La prossima settimana sarà presentata una proposta di legge che qualche anno fa non si sarebbe esitato a etichettare come leghista: meno tasse per Milano, o per meglio dire per il nuovo “distretto finanziario” che dovrebbe diventare il capoluogo lombardo. A proporla sarà invece il presidente della Commissione finanze della Camera, Maurizio Bernardo, di Area Popolare-Ncd. Questa “legge speciale per Milano”, è stata annunciata venerdì 17 marzo durante un incontro alla Triennale di Milano. Si parlava di come rendere attrattiva la città lombarda per favorire l’Agenzia del farmaco, l’Autorità bancaria europea e le società finanziarie che dovessero lasciare il Regno Unito a seguito della Brexit. Il senso della proposta è infatti tutto qui: le agevolazioni si dovrebbero applicare solo a chi arriva da fuori e dà garanzie di creazione di occupazione nel medio termine. Lo scopo è provare almeno a combattere la battaglia che si scatenerà con le città concorrenti Francoforte, Parigi, Dublino e Madrid una volta che la Brexit si sia realizzata. E nell’ipotesi che le società del Regno Unito perdano la cosiddetta “passaportazione”, che permette loro di operare in tutta l’Unione europea. La logica non è dissimile dalla proposta di una imposta fissa da 100mila euro per gli investitori stranieri che dovessero arrivare in Italia. Imposta fissa che, è stato ripetuto in mille modi durante il convegno, si applicherebbe solo ai redditi prodotti all’estero, mentre per quelli italiani ci sarebbe una tassazione progressiva come per gli altri cittadini italiani.
Bernardo ha avuto modo di spiegare a Linkiesta, a margine dell’incontro, in che cosa consisteranno le agevolazioni previste dalla proposta di legge: «Per l’Irap ci sarebbe un ridimensionamento, per gli investitori stranieri: dal 3,90% (ma per banche e altri enti e società finanziarie, si applica un’aliquota superiore, ndr) si potrebbe scendere anche al di sotto del 2 per cento, per essere più attrattivi sulla parte degli investimenti e degli insediamenti all’interno del distretto finanziario», ha spiegato. Saranno poi previste una riduzione del cuneo fiscale, a patto di un «impegno per l’occupazione, per un periodo che potrebbe essere di cinque anni». E una «semplificazione delle procedure amministrative legate alla parte urbanistica e agli oneri di urbanizzazione, quindi dipendenti dalla fiscalità locale». Altre misure sono state suggerite da alcuni professionisti che fanno parte di una “’Consulta degli esperti’ composta da 130 membri della società civile. Tra queste ci sono l’abolizione della ritenuta sui dividendi pagati a società extra-Ue: l’Italia dovrebbe in altre parole fare quello che già fanno altri Paesi europei (Cipro, Estonia, Lettonia, Malta, Slovacchia, Ungheria, oltre allo stesso Regno Unito) per attrarre questi investimenti (sebbene il caso Irlanda-Apple abbia aperto un dibattito sulla salute per l’intero continente di questo tipo di concorrenza fiscale interna). Si dovrebbe modificare il limite della deducibilità degli interessi passivi, attualmente al 30% del ROL, rivedere la tassazione sui “fringe benefit” in capo ai cosiddetti expatriates, e rivedere le imposte di registro, ipotecarie e catastali sui trasferimenti immobiliari. Quanto entrerà di queste misure nella proposta di legge è ancora da definire. Secondo Bernardo, inoltre, ci sarà un iter aperto ad altre forze politiche, anche di opposizione.
Le misure per la legge speciale per Milano prevedono, per chi si traferisce dall’estero: una riduzione dell’Irap sotto il 2%, un taglio del cuneo fiscale per chi si impegna ad assumere per un periodo di 5 anni e tagli di oneri di urbanizzazione
Una risoluzione per la creazione di questo distretto finanziario per Milano è già stata approvata in Commissione finanze della Camera a novembre, con l’appoggio del governo. Il distretto sarà in forma di Gruppo Economico d’Interesse Europeo (Geie), con natura giuridica privatistica. Uno degli sponsor è stato il viceministro all’Economia Luigi Casero, milanese come Bernardo, anch’egli di provenienza Ncd. Dal palco della Triennale alle dichiarazioni di principio («Se vince Milano vince l’Italia») ha aggiunto che alle misure fiscali (quelle da fare e quelle già fatte, dall’abbasamento dell’Ires al Patent Box) se ne dovranno affiancare altre di tipo diverso, a partire da quelle per la velocizzazione della giustizia civile. A margine del convegno, tuttavia, non ha nascosto i limiti delle agevolazioni fiscali previste dalla “legge speciale per Milano”. «Bisogna vedere come sarà la legge. Ci sono delle difficoltà legate alla normativa europea», ha detto, rispondendo a una domanda de Linkiesta. Ci saranno agevolazioni fiscali per Milano? «Non so se sia possibile farle», ha aggiunto. Secondo Bernardo, «come è avvenuto per il decreto salva risparmio approvato di recente, ci sono tutte le condizioni perché alcune agevolazioni nei confini previsti dalla legge e dalle direttive europee, non siano considerate aiuti di Stato».
Oltre alle agevolazioni, Milano potrebbe giocare anche una carta di realpolitik, giocando di sponda con Londra. Lo ha spiegato l’avvocato Giuseppe Pezzulli, specialista in mercati finanziari tra Londra e New York e che presiede l’iniziativa Select Milano, tra i più attivi nel mettere a punto la proposta di legge. «Gli investitori non scelgono i Paesi ma le piazze finanziarie e Milano può essere un ponte per aiutare Londra a risolvere il tema Brexit. Potrebbe contribuire a costruire un nuovo ordine finanziario mondiale che vedrebbe da un lato Londra come piazza finanziaria globale e dall’altro il distretto di Milano come piazza finanziaria regionale. Milano è l’unica città d’Europa che può offrire questa condizione all’Inghilterra». La spiegazione parte dalla divisione della finanza in due tronconi: il rischio e il clearing, con quest’ultimo da intendersi come la parte del post trading, quella che dà stabilità ai contratti (come il rogito dopo il compromesso, quando si compra una casa). Milano dovrebbe puntare insomma sul clearing. «Sul tema specifico del mercato del clearing – ha detto – le banche tedesche sono già esposte per 15 volte il Pil tedesco al rischio derivati. L’Irlanda è invece troppo piccola per mettersi in casa colossi come Jp Morgan che hanno un balance sheet grande quanto l’80% del Pil irlandese». Ci sarebbero altre due carte da giocare, ha spiegato. Una è politica, perché uno spostamento di importanti flussi finanzi a Francoforte renderebbe la Germania ancora più potente in Europa, cosa che potrebbe non essere vista positivamente da altri Paesi dell’Unione. Una seconda carta sarebbe invece legata al fatto che la Borsa di Milano è di proprietà del London Stock Exchange. «Mantenendo in mani inglesi l’infrastruttura del mercato italiano, ricavi e profitti rimarrebbero sul balance sheet inglese, ma i posti di lavoro e gettito fiscale verrebbero in Italia. Questa è una situazione win-win»,ha sottolineato Pezzulli. Parigi, ha aggiunto, è invece «nelle mani del New York Stock Exchange. Non c’è un incentivo da parte inglese nell’andare a rafforzare un competitor diretto nel mercato globale dei gestori dei mercati».
«Milano può essere un ponte per aiutare Londra a risolvere il tema Brexit. Potrebbe contribuire a costruire un nuovo ordine finanziario mondiale che vedrebbe da un lato Londra come piazza finanziaria globale e dall’altro il distretto di Milano come piazza finanziaria regionale. Milano è l’unica città d’Europa che può offrire questa condizione all’Inghilterra»
Il convegno – aperto dall’inno di Mameli come a marcare la distanza da tentazioni secessioniste – ha visto alternarsi una ventina di relatori in rappresentanza di produttori, mondo della cultura, delle professioni, del non profit. È intervenuto anche il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. «Milano ha molti vantaggi – ha detto – ma ha un problema tecnico: sta in Italia. Ci sono limiti, ma si possono superare, suifronti della tassazione, della Pubblica amministrazione e della giustizia. Si possono allestire sportelli per attirare le imprese e il sito della Camera di Commercio dovrebbe avere più parti in lingue straniere. Inoltre per il tribunale di Milano, che ha già standard europei per le tempistiche, serve un patto tra Comune, Regione e il tribunale delle imprese per impegnarsi a concludere le cause nei tempi stabiliti». Vegas ha sottolineato come la premessa per tutti questi ragionamenti sia che «la Brexit non sia una cosa finta ma reale». «Il punto fondamentale – ha aggiunto è che le imprese britanniche non abbiano più la passaportazione dei loro prodotti finanziari. Evidentemente non è una cosa facile, perché nell’ambito dell’Efsa, l’autorità europea dei mercati finanziari gli inglesi hanno molta presenza e molti Paesi amici. È però una cosa da scongiurare».