Sorpresa, aumentano gli stipendi. E a festeggiare sono operai e impiegati

Il 2016 è stato un anno "con il segno più" per l'Italia: l’aumento delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti rispetto all’anno prima è arrivato al 2,1%. C'è un'inversione di tendenza perché sono gli stipendi nelle aziende più piccole ad aumentare maggiormente

Il 2016 per l’Italia è stato ancora un anno “con il segno più”, per molti osservatori una vittoria, per altri una magra consolazione visto che abbiamo messo a segno una crescita del PIL sì positiva, ma tra le minori dell’Unione Europea, così come la più bassa del continente sarà nel 2017.

Vero, il dato del 2016 potrebbe raggiungere il +1%, superando le aspettative, ma la maggiore sorpresa forse è un’altra, ovvero l’aumento delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti rispetto all’anno prima, che è stato del 2,1%, un enorme progresso rispetto alla crescita del 2015, solo dello 0,1%.

Enorme a maggior ragione considerando che l’inflazione nel 2016 è stata del 0,1%.

I dati, pubblicati da Job Pricing nel proprio JP Salary Outlook, ci sorprendono ancora di più se li esaminiamo nel dettaglio: a quanto pare infatti sono stati operai e impiegati a mettere a segno gli aumenti maggiori, e non quadri e dirigenti. Anzi, i dirigenti sono gli unici a perdere quota, -2,1%, mentre sono gli operati che con il loro +2,8% hanno trascinato la media.

Sembra essere una inversione di tendenza rispetto agli anni della crisi, confermata dal fatto che sono proprio gli stipendi nelle aziende più piccole quelle che aumentano maggiormente, +2,5% per i lavoratori di quelle con meno di 10 dipendenti, le micro, in Italia più diffuse che negli altri Paesi europei, e solo +0,9% invece per quelli delle grandi aziende.

Che cosa è successo?

Alcuni indizi ci vengono dall’osservazione dei settori in cui questi aumenti si sono verificati più che altrove.

Le piccole e micro-imprese, abbiamo visto, ma non solo, in cima alla classifica della crescita degli stipendi ci sono dei particolari comparti: dopo i classici servizi e consulenza IT, nel 2016 gli operai sono riusciti a ottenere aumenti del 5,9% nell’alimentare, del 5,5% nel tessile, del 5% nella grande distribuzione, del 4,7% nella chimica, del 3,7% in un settore martoriato come l’edilizia.

Sono questi settori che hanno vissuto una enorme crisi, un massacro in alcuni casi, durante le diverse recessioni, come tutta o quasi la manifattura.

Non si può non vedere ora una curiosa coincidenza tra le aree che hanno attraversato più difficoltà negli anni passati e quelle in cui gli aumenti di stipendio per i lavoratori meno pagati sono stati più alti.

Secondo l’Eurostat questo è stato l’andamento della produzione industriale dal 2007 al 2016 dei diversi settori.

Ed è proprio nell’industria e nella manifattura più che nei servizi, meno colpiti dalla crisi economica, che secondo l’ISTAT si sono concentrati i maggiori aumenti, anche compiendo un confronto tra il 2016 e il periodo precedente alla prima recessione del 2008-09.

+22% circa nella chimica, la siderurgia, la meccanica, il tessile contro il +15,9% della media.

Si tratta quindi di un fenomeno che è di lungo periodo ma che nell’ultimo anno evidentemente ha avuto una drammatica accelerazione.

Una conferma arriva dall’esame delle regioni in cui gli operai e gli impiegati sono stati più “fortunati”. Ebbene, ci sono alcune delle regioni più industriali e manifatturiere che hanno maggiormente sofferto la crisi, il Piemonte, il Veneto, l’Abruzzo.

Quella che sembrerebbe una grande redistribuzione però è anch’essa uno degli effetti collaterali della Grande Crisi. Di fatto questa ha agito sul tessuto economico italiano, ed in particolare verso le PMI manifatturiere, come una catastrofe naturale che fa selezione della specie: solo le realtà più resistenti e più produttive sono sopravvissute alla strage, che è stata tremenda, qualunque indicatore vogliamo guardare. Che sia quello delle piccole e medie aziende in liquidazione, o in procedura di fallimento o in concordato preventivo, vediamo sempre dei raddoppi o peggio dei valori.



E certamente quindi dal 2007 a oggi come conseguenza di questa strage vi è stato un calo dell’occupazione che in parte è il contraltare delle retribuzioni più alte, ma almeno nell’ultimo anno l’aumento degli stipendi coincide con la crescita degli occupati, con 242 mila posti in più secondo le ultime rilevazioni ISTAT aggiornate a dicembre 2016.

È di particolare conforto questo, perchè non si tratta più di garantire salari più alti ai “pochi ma buoni” che si salvano dalla scure dei licenziamenti, ma è possibile avere contemporaneamente più assunzioni e buste paghe più ricche.

Questo è possibile grazie all’aumento della produttività che finalmente nelle PMI è iniziato, secondo Cerved, con una crescita non solo dei ricavi, ma anche del MOL (Margine Operativo Lordo), che nel 2015 è stata robusta quasi ovunque (tranne che nell’energia) e presumibilmente ha permesso gli aumenti del 2016.

Finalmente delle belle notizie, anche se a che prezzo, verrebbe da dire.

La speranza è che anche il resto del sistema Paese, la politica in primo luogo, prenda esempio dai sacrifici delle PMI e dei suoi operai, che non hanno potuto esimersi dalle spietate “spending review” imposte dalla crisi, ben peggiori di quelle rifiutate dal Palazzo, ma che ora stanno dando, a quanto pare, i loro frutti.

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