Pensionati del futuroVi pagano coi voucher? Avrete una pensione da 200 euro

In vista del referendum, il patronato Inca Cgil ha realizzato un dossier sui percettori di voucher, confrontandoli con partite Iva, collaboratori, part time e stagionali. I voucheristi risultano i più poveri tra i poveri

Sono i meno tutelati tra i meno tutelati. E in futuro saranno anche i pensionati più poveri, con un assegno di poco più di 200 euro. Meno di partite Iva, finti collaboratori e agricoli stagionali. A sostegno della campagna per il referendum proposto dalla Cgil per abolire i voucher, il patronato Inca ha presentato un dossier sui cosiddetti voucheristi, i lavoratori pagati con i buoni lavoro da dieci euro. Che, anche nel confronto con le altre modalità lavorative meno tutelate, risultano sempre gli ultimi.

Gli esperti dell’area previdenza dell’Inca hanno realizzato alcune proiezioni per calcolare le differenze di trattamento tra voucheristi, lavoratori agricoli stagionali, dipendenti a part time, con contratto di collaborazione e a partita Iva. Un confronto tra “poveri”, in cui i voucheristi occupano l’ultimo posto nella scala delle tutele. Secondo i calcoli, considerata l’attuale normativa che impone un tetto massimo di utilizzo dei buoni lavoro di settemila euro (pari a 9.333 euro lordi), con una aliquota contributiva del 13%, dopo 35 anni di avoro il voucherista anziano potrà contare su una pensione di 208,35 euro al mese. Il titolare di una partita Iva percepirà quasi il doppio (402,52 euro), il collaboratore circa 300 euro in più (526,15 euro), così come il lavoratore part time (528,89 euro). Se poi il confronto si fa con il lavoratore agricolo stagionale, la distanza aumenta: il bracciante stagionale percepirà 811,63 euro in più dei voucheristi. Che si confermano ultimi fra gli ultimi. Senza dimenticare che percettori di voucher, partite Iva, collaboratori e part time, a conti fatti, non matureranno i requisiti della pensione di vecchiaia prima dei 70 anni.

Non solo. Il voucherista si posiziona all’ultimo posto anche per le altre tutele. Partite Iva e collaboratori, scrivono dall’Inca, hanno diritto al congedo obbligatorio di maternità e al congedo parentale di tre mesi. Per i percettori di voucher non è prevista nessuna delle due cose. Non hanno diritto ad alcun sostegno al reddito quando non lavorano.

Il voucherista anziano potrà contare su una pensione di 208,35 euro al mese. Il titolare di una partita Iva percepirà quasi il doppio (402,52 euro), il collaboratore circa 300 euro in più (526,15 euro), così come il lavoratore part time (528,89 euro)

Per quanto riguarda gli infortuni, in teoria il voucherista risulta coperto. Quando si fa male per lavoro, paradossalmente potrebbe ricevere più di quanto guadagna ufficialmente in un anno, considerando che il reddito medio pro capite non arriva ai 500 euro annui.

«Ma così non è», spiega dall’Inca. «Di fatto, le imprese non denunciano gli infortuni e corrono ai ripari solo quando l’incidente è grave e, dunque, non camuffabile con una semplice malattia, per la quale non c’è tutela alcuna». Una cattiva pratica che per i «percettori di voucher è una “regola generale”, in mancanza di qualsiasi vincolo contrattuale». Nel 2016 l’Inail ha denunciato il fenomeno per il quale quasi sempre il pagamento del voucher coincide con il giorno della denuncia di infortunio da parte dell’impresa e non è preceduto da alcun tipo di rapporto di lavoro. Il meccanismo sarebbe questo: il lavoratore in nero si fa male in maniera grave, l’azienda tira fuori il voucher da 10 euro per la copertura assicurativa, e in questo modo dimostra di essere in regola con la legge. In audizione in Commissione lavoro della Camera l’Inail ha segnalato non a caso l’aumento degli infortuni tra i percettori di voucher, passati da 422 a 1.701 dal 2012 al 2015.

Considerando il numero complessivo delle vendite di buoni nel 2016, solo per la gestione del servizio voucher l’Inps ha incassato quasi 67 milioni di euro. Un obolo non previsto al momento per nessuna prestazione previdenziale

Eppure, a fronte di tutele inesistenti, dicono da Inca, il prezzo pagato dai voucheristi in termini di contributi obbligatori è tutt’altro che basso, fanno notare dalla Cgil. Per ogni buono da dieci euro, il lavoratore percepisce al netto degli oneri 7,5 euro, lasciando a Inps e Inail 2,5 euro, di cui 50 centesimi per il servizio reso dall’Istituto previdenziale. Un aggio del 5% che «potrebbe essere quasi paragonato a quello applicato da Equitalia», attacca l’Inca. Che anche su questo hanno fatto due conti: considerando il numero complessivo delle vendite di buoni nel 2016, solo per la gestione del servizio voucher l’Inps ha incassato quasi 67 milioni di euro. Un obolo non previsto al momento per nessuna prestazione previdenziale e che non si sa effettivamente a che cosa serva, dicono dall’Inca. «Forse la stampa del buono lavoro?». Troppo cara.