Maturità, ogni anno un errore: bocciate il Ministero dell’Istruzione

Un veniale errore di battitura in un post del Ministero dell'Istruzione riferito alla maturità ha fatto riesplodere la polemica di ogni anno: come è possibile che chi pretende di valutare i maturandi continui impunito a commettere leggerezze che agli studenti costerebbero carissimo?

Chi seguirebbe mai un comandante che si spara sui piedi ogni volta che rimette la pistola nel cinturone? Chi accetterebbe mai di essere valutato da un professore di matematica che confonde il teorema di Pitagora con quello di Euclide? E di passare l’esame pratico della patente con un esaminatore che confonde acceleratore e frizione? Nessuno.

Il perché è semplice: l’autorità, per essere funzionale — ovvero per essere autorevole e non autoritaria — deve conformarsi per prima alle regole che pretende rispettate dal mondo che gli è assoggettato. Per questo mandare ogni anno quasi mezzo milione di diciottenni a farsi valutare in una prova, quella di maturità, ideata, redatta e infine selezionata da personaggi che, negli ultimi anni, hanno collezionato una quantità di strafalcioni tali da riempire un bestiario medievale, è diventato inaccettabile.

L’improvvida “i” posta nella parola “Tracce” nel titolo di un post pubblicato online dal Ministero dell’Istruzione, che qualche ora ha fatto rivenire a galla la solita polemica della maturità e ha sepolto di critiche il ministero, è soltanto l‘ultimo esempio di una serie di gravissime ed inaccettabili leggerezze di cui si è reso responsabile il Ministero dell’Istruzione negli ultimi anni.

L’anno scorso era toccato a una delle tracce della prova di matematica, in cui uno studente riscontrò una contraddizione all’interno di un quesito; nel 2015 era toccato a un quadro di Matisse il cui titolo e la cui data di creazione erano stati allegramente cambiati, prendendoli da un’altra opera del pittore francese; o quando, nel 2008 toccò a Montale, la cui poesia Ripenso il tuo sorriso, dedicata al sociologo Boris Kniaseff, fu presa per un componimento dedicato a una donna; o ancora, quando l’anno prima, nel 2007, toccò a dei versi di Dante riferiti a San Domenico di Guzman, ma attribuiti dal Ministero a San Tommaso.

La storia universale degli strafalcioni del Ministero, insomma, inizia ad essere consistente e sempre più inaccettabile, tanto che la sua credibilità si sta approssimando pericolosamente allo zero. Ed è un problema molto serio. C’è infatti un modo, uno solo, di rendere un’autorità funzionante e funzionale al vivere di una comunità, ed è per l’appunto il fatto che quella autorità deve essere inattaccabile, deve essere essa stessa l’esempio per coloro da cui pretende il rispetto.

Non vale solo per la scuola. In quasi tutti i campi del vivere sociale, ormai, viviamo il grottesco paradosso di una classe dirigente totalmente impreparata, cialtrona, che però continua a non fare sconti a nessuno, fuorché a se stessa. Ed è una stortura che comincia proprio dai banchi di scuola, proprio da quegli esami ideati e redatti alla leggera, superficialmente, senza alcuna cura e facendo errori talmente grossolani che, se fossero fatti dai ragazzi sotto esame, rischierebbero di costare loro molto caro

Non si tratta di una battaglia di retroguardia. È una cosa importante. All’autorità e all’autorevolezza si legano in questi anni alcune delle questioni più critiche della nostra epoca. A cominciare da quel fantasma che chiamiamo Populismo e che minaccia le nostre democrazie, passando per il pesantissimo problema dell’autorevolezza in campo medico — tema vaccini in primis — fino ad arrivare a quell’altro mostro a cento teste che chiamiamo Post Verità, un mostro che si nutre del crollo della fiducia e della credibilità di noi giornalisti, colpevoli, al pari delle autorità che sbagliano grossolanamente le tracce dei temi di maturità, di non essere all’altezza dell’autorevolezza che pretendiamo.

X