Giusto due mesi fa, nel pieno del festival di Cannes, era stato l’allora presidente della giuria Pedro Almodovar ad attaccare la strategia commerciale di Netflix e Okja, il film che la piattaforma americana aveva portato alla Croisette. Ne erano nate parecchie polemiche: da una parte chi accusava apertamente il colosso americano di voler accoltellare a morte il sistema Cinema e il suo campo da gioco principale, le sale.
Ora, a distanza di due mesi, è toccato a un altro grandissimo protagonista del cinema contemporaneo mondiale, Christopher Nolan, che in un’intervista rilasciata a IndieWire a ridosso della presentazione del suo ultimo film, l’attesissimo Dunkirk, ha lanciato un ulteriore attacco alla piattaforma americana. «The only platform I’m interested in talking about is theatrical exhibition», ha detto il regista, rincarando poi la dose: «I think the investment that Netflix is putting into interesting filmmakers and interesting projects would be more admirable if it weren’t being used as some kind of bizarre leverage against shutting down theaters».
“Una leva per far chiudere le sale cinematografiche”, quindi, difficile travisare il messaggio del regista americano che, semplificando, suona come un “Netflix sta giocando sporco e il suo obiettivo è distruggere il campo da gioco elettivo del cinema, la sala”.
Ora, che Netflix sia un’impresa e che quindi debba cercare in ogni modo di sopravvivere e prosperare è una cosa piuttosto normale per tutte le aziende. Può risultare poco simpatico, ma è anche abbastanza ovvio quello che Netflix ha in mente da quando ha investito sulla propria piattaforma web: costruirsi il proprio campo da gioco dove portarsi il proprio pubblico e farlo crescere.
Nolan, quindi, una parte di ragione può anche averla quando identifica la missione di Netflix come antitetica alla sua idea di cinema. Ma contemporaneamente si sbaglia di grosso, commettendo un errore di miopia misto a una sovrastima di quello che è Netflix, nel pensare che la strategia della piattaforma americana sarà la causa della morte dei teatri. E il perché è abbastanza semplice e davanti agli occhi di tutti: i cinema si stanno uccidendo da soli.
Il primo a scriverlo è stato, sempre su IndieWire, il giornalista Chris O’Falt che in un articolo di qualche giorno fa lo dice chiaramente già dal titolo: Netflix Is Not the Problem: Why Bad Theatrical Presentations Are Destroying the Experience, ovvero “Netflix non è il problema: ecco perché la pessima qualità dei cinema sta distruggendo l’esperienza cinematografica”.
Non la manda a dire O’Falt. E ha ragione. La sua accusa al sistema delle sale americane punta tutto sulla qualità del servizio e scrive che è bellissimo che l’esperienza dello spettatore di Dunkirk quando si ritrova in un cinema moderno, con schermi IMAX e tutto il cucuzzaro, ma, scrive, «Il problema è che con quella qualità lo daranno in 100 sale, mentre la grande maggioranza degli spettatori comprerà il biglietto in una delle altre 3500 sale, al cui qualità è nettamente inferiore».
E in Italia le cose non vanno diversamente e di problemi ce ne sono tantissimi: i cinema italiani, per esempio, sono lontani dagli spettatori — la distanza media dello spettatore dalla sala è di qualche decina di chilometri —; sono mal attrezzati, vecchi, molti cadono letteralmente a pezzi; non hanno impianti all’altezza della altissima qualità delle pellicole che escono e spesso nemmeno schermi abbastanza grandi per offrire una visione perfetta delle pellicole.
Qualche mese fa, in un’intervista rilasciata proprio a Linkiesta, il produttore italiano Francesco Melzi D’Eril aveva lanciato un piccolo allarme sul sistema cinema italiano. Tra le varie cose che non funzionavano, guarda caso, c’era anche il problema degli esercenti dei cinema, “che hanno poco interesse per un certo tipo di film e troppa poca pazienza” diceva Melzi D’Eril, e non si sbagliava.
Scarsa qualità delle sale, impianti vecchi e scadenti, scelta pigra, poco paziente e scarsamente coraggiosa sono gli ingredienti del disastro. Se poi aggiungiamo la reiterazione di quella bestialità che si chiama “Cinema a due euro” – in fondo soltanto una bieca a autolesionista pratica per gonfiare le statistiche delle presenze, senza produrre ricavi né fidelizzazione – capiamo bene che qui il problema non può essere Netflix e infatti non sarà la piattaforma americana a uccidere i cinema. Perché, se vanno avanti così, saranno loro stessi a suicidarsi.