Sostiene VoltolinaStorie della buonanotte per bambine ribelli, la stroncatura di Michela Murgia sbaglia clamorosamente la mira

Nella sua trasmissione su RaiTre la scrittrice sarda prova a demolire un libro che presenta 100 storie di donne straordinarie: toppando alla grande. Perché questo bellissimo esempio di progetto nato dal basso è prezioso per l'empowerment delle bambine (e anche dei bambini)

Un libro prezioso. Indispensabile. Ecco cos’è “Storie della buonanotte per bambine ribelli”. Un libro che tutti i genitori dovrebbero comprare per i loro figli. Io ne sono talmente innamorata che, prima ancora che venisse annunciata l’edizione in italiano, me ne ero fatta mandare due copie nella versione inglese, “Goodnight stories for rebel girls”: una per la mia bambina, l’altra per una delle sue amiche. Quattro e cinque anni (perfino un po’ più giovani del target consigliato, che parte dagli otto), entrambe le bimbe amano il libro e hanno naturalmente già le loro storie preferite*.

Da quando un paio di settimane fa il libro è uscito in Italia è primo in classifica. In alcune città, per esempio Milano, è già introvabile nelle librerie. Le autrici Francesca Cavallo ed Elena Favilli, due trentenni italiane forti e determinate che da qualche anno si sono trasferite negli Usa, stanno facendo un tour di promozione in Italia e dovunque vadano trovano ad aspettarle un pubblico straordinariamente numeroso ed entusiasta.

Eppure (o dovrei dire… dunque?) stanno cominciando a sollevarsi le immancabili voci critiche. La scrittrice Michela Murgia, che ha una sua trasmissione sui RaiTre (“Quante storie”), a questo libro ha dedicato oggi la sua stroncatura del giorno. Dichiarandosi in premessa “a disagio” per dover stroncare un lavoro che parte da premesse «tristi quanto vere» – perché le favole sono effettivamente popolate in prevalenza da protagonisti maschi; e quando ci sono le femmine, si tratta di solito di principesse deboli che sostanzialmente non attendono e non ambiscono ad altro che ad essere sposate dal principe di turno – la Murgia tenta di demolire “Storie della buonanotte per bambine ribelli” con tre argomenti. Il primo è che, rivolgendosi primariamente alle bambine, il libro cada nella contraddizione di un sessismo alla rovescia, escludendo i maschi dalla fruizione. Il secondo è che il registro usato dalle autrici non sarebbe buono per i bambini: in particolare, che non riuscirebbe a dar conto della profondità dei contenuti, scadendo nella banalizzazione, mantenendo però una controproducente complessità nel linguaggio. Infine, il terzo argomento (il più «significativo», dice Murgia) è che alcune donne raccontate nel libro non avrebbero diritto di starci, perché figure controverse, negative.

Tutti e tre gli argomenti sono non solo deboli, ma inconsistenti.

Innanzitutto, il libro può essere letto anche dai bambini ovviamente: anzi, ci sono tantissimi genitori che lo stanno regalando ai propri figli maschi. Molte madri scrivono messaggi che dicono più o meno “Lo leggo a mio figlio perché voglio educarlo in modo che da grande sia all’altezza delle bambine ribelli che avremo cresciuto”. La Murgia per prima dovrebbe sapere che ogni titolo di ogni libro è un delicato equilibrio con il marketing. E questo titolo, così specifico, così evocativo, è anche una delle chiavi del successo del crowdfunding che ha permesso al libro di vedere la luce.

Sul linguaggio, poi, Murgia poi dimostra di non aver proprio capito lo spirito con cui le storie sono state costruite. Si tratta di storie corte. Occupano una pagina: sono piccoli ritratti. Poche migliaia di battute: non certo abbastanza per poter raccontare queste vite in maniera “biografica”. Allora per ciascuna delle protagoniste le autrici hanno deciso di prendere un piccolo dettaglio, un aspetto particolare della loro vita, e farne il fil rouge della narrazione. Come affreschi che raccontano una scena per raffigurare una storia e un’emozione molto più grandi, Cavallo e Favilli cercano un elemento e su di esso costruiscono un percorso emotivo capace di arrivare anche alle bimbe più piccole, passando il messaggio più prezioso: che ciascuna donna è quello che è, per quel che le accade, ma che può fare delle scelte, da sola o con il sostegno di altri, e che quelle scelte determinano chi potrà essere. E dunque, sì: a me che Virginia Woolf sia raccontata (anche) attraverso l’accenno alla sua depressione – cosa che fa inorridire Murgia – pare avere molto senso. Poi si può questionare sul risultato finale: certo non tutte le 100 storie sono ugualmente efficaci – forse per esempio, a mio avviso, Hillary Clinton sarebbe potuta essere raccontata in un modo diverso. Ma ragazzi, qui si sta spaccando il capello in quattro: la semplice verità è che la stragrande maggioranza delle protagoniste del libro è raccontata benissimo. E infatti le bambine si appassionano.

Infine, la scelta delle storie da raccontare. Le 100 donne vengono da tutti i continenti. La loro pelle è di tutti i colori, vi sono tra loro donne cristiane, donne musulmane (con o senza velo), donne atee, e cosi via. Vi sono donne scienziate, donne artiste, donne sportive… E donne politiche di diversi schieramenti. A qualcuno potrà certamente non piacere, come non piace a Michela Murgia, che tra le 100 vi sia anche Margareth Thatcher. Ma davvero Murgia, o qualcun altro, vorrebbero sostenere che Thatcher – prima donna premier dell’UK – non sia stata una figura di enorme rilevanza nel panorama mondiale e nel processo di emancipazione femminile nel Novecento? Vogliamo negare la storia, perché di quella premier non condividiamo alcune delle scelte politiche? E poi che sarebbe successo se tutte le donne in politica raccontate nel libro fossero state di sinistra? Non sarebbero forse state attaccate, le autrici, per aver costruito una narrazione dedicata solo ai cittadini progressisti escludendo quelli conservatori? Dunque viva la diversità delle 100 storie della buonanotte, anche se perfino io per un paio avrei suggerito… alternative.

C’è un motivo sopra tutti gli altri per il quale mi intristisce e mi sembra totalmente inadeguato che Michela Murgia abbia usato il suo spazio di visibilità sulla Rai per parlare male di questo libro. E cioè il fatto che la scrittrice non si sia fermata neanche un attimo a pensare: cosa sto stroncando? Eppure sapeva, come ammette lei stessa, che Storie della buonanotte per bambine ribelli è uno (straordinario) esempio di come si possa riuscire a realizzare un progetto editoriale ambizioso, anticonvenzionale, socialmente rilevante senza avere le spalle coperte da una grande casa editrice.

Perché sì, in Italia è uscito per Mondadori, ma solo sull’onda dell’incredibile successo che Cavallo e Favilli sono riuscite a ottenere da sole con la versione originale, in inglese. Usando un crowfunding (il finanziamento dal basso, attraverso le microdonazioni della “folla”) per realizzare il loro progetto visionario. Convincendo persone a investire in questo libro prima ancora che ne esistesse anche una sola copia

Questa è una storia da raccontare: due outsiders italiane che hanno realizzato in California un libro importante per l’emancipazione femminile, che hanno puntato al target giusto – l’età più giovane, prima che i pregiudizi di genere abbiano il tempo di attecchire e di sedare nelle bambine l’idea di poter fare tutto – e che hanno fatto tutto questo da sole.

Come ha scritto Annibale D’Elia – policy maker che conosce una delle autrici, Francesca Cavallo, dai tempi della sua partecipazione a un vecchio progetto per l’attivazione giovanile della Regione Puglia che prendeva il nome di “Bollenti spiriti” – rivolgendosi direttamente alle autrici: «Io non lo so che cosa significhi questo vostro incredibile successo. Se sia un segno di speranza, un caso del destino, un’eccezione su un milione o, come spero, l’esempio di un modo nuovo e praticabile di fare le cose. Però so che, oltre ad avere un grandissimo talento, ci siete arrivate seminando un sacco, provando e riprovando, senza cedere di un millimetro sul senso politico, sulla visione di insieme e sul rigore dei vostri progetti; e sono sicuro che state già pensando a come rimettere in circolo tutta questa energia per aumentare l’impatto del vostro lavoro. Tutto ciò non è banale. Siamo abituati a pensare che successo faccia sempre rima con compromesso. Che ci si ritrovi tutti, prima o poi, a dover scegliere tra restare ai margini e perdere l’anima. In questi tempi tormentati, credo che capiti a molti di pensarci prima di andare a dormire. Ecco, volevo dirvi: la più bella storia della buona notte siete voi».

C’è da sperare che Michela Murgia la prossima volta prenda meglio la mira. E se lei, come ha dichiarato spavaldamente, non regalerà questo libro a nessuno, molti di noi invece ne stanno comprando tante copie, per i propri figli e per quelli di amici, parenti e conoscenti, con la speranza che il virus delle bambine ribelli attecchisca quanto più possibile e ci regali, tra quindici o vent’anni, giovani uomini e giovani donne finalmente alla pari.

* le storie preferite di mia figlia sono, nell’ordine: Brenda Chapman, regista, che ha rivoluzionato il mondo dei cartoons con il suo cartone animato “Ribelle”, dove la protagonista Merida è una principessa spericolata e coraggiosa. Ashley Fiolek, campionessa di motocross nata sorda. Alicia Alonso, ballerina divenuta cieca. E Jessica Watson, una velista che da bambina era spaventata dall’acqua. Ma naturalmente non le abbiamo ancora lette tutte. Ci sono ancora molte altre sere per scoprire le decine e decine di storie che questo libro offre all’immaginazione delle nostre ragazze. E per contribuire (sì, certo, il primo modello siamo noi mamme: ma direi che farsi supportare da queste altre 100 donne straordinarie sia una buona idea, no?) a dar loro role-model ambiziosi.