Il Vinitaly è alle porte: dal 9 al 12 aprile 2017 si svolge a Verona la 51° edizione della Fiera Internazionale del vino che vede la presenza di centinaia di migliaia visitatori e migliaia di buyer internazionali. Numeri che confermano il sempre più crescente interesse per il vino da parte degli addetti ai lavori, ma anche degli appassionati che partecipano a manifestazioni e fiere del settore.
La degustazione dei prodotti vinicoli è una questione, soprattutto negli ultimi anni, che solleva un dibattito su quale strategia di vendita risulta essere più efficace: conviene affacciarsi alle nuove frontiere dell’e-commerce oppure affidarsi alle tecniche di vendita classiche che pongono al centro il consumatore con i suoi gusti e le sue esigenze?
L’e-commerce e tutto quanto gravita attorno ad esso, come le start-up e le strategie di marketing online sul vino è chiamato a una sfida che un canale di vendita deve obbligatoriamente soddisfare: non trascurare quella componente che rende il vino un prodotto speciale da gustare in compagnia, ovvero quella che possiamo chiamare l’ “influenza sociale” del vino, che contribuisce alla reputazione di un’etichetta.
L’e-commerce aiuta a generare il traffico e le vendite in magazzino (online to offline), mentre il commercio tradizionale, di pari passo, contribuisce ad aumentare il traffico online (offline to online). In entrambi i casi la formula O2O permette di superare la tradizionale opposizione tra vendita tradizionale e vendita elettronica
In occasione della kermesse del vino più attesa nel nostro Paese, i responsabili di Vinitaly hanno annunciato la partnership con il colosso cinese O2O (Online to Offline e viceversa). Si tratta di una forma di commercio elettronico ibrida, che mette in sinergia i vantaggi dell’e-commerce (transazioni effettuabili 24 h, assenza di frontiere geografiche, rapidità di diffusione delle informazioni commerciali) e quelle del commercio tradizionale (presenza nei negozi, contatto diretto con il cliente, compra-vendita immediata). L’e-commerce aiuta a generare il traffico e le vendite in magazzino (online to offline), mentre il commercio tradizionale, di pari passo, contribuisce ad aumentare il traffico online (offline to online). In entrambi i casi la formula O2O permette di superare la tradizionale opposizione tra vendita tradizionale e vendita elettronica.
O2O è una forma di e-commerce, che contrariamente a quella di molti Paesi, si fonda sul socialnetworking: WeChat un’applicazione che conta 600 milioni di utenti e che con la funzione specifica “Shake” permette di rilevare altre persone che usano l’applicazione nelle vicinanze. Ma non solo: permette di collegarsi anche con esercizi commerciali che, a loro volta, usano WeChat entrando facilmente in contatto con gli operatori e usufruendo di sconti e bonus per ulteriori acquisti. Sembra che la marcia in più dell’e-commerce made in China sia proprio la commistione fra la piattaforma classica online e l‘aggiunta del social network. Una strategia vincente che mette al centro come il vino sia un prodotto ‘virale’. Ma che cosa dobbiamo riconsiderare prima di preferire un canale di vendita tradizionale rispetto a uno innovativo come l’e-commerce?
Sebbene in Italia l’e-commerce del vino pesi in maniera ancora marginale sulle vendite totali è indubbio che il trend sia in crescita: basti guardare a cosa sta accadendo al di fuori dei confini nazionali dove in mercati come Francia o Regno Unito l’incidenza delle vendite di vino on-line supera il 10% o addirittura il 20% nel caso della Cina
La maggior parte dei consumatori – restando nel territorio italiano ma anche in Francia e Inghilterra – preferisce i canali tradizionali di distribuzione e le vendite online rappresentano una piccola percentuale. In un settore in cui i consumatori continuano a comprare e i produttori a vendere i vini attraverso i canali tradizionali, l’e-commerce è un settore comunque in crescita, anche grazie alle idee innovative che gravitano attorno al settore vino.
Da una recente indagine di Wine Monitor (l’Osservatorio di Nomisma sul mercato del vino) risultano dati interessanti sul profilo del consumatore sulla piattaforme online: ha meno di 50 anni, risiede nelle regioni del Centro-Nord e preferisce i vini rossi fermi e gli spumanti.
“Sebbene in Italia l’e-commerce del vino pesi in maniera ancora marginale sulle vendite totali è indubbio che il trend sia in crescita: basti guardare a cosa sta accadendo al di fuori dei confini nazionali dove in mercati come Francia o Regno Unito l’incidenza delle vendite di vino on-line supera il 10% o addirittura il 20% nel caso della Cina” sostiene Denis Pantini, Responsabile di Wine Monitor di Nomisma. L’indagine è condotta insieme a VINO75.COM , enoteca online per vini di qualità. Secondo Nardi Dei, CEO dell’enoteca: “ l’e-commerce valorizza il prodotto grazie a contenuti divulgativi facilmente fruibili, oltre a poter far raggiungere mercati lontani e complessi come quello cinese, dove la distribuzione tradizionale del vino italiano fatica ad entrare“.
L’Italia del resto presenta modelli di e-commerce innovativi come Tannico, l’enoteca virtuale più grande d’Italia con sede a Milano, che conta 7.500 etichette e più di 500.000 bottiglie vendute dal 2013. O ancora, WineOWine, con LuissEnlabs come acceleratore e Venture Group, che dal 2014 gestisce una piattaforma online che è incentrata sulla selezione dei vini di nicchia per i piccoli fornitori, rendendoli disponibili a prezzi ridotti solo per un periodo di tempo limitato.L’impresa danese Vivino, anche se attiva sul mercato già da alcuni anni, fornisce un’applicazione gratuita per commentare e condividere i vini. Gli utilizzatori possono scattare foto all’etichetta della cantina di provenienza ed è possibile constatare la valutazione del vino (effettuata da altri utenti) oltre alla localizzazione delle enoteche e degli esercizi commerciali in cui è presente. Conta oltre 3 milioni di membri e può essere considerato un TripAdvisor delle etichette, che mette al centro il gusto e la condivisione degli utenti e dei consumatori. Si tratta appunto di un’impresa innovativa che ha centrato il suo core business sulla componente sociale del vino e, cioè, su quella sorta di reputazione che scaturisce dal senso comune.
Sembra che il senso comune prenda il sopravvento sulle valutazioni da parte degli esperti del settore. Sono state infatti condotte ricerche sul comportamento degli utenti sul più noto social network del vino a livello mondiale: cellartracker.com. I ricercatori hanno messo in luce il potere delle opinioni altrui su determinate etichette, avanzando l’ipotesi che il tipo di giudizio formulato dagli utenti è di tipo socio-normativo, nel senso che tende all’uniformità di opinioni sul prodotto ,scaturito dal senso comune, e non informativo, che al contrario si basa sulla scheda del vino e sul verdetto finale da parte di assaggiatori esperti e addetti ai lavori
A supporto di una strategia che considera centrale la socialità in chiave virtuale, alcune ricerche condotte da psicologi sperimentali ed esperti in relazioni internazionali (In vino veritas? Social influence on ‘private’ wine evaluations at a wine social networking site – American Association of wine economists) forniscono evidenze empiriche sull’impatto dell’influenza sociale per giudicare la qualità di una bottiglia. Sembra che il senso comune prenda il sopravvento sulle valutazioni da parte degli esperti del settore. Sono state infatti condotte ricerche sul comportamento degli utenti sul più noto social network del vino a livello mondiale: cellartracker.com. I ricercatori hanno messo in luce il potere delle opinioni altrui su determinate etichette, avanzando l’ipotesi che il tipo di giudizio formulato dagli utenti è di tipo socio-normativo, nel senso che tende all’uniformità di opinioni sul prodotto ,scaturito dal senso comune, e non informativo, che al contrario si basa sulla scheda del vino e sul verdetto finale da parte di assaggiatori esperti e addetti ai lavori. In questo social network, inoltre, la valutazione del vino da parte di utenti non esperti è gratuita, contrariamente a quanto accade a chi conosce i ferri del mestiere per cui è prevista l’iscrizione a pagamento.
È piuttosto ovvio comunque, concludono i ricercatori, che se alcuni vini sono buoni o cattivi, la verità è da rintracciare nell’etichetta e nella cantina e dunque l’influenza sociale sulla valutazione della bottiglia non è una componente essenziale per valutare il vino. Ad ogni modo, occorre riconoscere che la qualità media delle etichette di vino è anche il risultato dell’influenza sociale indirizzata su una piuttosto che su un’altra etichetta. In conclusione i risultati di questa ricerca mettono in luce che ci sono implicazioni non trascurabili per gli addetti commerciali e i produttori del settore vinicolo. Questi ultimi devono prestare attenzione all’opinione che si forma il consumatore perché determinante per comprendere che tipo di vino sarà maggiormente acquistato e quanto il consumatore sarà disposto a investire in futuro su quella determinata bottiglia.
Il vino non è un bene di consumo durevole e quindi l’influenza sociale, che trova il suo terreno più fertile nei socialnetwork dedicati, potrebbe raccontare anche una verità più scomoda rispetto a quella contenuta in una una scheda tecnica: senza togliere nella agli assaggiatori professionisti, la pista da seguire per una buona strategia di marketing online è che il consumatore comune abbia voce in capitolo sul vino da scegliere.