Lo hanno lasciato da solo. Ancora saldo alla guida del partito, certo. Ma sempre più isolato. Nel giro di pochi giorni Matteo Renzi è stato scaricato da alcuni storici leader del centrosinistra italiano, da Walter Veltroni a Romano Prodi. Si è visto voltare le spalle da numerosi dirigenti del Partito democratico, basti pensare all’ultimo voltafaccia del ministro Dario Franceschini. Intanto sembra aver chiuso la porta anche Giuliano Pisapia. Fino a poco fa il composito mondo alla sinistra del Pd, unito attorno alla figura dell’ex sindaco di Milano, ragionava su una possibile intesa. Magari per dare vita a una coalizione più ampia. Ora sembra aver deciso il contrario: il progetto che nasce attorno al leader di Campo progressista sarà alternativo ai dem.
Al fianco di Renzi restano i fedelissimi. Lorenzo Guerini, Matteo Orfini. C’è il braccio destro Luca Lotti, esponente di governo, che ieri respingeva piccato le critiche al leader: «Non possiamo rimettere tutto in discussione, abbiamo votato pochi giorni fa, abbiamo fatto le nostre primarie: in due milioni hanno espresso il loro voto a Renzi. Fine della discussione». Non ha tutti i torti, peraltro. Eppure è proprio la cerchia renziana a rendere evidente l’isolamento. Specie quando denuncia senza troppi giri di parole il complotto ai danni dal capo. L’immagine della congiura rafforza la solitudine della vittima. Una sensazione tangibile, plasticamente rappresentata da un’indiscrezione pubblicata stamattina su Repubblica. Renzi che trasferisce il suo studio al terzo piano del Nazareno – nell’ufficio che fu dell’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi – con tanto di videocitofono e porta blindata. È la metafora del bunker che prende vita.
È proprio la cerchia renziana a rendere evidente l’isolamento. Specie quando denuncia senza troppi giri di parole il complotto ai danni dal capo. L’immagine della congiura rafforza la solitudine della vittima. Che, secondo un’indiscrezione di Repubblica, ha trasferito il suo studio al terzo piano del Nazareno, un ufficio con tanto di videocitofono e porta blindata. È la metafora del bunker che prende vita
Esclusi i fedelissimi, tutti gli altri sembrano in gara a prendere le distanze da Renzi. Forse è un passaggio inevitabile, fisiologico. Prima la dura sconfitta al referendum costituzionale, adesso la batosta alle amministrative. Notoriamente, un leader vincente è pieno di seguaci. Ma è molto più rara, almeno nel nostro Paese, la corsa per salire sul carro del perdente. La leadership del Pd resta saldamente in mano a Renzi, ci mancherebbe. Forte del risultato alle primarie il segretario resta legittimamente al suo posto. Proprio lui, del resto, non sembra disposto a farsi da parte, anche in vista della futura candidatura a Palazzo Chigi. Eppure gli scricchiolii intorno alla sua figura sono troppi per far finta di niente.
Dopo anni in disparte, l’ex segretario Veltroni è tornato sulla scena per chiedere un cambio di passo. «Oggi il partito non è più la forza innovativa e di sinistra che avevamo immaginato». Il leader ulivista Romano Prodi ammette di essersi allontanato dal Partito democratico. E se Dario Franceschini denuncia apertamente i limiti di questo Pd, perché è evidente «che si è rotto qualcosa con il Paese», oggi Gianni Cuperlo rivela alla Stampa i suoi timori di «una sconfitta storica» sotto la leadership di Renzi. Nel frattempo il campo della sinistra si organizza. Sabato a Roma Giuliano Pisapia animerà il primo appuntamento del suo nascente soggetto politico. Ormai apertamente alternativo al Pd. In piazza Santi Apostoli – ambientazione evidentemente non casuale, già sede dell’Ulivo – ci saranno i fuoriusciti di Articolo 1-Mdp, diversi esponenti della sinistra e della società civile. Tra gli ospiti si attendono anche alcuni dirigenti dem: dal ministro della Giustizia Andrea Orlando al governatore del Lazio Nicola Zingaretti. E solo la loro presenza è già una presa di distanza da Renzi.
Assediato e isolato, adesso Renzi deve assistere persino alla chiusura di Berlusconi
Assediato e isolato, adesso Renzi deve assistere persino alla chiusura di Berlusconi. Per lungo tempo si è favoleggiato su un possibile accordo post elettorale, una grande coalizione tra Pd e Forza Italia in chiave antipopulista. E chissà, magari con una legge elettorale proporzionale l’ipotesi non è ancora tramontata del tutto. Eppure ieri il Cavaliere, euforico per il risultato alle amministrative, ha preferito sfilarsi: «Il centrodestra unito è il primo polo, quindi ora guardiamo al futuro con fiducia. Non strizzo l’occhio a Renzi. Lo dice Salvini, ma non è vero». L’ennesimo segnale che qualcosa è davvero cambiato…