Cinque stelle non pervenuti. I grillini scoprono di essere irrilevanti

M5S fuori da tutti i ballottaggi che contano. Nella città torna lo schema bipolare e i Cinque Stelle si scoprono spettatori marginali. Dallo smacco di Genova alla nemesi di Parma. Certo, le amministrative fanno storia a sé, ma offrono spunti su cui Grillo e i suoi dovrebbero riflettere

Cinque stelle, non pervenuti. Neppure parlare di sconfitta forse rende bene l’idea. Per i grillini le elezioni amministrative appena concluse rappresentano un flop senza precedenti. Il Movimento è fuori da tutti i ballottaggi che contano. A Genova e Palermo non arriva al 20 per cento, altrove va anche peggio. Verona, Padova, Piacenza, Lecce, La Spezia. In nessuna di queste città il candidato pentastellato riesce a raggiungere il 10 per cento dei consensi. Superati dai rappresentanti di centrodestra e centrosinistra, ma spesso e volentieri anche da liste civiche. A Catanzaro, capoluogo calabrese, l’aspirante sindaca grillina Bianca Laura Granato non arriva al 6 per cento. A L’Aquila, capoluogo della regione Abruzzo, il collega Fabrizio Righetti è fermo al 4,87 per cento. Un po’ ovunque, si assiste al ritorno del vecchio sistema bipolare. E i Cinque Stelle si scoprono una realtà marginale, senza peso.

In alcune sfide la sconfitta brucia particolarmente, diventa la conseguenza evidente dei propri limiti. Se i grillini si presentano come un movimento antisistema, a Palermo stravince Leoluca Orlando. Ormai al quinto mandato. Il Cinque Stelle Ugo Forello conquista il 18 per cento dei voti, meno della metà. Un risultato che non è di buon auspicio per le regionali siciliane del prossimo autunno, dove il Movimento si giocherà buon parte delle proprie aspirazioni governative. Il vero smacco arriva a Genova, la città di Grillo. E qui si registra un’altra contraddizione. I Cinque stelle alternativi ai vecchi partiti si sono divisi in tre diverse candidature. In balìa delle correnti, come qualsiasi movimento della Prima repubblica. Il candidato principale, Luca Pirondini, si ferma al 18 per cento, fuori dal ballottaggio. Ma in corsa c’erano anche Marika Cassimatis, la candidata prima selezionata in Rete e poi scomunicata, e l’ex consigliere fuoriuscito Paolo Putti. Nella geografia pentastellata manca il produttivo Nordest. E non è poco. A Padova e Verona il M5S piazza i propri candidati al quarto posto e si scopre irrilevante. Simone Borile arriva al 5,26 per cento, Alessandro Gennario al 9,52 per cento. Due batoste. Segno evidente che dove la Lega Nord è più radicata, il messaggio politico grillino viene interamente, o quasi, drenato dal Carroccio.

Solo un anno fa i Cinque stelle conquistavano Roma e Torino. Quanto possono aver influito, oggi, le difficoltà amministrative delle sindache Raggi e Appendino? Quanto sposta, in termini elettorali, la conferma della propria inesperienza?

Ma nel giorno della sconfitta anche Beppe Grillo scopre i suoi limiti. Il leader si è speso in prima persona durante la campagna elettorale. È stato in Sicilia, a Genova (sotto la Lanterna record di astensioni). Negli ultimi giorni si è presentato anche a Taranto, dove i sondaggi sembravano positivi. E invece anche nella città pugliese dell’Ilva i Cinque stelle sono andati male. Il candidato Francesco Nevoli arriva al 12,47 per cento, è terzo. Un centinaio di preferenze in più di Mario Cito, figlio d’arte sostenuto dalla Lega d’Azione Meridionale. Il risultato che brucia di più, però, arriva a Parma. Un tracollo in parte annunciato. Il sindaco uscente Federico Pizzarotti, eletto cinque anni fa nelle liste grilline e poi espulso, ottiene il 34,8 per cento dei voti. Al ballottaggio se la vedrà con l’esponente di centrosinistra Paolo Scarpa, fermo al 32,7. Praticamente nella città ducale il Movimento Cinque Stelle non esiste più. Scomparsi. Il candidato Daniele Ghirarduzzi ha il 3,18 per cento dei voti. È il segnale che gli elettori votano il candidato, prima del simbolo. Sconfessando il principio dei portavoce e lo slogan “uno vale uno” tanto caro al Movimento. Intanto un pensiero si insinua malizioso: a conti fatti a Beppe Grillo è convenuto rompere i rapporti con Pizzarotti? Quello di Parma sembra uno dei pochi sindaci eletti dal M5S a incontrare ancora il favore dei suoi concittadini.

Urne chiuse, momento di bilanci. Se la sconfitta dei Cinque stelle è innegabile, si apre una riflessione sulla reale portata della débâcle. Interpretare queste elezioni come l’inizio della fine del fenomeno Cinque Stelle sarebbe un errore. Lo schema politico tripolare è definitivamente tramontato? Non esageriamo. Nessun declino imminente, il risultato va contestualizzato. Le amministrative sono sempre state una sfida difficile per i Cinque Stelle, privi di una struttura locale. Senza dimenticare che stavolta il voto è passato quasi in sordina. Concentrata sul dibattito nazionale, la politica si è disinteressata della campagna elettorale. E poi vale sempre la stessa regola: alle amministrative gli elettori sono portati a scegliere le persone, non la lista. Per il voto d’opinione ci sono le Politiche. Tuttavia questa tornata elettorale offre indicazioni importanti. Dopotutto erano chiamati al voto oltre nove milioni di italiani. E i Cinque stelle faranno un grande sbaglio se non ne terranno conto.

Urne chiuse, momento di bilanci. Se la sconfitta dei Cinque stelle è innegabile, si apre una riflessione sulla reale portata della débâcle. Interpretare queste elezioni come l’inizio della fine del fenomeno Cinque Stelle sarebbe un errore. Lo schema politico tripolare è definitivamente tramontato? Non esageriamo

Sul deludente risultato rischiano di aver influito negativamente una serie di errori. A partire dalle beghe locali. La vicenda delle firme false a Palermo, gli scontri interni in Campidoglio, le divisioni a Genova, le espulsioni di Parma… A livello locale i Cinque Stelle sono un movimento sull’orlo di una crisi di nervi. Polemiche ovunque, continue, laceranti. Forse troppo per non urtare la pazienza dei propri elettori. È difficile non inquadrare la sconfitta delle amministrative, poi, senza pensare agli ultimi passi falsi del Movimento. Solo un anno fa i Cinque stelle conquistavano Roma e Torino. Quanto possono aver influito, oggi, le difficoltà amministrative delle sindache Raggi e Appendino? Quanto sposta, in termini elettorali, la conferma della propria inesperienza? Senza tacere della più recente questione politica: il tentennante posizionamento sulla legge elettorale. Con deputati M5S che prima tentano un accordo con Pd e Forza Italia, poi si sfilano lasciando i propri elettori senza punti di riferimento. Ma forse c’è un tema che più degli altri offre materiale per riflettere. Non a caso sono propri alcuni ex grillini a sollevare il caso. L’ascesa politica dei Cinque Stelle potrebbe aver accompagnato un tradimento dei propri valori originari. Il Movimento nato sul territorio, con il coinvolgimento diretto dei cittadini attraverso i meetup, sembra aver cambiato forma. «Hanno abbandonato le città ormai da anni, e questo è il risultato» spiegava ieri sera il sindaco di Parma Pizzarotti. «La base non viene più ascoltata» raccontava Marika Cassimatis, candidata epurata a Genova. «Ci sono capetti regionali che gestiscono e dettano la linea. Al di là dei numeri, i valori originari sono stati traditi». Dalle parti del Movimento Cinque Stelle forse il tema vale una riflessione.