Nessuno vuole fare il sindaco, dal Veneto alla Calabria c’è chi preferisce non votare

In una decina di comuni italiani le urne rimarranno chiuse. Stipendi bassi, sfiducia verso la politica, impegni troppo gravosi: in assenza di candidati arrivano i commissari prefettizi. Il sindaco di Soddì racconta: «Ho provato fino alla fine a coinvolgere il paese, non c’è stato nulla di fare»

Nessuno vuole fare il sindaco, saltano le elezioni. Domenica 9 milioni di italiani saranno chiamati a scegliere un migliaio di amministrazioni locali. Eppure in una decina di città le urne resteranno chiuse. Dal Veneto alla Calabria, diversi comuni non andranno al voto per mancanza di candidati. Sono centri piccoli e piccolissimi, dove dominano le liste civiche e le campagne elettorali si fanno ancora porta a porta. Fuori dalle grandi metropoli, è questa l’Italia. Storie diverse unite da un unico denominatore: il sindaco è un mestiere che non tira più. Stipendi troppo bassi, grandi responsabilità. Il clima di sfiducia verso la politica ha fatto il resto, spingendo i cittadini a disertare qualsiasi forma di partecipazione. Non mancano realtà difficili, già commissariate per infiltrazioni della criminalità organizzata.

«Abbiamo fatto incontri e riunioni, abbiamo cercato di coinvolgere la popolazione. Niente da fare: non c’era la volontà di collaborare». Francesco Medde è il sindaco di Soddì, in provincia di Oristano. Un piccolo comune di un centinaio di abitanti dove presto arriverà un commissario. Nonostante i tentativi dell’amministrazione uscente, non è stato possibile formare una lista di candidati. Medde ha provato invano a sensibilizzare i concittadini, ma alla fine si è dovuto arrendere. Professione geometra, dopo aver dedicato cinque anni al suo paese adesso si fa da parte. È un problema demografico, in parte. A Soddì ci sono molti anziani, «mancano le energie e la voglia dei giovani». Ma non solo. «Secondo me – insiste il sindaco – ha influito anche la delusione che le persone nutrono nei confronti della politica».

Domenica 9 milioni di italiani saranno chiamati a scegliere un migliaio di amministrazioni locali. Eppure in una decina di città le urne resteranno chiuse. Dal Veneto alla Calabria, diversi comuni non andranno al voto per mancanza di candidati

Penna San Giovanni è una cittadina di 1.200 anime vicino Macerata, nelle Marche. L’orgoglio cittadino è il suggestivo Teatro Flora, gioiello barocco costruito nel Settecento all’interno del Palazzo dei Priori. Anche da queste parti tra qualche giorno arriverà un commissario. Qualche tempo fa, quando è scaduto il termine ultimo per depositare le liste, ci si è accorti che non si era presentato nessuno. «Questa è una lezione per i cittadini» ha raccontato all’Adnkronos il sindaco Giuseppe Mancinelli, ormai pronto a lasciare l’incarico. La poca voglia di collaborare per la comunità ha sospeso, di fatto, la democrazia. Cancellando le elezioni. «Oggi hanno capito l’importanza dello stare uniti».

Austis si trova esattamente al centro della Sardegna. In assenza di candidati, non si terranno elezioni neppure qui. Siamo in provincia di Nuoro: una comunità di circa mille abitanti che affonda le proprie radici nella civiltà nuragica. L’ultima sindaca è stata Lucia Chessa, in carica dal 2010 al 2015. Poi non si è presentato più nessuno. Chi conosce bene la situazione è la deputata del Partito democratico Romina Mura, parlamentare e sindaco di Sadali, non distante. Per non lasciare il suo comune senza un’amministrazione eletta, due anni fa ha deciso di ricandidarsi. Nonostante tutte le difficoltà del doppio impegno, alla Camera e in municipio. «In questi comuni è importante evitare il commissariamento» racconta. «Una volta che arriva difficilmente si riesce a recuperare la normalità democratica. Ecco perché sto già lavorando per costruire le condizioni affinché, quando terminerò il mio mandato, ci sia almeno una squadra che si proponga alla comunità».

Nord, Sud, isole comprese. Conta poco meno di 1.500 persone il paese di Cencenighe Agordino, in provincia di Belluno. Altre latitudini, stessi problemi. Anche qui domenica non si voterà per mancanza di aspiranti sindaci. Anche qui, come altrove, nonostante l’impegno dell’amministrazione uscente non si è riuscito a mettere insieme una lista di candidati. E così sulle Dolomiti arriverà un altro commissario. C’entra la disaffezione verso la politica, il disinteresse verso la cosa pubblica, ma non solo. In un’intervista a Repubblica, qualche tempo fa, il sindaco uscente William Faè ha sollevato un altro tema: lo stipendio. Fare il sindaco in un piccolo comune non paga, letteralmente. A fronte di un impegno particolarmente rilevante, negli ultimi cinque anni ha percepito uno stipendio di circa 600 euro. «Può una famiglia campare con così poco?».

«In questi comuni è importante evitare il commissariamento» racconta Romina Mura, deputata e sindaca del piccolo comune sardo di Sadali. «Una volta che arriva difficilmente si riesce a recuperare la normalità democratica. Ecco perché sto già lavorando per costruire le condizioni affinché, quando terminerò il mio mandato, ci sia almeno una squadra che si proponga alla comunità»

Molto diversa la situazione a San Luca, in provincia di Reggio Calabria. Tristemente famoso per l’omonima faida di ’ndrangheta – culminata con la strage di Duisburg – il centro della Locride dovrà rinunciare ancora una volta a eleggere il proprio consiglio comunale. Anche qui non si è presentato alcun candidato. Un paio di anni fa l’unica lista in campo non è riuscita a ottenere il quorum. Per trovare un sindaco votato dai cittadini bisogna tornare alla precedente amministrazione, sciolta per presunte infiltrazioni mafiose nel 2013. E così la democrazia resta sospesa anche sull’Aspromonte. A guidare i quattromila abitanti di San Luca sarà ancora una volta un commissorio.

Non arriva neppure a cento residenti il paese di Elva, in Piemonte. Un piccolo comune in provincia di Cuneo, isolato nella Val Maira. Rifugi di montagna, qualche locanda. Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta fanno bella mostra gli affreschi cinquecenteschi del fiammingo Hans Clemer. Dopo dieci anni, la sindaca Laura Lacopo si fa da parte, ma non sarà sostituita. La storia è sempre la stessa: non si è riusciti a trovare un candidato. «Una vicenda molto triste – si è lamentata alla Stampa – Non doveva finire così». Dalla parte opposta del Paese, in Puglia, il comune di Faeto condivide lo stesso destino. 638 abitanti nel centro sui monti Dauni, in provincia di Foggia. È il paese più alto della regione, raccontano orgogliosi. Il commissario prefettizio che amministrerà la città è già stato nominato. Dopo cinque anni il sindaco uscente, Antonio Melillo, lascia senza nascondere la delusione. Anche lui riconosce il disinteresse di troppi concittadini per un lavoro gravoso, pieno di responsabilità, ma poco redditizio. La stessa sensazione condivisa dai possibili candidati, che annusata l’aria hanno preferito farsi da parte.