Questo parlamento tanto vituperato ci ha regalato una legge completa sul cyberbullismo, che introduce per la prima volta nell’ordinamento legislativo la definizione stessa del fenomeno, chiamandolo col suo nome, e soprattutto dà la possibilità anche ai minori di denunciare una violenza subita per via telematica, consentendo di oltrepassare l’ostacolo che separava minori e autorità.
Prima firmataria del disegno di legge è stata la senatrice Pd, Elena Ferrara, ex insegnante di Carolina Picchio alle scuole medie di Oleggio, dove aveva studiato la 15enne Carolina Picchio, vittima di bullismo.
La legge introduce la fattispecie di violenza per vie telematiche. Il testo, in seconda lettura, è stato modificato – sempre alla Camera – associando casi “online” e casi “offline”, alterando il proposito stesso della legge: non più solo violenza in Rete ma prevenzione del bullismo in tutte le possibili manifestazioni.
Viene anche introdotta la possibilità di richiedere la rimozione di contenuti offensivi dalla rete e dai social network. Il minore vittima di bullismo sul web (anche senza che i genitori lo sappiano) può chiedere direttamente al gestore del sito l’oscuramento o la rimozione della “cyber aggressione”. Nel caso in cui il gestore ignori l’allarme, la vittima, a questo punto informando il genitore, potrà rivolgersi al Garante per la Privacy che entro 48 ore dovrà intervenire. Va precisato che dalla definizione di gestore, che è il fornitore dei contenuti su internet, sono comunque esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca. Il disegno di legge istituisce, tra l’altro, un Tavolo tecnico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio con il compito di coordinare i vari interventi e di mettere a punto un Piano integrato contro il bullismo via web. Stabilisce altresì la “procedura di ammonimento”, come nella legge anti-stalking: il “bullo” over 14 sarà convocato dal Questore insieme a mamma o papà e gli effetti dell'”ammonimento” cesseranno solo una volta maggiorenne. Positiva, quindi, questa sinergia sul fronte repressivo, tra gestori e Garante privacy e positiva pure la focalizzazione sulle vittime minorenni.
Occorre una presa di coscienza dei nostri giovani che devono maturare anzitempo, anche su questo fronte. La scuola può fare moltissimo per propagare un approccio sano all’utilizzo dei social network e della Rete che dagli studenti raggiunga le famiglie
Tra le cose significative del provvedimento legislativo, dunque, è il potenziamento delle facoltà proprie del minore.
Ma la cosa più importante, strategica, che si sarebbe potuta fare già e che ora la legge impone è la prevenzione. Protagoniste dovranno essere le scuole: sarà infatti previsto un referente in ogni istituto scolastico che avvii corsi di formazione per gli insegnanti. Al preside, invece, spetta il compito del dialogo con le famiglie degli studenti coinvolti in casi di cyberbullismo. La sfida più grande al cyberbullismo, infatti, deve partire proprio dalle scuole. Prima ancora che il reato si compia.
Quella della Rete è una rivoluzione che ci vede ancora impreparati. Dobbiamo formare gli insegnanti a spiegare ai nostri ragazzi che lo smartphone che maneggiano è uno strumento potentissimo, pericoloso, potenzialmente devastante per la vita loro, dei loro amici e in generale dei nostri cari. Una vita può spezzarsi per la diffusione irresponsabile di un video. Occorre una presa di coscienza dei nostri giovani che devono maturare anzitempo, anche su questo fronte. La scuola può fare moltissimo per propagare un approccio sano all’utilizzo dei social network e della Rete che dagli studenti raggiunga le famiglie. Abbiamo bisogno di lanciare una volta per tutte un’alfabetizzazione di massa per un sano utilizzo della Rete. Formare i nostri insegnanti è il primo passo.
*L’autore è docente universitario in «Social Media nella didattica»