Quando parliamo di feedback ci riferiamo a un “processo per cui il risultato di un’azione si riflette sul sistema (sulla persona) che ha compiuto l’azione stessa, per correggerne o modificarne il comportamento”. In pratica il feedback consente alle persone e alle organizzazione di funzionare bene, di funzionare meglio, perché dà indicazioni precise (o almeno così dovrebbe essere) su come migliorare.
Per essere buono, un feedback deve essere prima di tutto oggettivo, e non basarsi su pregiudizi o simpatie. Il suo obiettivo è infatti quello di apportare un miglioramento, non di dare un voto. È necessario che chi dà un feedback (generalmente il datore di lavoro, un capo, un superiore) sia capace di formularlo nella maniera più corretta; e che chi lo riceve (il dipendente) sappia accettarlo.
Per dare buoni feedback, come anticipato, è necessario sospendere il pre-giudizio sulla persona in sé, e concentrarsi esclusivamente sulla performance, sulla situazione che richiede un intervento correttivo, o un commento. È inoltre fondamentale che il messaggio sia veicolato con parole e gesti privi di biasimo, generalizzazioni o addirittura violenza verbale; e che ci sia un’apertura verso il futuro, con suggerimenti su come migliorare e fare meglio la prossima volta che si verificherà una situazione simile. In pratica, per dare feedback, è necessario che ci siano due requisiti fondamentali.