Marchi falsificati e prodotti contraffatti, senza dimenticare la pirateria digitale. Adesso un’indagine della Camera dei deputati accende i riflettori sul lato oscuro dell’e-commerce. L’argomento è comune e i rischi particolarmente diffusi: ormai oltre 40 milioni di italiani accedono con frequenza in Rete. Considerando solo le persone tra gli 11 e i 74 anni si tratta dell’86 per cento di tutta la popolazione. E la metà naviga in cerca di acquisti: nel nostro Paese sono 19 milioni i consumatori che comprano online, a fronte di 40 mila imprese che vendono sul web. Il giro di affari è smisurato. Lo scorso anno, rispetto ai 14 mila miliardi di euro di PIL nell’Unione Europea, il 5 per cento è stato prodotto dal commercio in rete. Un valore destinato a crescere del 50 per cento da qui a pochi anni. E se l’Italia ha solo il 3 per cento del totale dell’e-commerce Ue, può comunque vantare un valore stimato in beni e servizi acquistati nel 2016 pari a circa 16 miliardi di euro. Una grande piazza telematica, cresciuta esponenzialmente insieme a nuove forme di illegalità. Tra merci contraffatte e prodotti di pirateria digitale, non di rado le attività illecite sono in mano a organizzazioni criminali internazionali. Un fenomeno in continuo aumento: ogni anno la contraffazione online cresce del 15,6 per cento a livello mondiale. Con un costo per l’economia stimato in 1.800 miliardi di dollari.
Nei mesi scorsi la commissione di inchiesta sui fenomeni della pirateria e del commercio abusivo ha dedicato una lunga indagine proprio alla contraffazione sul web. I lavori sono iniziati nell’autunno 2015 e sono durati un anno e mezzo. Oggi, dopo decine di incontri e audizioni, la relazione conclusiva è arrivata all’esame dell’Aula di Montecitorio. Il quadro è complesso e non c’è molto da essere allegri. Acquistare prodotti online è una pratica comoda e diffusa, ma nasconde anche qualche pericolo. E non sempre è possibile porvi rimedio. È la stessa relazione finale a riconoscere che la dimensione immateriale del commercio elettronico e le caratteristiche globali di internet «rendono estremamente difficile attivare efficaci forme di contrasto alla commissione di illeciti via web». Senza dimenticare l’inadeguatezza delle leggi in materia di e-commerce. «Il quadro normativo esistente – si legge nella relazione finale approvata in commissione – appare molto lacunoso nonché datato».
Marchi falsificati e prodotti contraffatti, senza dimenticare la pirateria digitale. Adesso un’indagine della Camera dei deputati accende i riflettori sul lato oscuro dell’e-commerce. L’argomento è comune e i rischi particolarmente diffusi: nel nostro Paese sono 19 milioni i consumatori che comprano online, a fronte di 40 mila imprese che vendono sul web
Come si arricchiscono in rete le associazioni criminali? Ogni illecito ha i suoi profitti. Se è chiaro che nello smercio di prodotti contraffatti il guadagno è rappresentato dal prezzo di vendita, nel caso di pirateria digitale il sistema è leggermente diverso. Molto spesso, infatti, in caso di download le opere sono messe gratuitamente a disposizione degli utenti. In questo caso il vero profitto deriva dai proventi pubblicitari legati alla gestione del sito illecito. Contraffazione e pirateria hanno legami diretti con una serie di criticità: dai danni economici alle aziende agli inganni per i consumatori finali, senza dimenticare l’evasione fiscale e il sostegno ai gruppi criminali. Non di rado tra le vittime più colpite c’è proprio la nostra economia. La falsificazione dei marchi, infatti, interessa in modo particolare i prodotti di qualità. Eccellenze dell’abbigliamento e dell’agroalimentare, le stesse che spesso caratterizzano il Made in Italy.
Eppure intervenire è difficile. È la stessa natura dell’e-commerce a rendere complicato il contrasto agli illeciti. La Rete aiuta gli autori di illegalità a nascondere la propria identità e moltiplica il numero di “punti vendita virtuali” in cui occultarsi. La natura immateriale e globale del web rappresenta ancora un ostacolo enorme. E l’assenza di una governance mondiale di internet, spiega la commissione, talvolta rende difficile la tutela dei consumatori e delle vittime. Pur riconoscendo il grande impegno delle nostre istituzioni, l’indagine parlamentare sottolinea anche i limiti della frammentazione delle nostre forze di polizia. Nel riparto delle competenze non è raro individuare alcune sovrapposizioni. Se la polizia postale ha maturato una specializzazione nel copyright, «particolarmente nel contrasto della pirateria musicale e cinematografica, con attenzione anche ad attacchi a infrastrutture critiche, al crimine finanziario cibernetico, alla pedopornografia e al terrorismo», la Guardia di Finanza ha una competenza specifica in materia di contraffazione. Discorso diverso per i Carabinieri, che indirizzano i propri sforzi, in particolare, al contrasto delle sofisticazioni alimentari e nella filiera del farmaco.
Un capitolo a parte spetta ai consumatori. Spesso finiscono in trappola inconsapevolmente, altre volte preferiscono far finta di niente e sottovalutano le conseguenze di un acquisto online di merce contraffatta. «Ad accrescere la pericolosità della contraffazione via web – si legge – vi è anche l’atteggiamento condiscendente di una parte dei consumatori». L’indagine cita una ricerca realizzata nel 2013 dall’associazione Libera: «Si è evidenziato che il tasso di penetrazione della pirateria digitale in Italia è più alto nei giovani tra i 14 e i 18 anni, con un’incidenza superiore al 70 per cento». Da qui la necessità di una corretta informazione del cittadino consumatore. Il commercio di merci contraffatte e la pirateria digitale, infatti, hanno effetti distruttivi sull’economia legale. Ma non di rado nascondono anche rischi diretti per gli acquirenti: basti pensare alla vendita di farmaci illegali o prodotti con materiali tossici.
Il commercio di merci contraffatte e la pirateria digitale, infatti, hanno effetti distruttivi sull’economia legale. Ma non di rado nascondono anche rischi diretti per gli acquirenti: basti pensare alla vendita di farmaci illegali o prodotti con materiali tossici
Per i consumatori più disattenti, invece, la commissione di inchiesta elenca una serie di campanelli d’allarme. Criteri per individuare, in caso di dubbio, siti dediti alla contraffazione. Ad esempio bisogna sempre preoccuparsi di fronte a prodotti con prezzi anormalmente bassi. «È fisiologico che la vendita di merci sui siti possa avvenire a prezzi inferiori rispetto a quelli dei negozi fisici; quando il prezzo, però, è del tutto fuori mercato si è generalmente in presenza di merci contraffatte». Altri indizi di illecito sono la vendita di prodotti non presenti sui cataloghi ufficiali e l’eccessiva disponibilità, a livello quantitativo, di prodotti vendibili.
Tantissime le tipologie di siti illegali in cui ci si può imbattere. L’indagine cita la pratica dell’hacking o defacement: «Pagine di vendita di merci contraffatte che sono inserite in siti legali, intercettando le ricerche di consumatori inconsapevoli». Di fatto, sistemi informatici che reindirizzano le ricerche dai siti legali a quelli illegali. C’è poi il cybersquatting e il domain grabbing… Discorso a parte per la pirateria audiovisiva. Citando uno studio presentato in commissione, la relazione distingue tre diverse tipologie di illecito: la pirateria “fisica”, con l’acquisto di dvd contraffatti; la pirateria digitale, con il download, lo streaming e il peer to peer; e la pirateria “indiretta”, con la condivisione di copie illegali tra amici e parenti. È un fenomeno che cresce vertiginosamente soprattutto in rete. Tanto che secondo uno studio della società Ergo Research citato dalla commissione di inchiesta, «ogni giorno in Italia le visioni illecite di contenuti audiovisivi sono stimate in 1.239.000, a fronte di 1.035.000 visioni lecite». Un danno evidente anche per l’industria cinematografica. Tanto che in un’altra audizione è stato ricordato come ormai il 58 per cento dei film è reperibile online illegalmente «dopo i primi tre giorni di programmazione o prima dell’uscita stessa».