C’è chi guarda al candidato e chi, invece, guarda alla moglie del candidato. Più o meno come il dito e la luna, solo che se guardare il dito serve almeno per capire dove si trova la luna, allora anche la guardare alla moglie serve per capire, almeno, qualcosa dei gusti e dell’idea di famiglia che ha il candidato. O almeno così si crede.
Attenzione, però: qui non si parla di Emmanuel Macron, candidato alla presidenza francese, e di sua moglie Brigitte, più vecchia di lui e sua ex professoressa. Ma di Ebrahim Raisi, religioso iraniano, dalla lunga carriera nella magistratura e, adesso, anche candidato alla presidenza del Paese per le elezioni di maggio, nel tentativo di spodestare Hassan Rouhani (che invece cerca una conferma).
Il suo è un cammino in salita: dopo aver ottenuto il sostegno del Fronte popolare delle forze della rivoluzione islamica (una nuova forza politica, una sorta di ombrello di espressione conservatrice), ha cercato di presentarsi come un nuovo Mohammed Behesti (figura storica di magistrato e rivoluzionario islamico, ucciso in un attentato nel 1981) e per compattare i più religiosi ha messo in chiaro di essere un seyyed, cioè un discendente di Maometto. Ad ampliare la sua fascia di potere c’è la sua carica di presidente della fondazione Astan Quds Razavi, che si occupa delle donazioni al sepolcro dell’imam Reza, un tesoro di circa 15 miliardi, di cui però – promette – non distrarrà nemmeno un centesimo per la campagna elettorale – e il fatto di essere il “pupillo” di Alì Khamenei, l’attuale guida spirituale dell’Iran. Ha giocato tutto su un’agenda populista e vicina ai poveri (che sono tanti). Eppure, non basta.
Nel tentativo di raggiungere anche l’elettorato al di fuori del suo raggio d’azione, cioè quello meno sensibile alle questioni religiose, Raisi ha giocato la carta della moglie, Jamileh Alamolhoda che insegna all’università Shahid Behesti. E così ha pubblicato un video in cui tesse le lodi della donna in quanto donna in carriera. “Se torno a casa e lei non c’è, non c’è problema. Se la cena non è pronta, non c’è problema. Io penso – e lo penso davvero – che il suo lavoro aiuti sia lei che il Paese. E comincia ad avere i suoi effetti”. Addirittura.
È un messaggio in controtendenza con le sue dichiarazioni precedenti. Come spiega il Financial Times, Raisi aveva più volte consigliato alle donne di restare a casa, di non lavorare e di dedicarsi al mestiere di casalinghe e madri. Ora, un cambio di marcia improvviso. Miracolo dei sondaggi. A meno di un mese dall’elezione, serve fare i conti anche con quella classe media riformatrice, poco affezionata al mondo dei religiosi (considerati ormai superati, se non veri e propri parassiti) e desiderosa di novità. E allora, ecco la moglie in carriera.
È una vecchia regola, che vale a tutte le latitudini. In tempo di elezioni, la moglie (o, in via più rara, il marito) smette di essere soltanto la moglie o solo il marito. A torto o a ragione, diventa una specie di cartina di tornasole. Si pensa che rappresenti i gusti e le preferenze del candidato, ad esempio, e che ne mostri un lato più intimo, più privato e – forse – più sincero. E allora, forte di questa consapevolezza, Raisi ha buon gioco a far pensare che, nonostante sia un barboso conservatore, in casa riesce a essere un amico (o anche di più) dei progressisti. Sarà la verità o è solo strategia? Chi può dirlo. Ma se è la prima, meglio per lui che i veri conservatori non se ne accorgano.