Al capezzale dell’ipermercato: storia di un declino inesorabile

Gli ipermercati non sono riusciti a difendersi dalla crisi economica e dall’e-commerce. Lo rivela l'Osservatorio Non Food di GS1 Italy con Trade Lab. Bernasconi, Mondadori Retail: «Mancato l’investimento sul personale». Kaufman, Carrefour: «Hanno dimenticato anche il ruolo sociale del punto vendita»

AFP PHOTO / FRED DUFOUR

Se la digitalizzazione è la cifra di questo ultimo decennio tanto che è ormai talmente pervasiva da costituire la normalità, da essere ormai parte integrante e irrinunciabile di ogni processo i business, le sue conseguenze nel retail continueranno a farsi sentire per altri anni. Tra queste, secondo Luca Zanderighi fondatore e partner, TradeLab, la razionalizzazione delle reti di vendita, l’adattamento e l’innovazione per consolidare e differenziarsi. «Per quanto riguarda la razionalizzazione, vi è un tema di risorse finanziarie e di adeguatezza del servizio commerciale al processo di digitalizzazione per integrare i diversi canali», aggiunge Zanderighi. «Quanto all’adattamento e alla differenziazione, abbiamo settori nei quali le performance sono addirittura migliorate, altri in cui abbiamo assistito a un lento ma deciso declino».

Al capezzale dell’ipermercato

A soffrire più di tutti del combinato disposto della crisi economica e dell’affermarsi dell’e-commerce sono stati gli ipermercati. I pessimi risultati sono evidenti se si analizzano in particolare gli andamenti delle quote di mercato nell’ambito dei comparti non alimentari e l’attuale ruolo di questo canale all’interno degli stessi: nella gran parte dei settori le quote si sono ridotte, in alcuni casi anche in maniera drastica, e fatta salva qualche eccezione (cancelleria e giocattoli), il ruolo degli ipermercati nell’assetto distributivo è sostanzialmente marginale. «Gli ipermercati non sono riusciti a difendersi dallo sgretolamento del Non Food», nota Zanderighi «e la formula “tutto sotto lo stesso tetto”, alla base della massificazione dei consumi, ha pagato pegno».

Non solo. L’analisi di Pierluigi Bernasconi, ora amministratore delegato di Mondadori Retail, sui motivi della crisi dell’ipermercato aggiunge altri argomenti: «Negli anni in cui dominava, l’ipermercato ha sofferto di anestesia da troppo successo e, anche per questo motivo, gli specialisti del formato sono stati distratti dall’internazionalizzazione. Un altro aspetto è stata la scarsa velocità, che trova spiegazione nel fatto che le attività immobiliari hanno avuto il sopravvento, così le location che un tempo erano buone, forse oggi non lo sono più per le mutate condizioni sociali, demografiche, geografiche. Infine, credo sia mancato un adeguato investimento sulle persone». Su come uscirne, Bernasconi indica nel coinvolgimento efficace dei clienti attraverso le tecnologie digitali una possibile soluzione.

A soffrire più di tutti del combinato disposto della crisi economica e dell’affermarsi dell’e-commerce sono stati gli ipermercati. Ora il loro ruolo nell’assetto distributivo è sostanzialmente marginale

«Negli anni in cui dominava, l’ipermercato ha sofferto di anestesia da troppo successo e, anche per questo motivo, gli specialisti del formato sono stati distratti dall’internazionalizzazione. Credo sia anche mancato un adeguato investimento sulle persone»


Pierluigi Bernasconi, amministratore delegato di Mondadori Retail

Gregoire Kaufman, commercial e marketing director Carrefour, sostiene, proseguendo il ragionamento, che l’ipermercato ha perso la sua ragion d’essere, di rappresentare cioè tutti i tipi di clienti, dimenticando peraltro il ruolo sociale del punto vendita. «Che è principalmente un luogo d’incontro, dove ai prodotti si affiancano i servizi. Il mondo digitale aiuta, per esempio con il Crm e i big data, a comprendere meglio i comportamenti dei nostri clienti che fanno l’80% degli acquisti con la carta fedeltà. Ma ciò che ha cambiato i rapporti con i nostri clienti sono i social media, che ci hanno permesso di ripensare a operazioni in real time sui punti vendita, di adottare un tono più amichevole, anche prendendoci in giro, passando da una comunicazione top down a una di tipo orizzontale, più mirata e meno massificata. La qual cosa consente di personalizzare le attività promozionali e di attrarre nuovi clienti, senza cannibalizzare quelli esistenti che avrebbero comunque acquistato quel determinato prodotto».

Più servizi all’orizzonte

Per gli “ipermercatisti” è giunto quindi il tempo di decidere quali strategie utilizzare per la propria offerta non alimentare e per gli spazi ad essa dedicati: al momento si parla di razionalizzazione della superficie, a favore di aree per il consumo fuori casa o di parti di galleria nei centri commerciali, o di corner espositivi a favore di alcuni brand noti, favorendo il fenomeno dello showrooming. Di sicuro trovare qualche soluzione è fondamentale, visto che il processo di contrazione appare strutturale.

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Anche Gregoire Kaufman, commercial e marketing director Carrefour, sostiene che l’ipermercato ha perso la sua ragion d’essere, di rappresentare cioè tutti i tipi di clienti, dimenticando peraltro il ruolo sociale del punto vendita

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