’industria 4.0 (o interconnessa che dir si voglia) non sono limitati alle grandi imprese.
Tali vantaggi sono stati illustrati, nella sede di Banca Ifis di Milano, dal supervisore scientifico del progetto, il docente dell’Università Ca’ Foscari Stefano Micelli. «Esiste una correlazione chiara tra l’innovazione tecnologica e la redditività delle imprese del Made in Italy – ha detto -. Dalla crisi del 2008 a oggi le imprese che più hanno saputo resistere e crescere sono quelle che maggiormente hanno scommesso sul digitale relativamente a due aspetti: il marketing e la produzione». Perché è il caso di stare attenti ed essere realisti. Se è vero che esiste una correlazione altissima tra il commercio elettronico e la internazionalizzazione e tra l’internazionalizzazione e l’aumento di fatturato, se si parla di margini il discorso è diverso. «Andare all’estero può costare troppo e può finire per appesantire la stessa strategia di crescita», ha spiegato Micelli, «la marginalità cresce solo se ci si dota della giusta tecnologia». Giusta e non eccessiva, ma soprattutto commisurata alle esigenze di ciascun settore e di ciascuna azienda.
Quello che distingue questo progetto da altri è che non si tratta di una mera selezone dei più bravi, smart e cool, in grado di far mangiare la polvere agli altri. Sono aziende in trasformazione che lungo il percorso saranno affiancate da un “coach” e da alcuni “specialist” di amministrazione, finanza, commercio e design
Le imprese selezionate raccontano uno spaccato delle imprese artigiane italiane. Ci sono molte storie di passaggi generazionali in cui i più giovani danno la spinta verso il digitale che i padri non potevano dare. Ma anche di artigiani delle generazioni precedenti – panificatori, sarti, vetrai – che hanno intrapreso un percorso di trasformazione. Quello che distingue questo progetto da altri, infatti, è che non si tratta di una mera selezone dei più bravi, smart e cool, in grado di far mangiare la polvere agli altri. «Siamo andati alla ricerca degli elementi distintivi dei loro prodotti e delle potenzialità e ambizioni di crescita attraverso il digitale», ha spiegato l stesso Micelli, che con il suo bestseller “Futuro Artigiano” (Marsilio) è stato l’unico economista a ottenere il premio Compasso D’Oro. Sono aziende, in altre parole, che stanno cambiando e che lungo il percorso saranno affiancate da un “coach” e da alcuni “specialist” con il compito di supportarle con la consulenza su materie come l’amministrazione, la finanza, il commercio e il design. Inoltre l’idea è di coinvolgere le altre imprese artigiane, a partire da quelle non selezionate, in un percorso di formazione sul sito del progetto. , curato dall’agenzia Marketing Arena di Rovigo, diretta dal Ceo Giorgio Soffiato. «Il nostro obiettivo è mettere a disposizione gli spunti a disposizione di tutti», ha spiegato il direttore generale di Banca Ifis, Alberto Staccione. Ci saranno quindi dei test di posizionamento, degli ebook e un blog dedicati ai consigli per migliorare l’efficienza ed efficacia delle varie funzioni aziendali.
Le storie delle imprese selezionate danno una chiara indicazione di dove si annidi il potenziale di crescita. La Lydda Wear di Padova si è specializzata nella realizzazione di abiti per persone con disabilità. L’idea è nata da un bisogno personale – realizzare vestiti per un familiare del titolare dell’impresa, Pier Giorgio Silvestrin – e si è sviluppata grazie a una progettazione digitalizzata, che permette una personalizzazione estrema, e alla vendita di prodotti via ecommerce. La tappezzeria Druetta di Cuneo ha pure intrapreso la strada della personalizzazione, da applicare ai mobili come si fa sempre più spesso nella moda. La Golosa Officina di Fano vede una ex commercialista alle prese con l’obiettivo di cambiare le abitudini di consumo dei biscotti, pensati anche salati e da abbinare anche alle birre. Si continua con i vetri di Murano di Gabbiani, il ferro battuto di Lispi & Co., il pane su misura del panificio Follador di Pordenone, i complementi d’arredo in legno della Brema, in Valtellina. L‘elenco dei “digitalizzati“ comprende un sarto (G. Inglese srl di Ginosa, Puglia), una gioielleria specializzata in legno, ossi e corian (Cindy Leper di Bologna) e un barbiere di Milano, Hiroshi Vitanza di Barber Mind. «I barbieri erano cadaveri, si sono accorti di avere un mestiere in mano», dice Vitanza, che nel frattempo ha sviluppato una linea di cosmetici per uomo che vuole unire, per l’appunto, tradizione, ricerca e sviluppo e stile.
Le imprese non vanno riempite di tecnologia. Serve scegliere quella giusta per settore e tipo di azienda