Come Matteo Renzi, l’altro Matteo – Salvini – cerca il plebiscito nel suo partito. E a sorpresa, mentre il Pd chiude la prima fase delle primarie, annuncia che la Lega Nord farà il suo congresso federale: il 21 maggio. Matteo Salvini ha deciso così di rafforzare la sua leadership prima della lunga serie di appuntamenti elettorali che probabilmente cambieranno gli equilibri politici nazionali. Le Comunali di giugno. Le Politiche che si terranno fra l’autunno e la primavera. In mezzo, i referendum per la maggiore autonomia regionale della Lombardia e del Veneto. Soprattutto, chiedendo il rinnovo del mandato da segretario federale, Salvini andrà alla conta sulla sua linea. Nazionalista ma non patriottica. Autonomista ma non secessionista. Con le radici al Nord ma le antenne anche al Sud. Salvini cerca dunque di chiudere i conti – mediando su temi e ambizioni e senza toccare l’obiettivo strategico della Padania – con la vecchia guardia che mal lo sopporta. Umberto Bossi in testa.
“La mia non è ambizione personale, ma una sfida politica”, ha detto Salvini in una lunga intervista-manifesto al quotidiano di centrodestra Libero, che su Facebook il responsabile della sua comunicazione, Luca Morisi, ha definito il “vero Salvini-pensiero, da leggere, conservare, regalare, collezionare”. “L’Italia delle autonomie che sogno in questo momento – ha spiegato il segretario leghista rispondendo a chi lo accusa, come Bossi, di aver tradito la battaglia per il Nord – è minacciata da un’emergenza che si chiama Unione Europea e che vuole distruggere tutte le diversità. Io, come ogni leghista, sono innamorato di tutte le bandiere e di tutte le libertà. Ma per difendere le autonomie regionali dalla Ue e dalla globalizzazione oggi serve una prospettiva nazionale. Se non controlli la tua moneta e i tuoi confini, non puoi avere indipendenza”. Il congresso, nell’idea di Salvini, dovrà amalgamare tutte queste posizioni e arrivare a una candidatura unitaria (la sua) per lanciare la sfida a livello nazionale: l’obiettivo è di presentarsi come candidato premier, escludendo per ora ipotesi di ‘listoni’ con altri partiti.
Lo scarso preavviso con cui il segretario leghista ha annunciato il congresso mette sicuramente in difficoltà i suoi oppositori interni, anche se questi lo invocavano (attraverso Bossi) già a dicembre, quando è scaduto formalmente il mandato di Salvini. I numeri sono nettamente dalla sua parte. E un nome importante da opporgli per la segreteria non è mai emerso, a differenza di quanto è accaduto nel Pd di Renzi. Si era fatto quello di Paolo Grimoldi, ruspante segretario della Lega Lombarda, ben visto da Bossi, come del resto anche Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia da tempo lontano dalla vita del partito. Ma sembrano essere più che altro nomi gettati nella mischia per creare confusione, perché nessuno di loro sembra pronto a sacrificarsi per una battaglia che appare persa in partenza. Alla fine, solo il nome di Bossi in persona, che nel 2013 fu battutto proprio da Salvini, metterebbe pepe a una sfida che il segretario uscente sembra avere già vinto. Chissà.
Due incognite, comunque vada a finire il congresso leghista, accompagneranno il cammino di Salvini. La prima è: vuole fare il candidato premier della sola Lega o di una coalizione di centrodestra larga? Per ora, con Silvio Berlusconi le distanze non sono state colmate, soprattutto dopo che il leader di Forza Italia ha partecipato con grande entusiasmo al congresso del Ppe di Malta accano alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, l’anti-eroe per eccellenza nell’immaginario eurocritico dei leghisti. La seconda incognita è legata alla prima, è la capacità del segretario del Carroccio di proporsi anche come uomo di governo, non più solo come ‘signor no’ pronto a dare battaglia su qualsiasi argomento, pur di conquistarsi un titolo al telegiornale. Ne sa qualcosa un altro della vecchia guardia come Roberto Maroni, che si è ritrovato il suo successore di traverso quando, da presidente della Regione Lombardia, ha offerto il Pirellone come sede candidata a ospitare l’Agenzia europea del farmaco (Ema) a Milano. In un’altra intervista a un quotidiano di centrodestra, La Verità, domenica Maroni non solo ha detto di preferire Luca Zaia come eventuale candidato premier ma ha anche offerto una chiave di lettura interessante su quanto sta per accadere. A suo avviso, quando, come e con che alleati si andrà a votare per le Politiche si saprà “fra il 7 e l’8 maggio, quando accadranno due cose: le elezioni in Francia e le primarie del Pd”. Secondo Maroni, “se vince Marine Le Pen, si va da una parte. Se invece perde, i lepenisti come Salvini dovranno gestire qualche contraccolpo. Se Renzi stravince, con il 60/70%, la corsa dentro il partito, si vota in autunno”. Insomma, Salvini cerca un plebiscito dentro la Lega, e probabilmente lo avrà. Ma deve sperare che l’alleata francese riesca a conquistare l’Eliseo: una sconfitta della Le Pen, rallenterebbe anche il suo passo padan-nazionale.
@ilbrontolo