TaccolaNon abbiamo scampo, ecco perché daremo milioni a questi Superpigiamini

È partito a razzo il fenomeno PJ Masks: tre supereroi bambini, una storia di avventura immersa nella melassa, ma di sicuro successo, già iniziato con i libri. C’è lo zampino di Disney e si vede. Preparatevi all’invasione del prossimo carnevale

I segnali c’erano tutti, da mesi. Da carnevale, per la precisione. Qua e là spuntavano dei costumi, cuciti artigianalmente, di un geco verde, di un gatto blu e di una gufetta rossa. L’occhio allenato li poteva riconoscere facilmente, in mezzo alle maschere più convenzionali. Erano i PJ Masks, più noti come Superpigiamini. Qualche anno prima le sfilate di carnevale avevano visto sfilare altrettanti pionieri artigianali: genitori e figli vestiti da Peppa Pig e famiglia e, un paio d’anni dopo, da Masha e Orso. Come un canarino nella miniera, questi episodi segnalavano un cambiamento, ossia una domanda montante. Fateci caso, il prossimo carnevale, quando il fenomeno toccherà il suo zenit. Prima di allora, se avete figli tra i 3 e i 6 anni, sarete già assediati di richieste di maschere, pupazzi, libri e naturalmente pigiami. Se non avete figli, urge un passo indietro.

I PJ Masks sono un cartone animato, rivolto al target prescolare, vale a dire quello tra i 2-3 anni e i 5-6. È lo stesso bacino di Peppa Pig e Masha e Orso. Parla di tre amici, due maschi e una femmina, che frequentano i primi anni delle scuole elementari. Di giorno vivono in un contesto normalissimo, fatto di scuola, sport, merende e cortile di casa, dove, ahinoi, non mancano piccoli soprusi e prepotenze. Ci sono tre cattivi, sempre gli stessi: una specie di scienziato pazzo, Romeo. Una bisbetica su uno skate volante, Lunetta. E un capo ninja con squadra di mini-ninja inetti. Sono tutti bambini, anche se dotati di veicoli volanti e di ogni sorta di tecnologia. Hanno un piacere infinito nel fare cose di dubbia utilità come impadronirsi della voce altrui e rimpicciolire le cose. In breve, contro questi cattivi tutte le notti i tre protagonisti si infilano dei pigiamini colorati e si trasformano, unendo i rispettivi amuleti sui braccialetti, in tre supereroi. Per la cronaca, Connor in Gattoboy (con il potere della velocità e balzo), Amaya in Gufetta (supervista e supervento) e Greg in Geco (mimetismo e presa rettile). Anche loro salgono su superveicoli tipo Batmobile, ciascuno con propri poteri. Sconfiggono i cattivi senza che nessuno si faccia male e, il giorno dopo, tornati in abiti borghesi, si godono il mondo tornato all’idillio. Di adulti non c’è mai traccia. Per ora può bastare.

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Perché è il caso di interessarsi di questo fenomeno? Perché qualche anno fa Peppa Pig ha cambiato tutti i canoni dei cartoni animati per bambini piccoli. Ha travalicato i confini, è entrato nell’immaginario collettivo: nella satira, nelle polemiche politiche e finanziarie, in ogni sorta di iperbole che voglia accostare la maialina impertinente a un ministro, economista o altra persona de denigrare. Ma soprattutto, Peppa Pig ha fatto un mare di soldi, un successo senza precedenti raggiunto tramite una delle offerte di merchandising più ampie a memoria d’uomo: vestiti di ogni tipo, cibarie di ogni tipo (dalle patatine alle uova di Pasqua), libri di ogni tipo, fino a un parco divertimenti dedicato, in Inghilterra, e una casa riprodotta (con coda infinita annessa) nel parco di Leolandia in Italia. Dopo Peppa Pig c’è stata Masha e Orso (di produzione russa) e il successo è stato replicato, nelle forme se non nei numeri.

Perché è il caso di interessarsi di questo fenomeno? Perché segue la scia di Peppa Pig, che qualche anno fa è entrato nell’immaginario collettivo. E ha venduto merchandising per oltre un miliardo di dollari

Pigiamini, pigiamini ovunque

Ora le stesse dinamiche si stanno riproducendo per i PJ Masks. Lo conferma Marta Caputo, head of marketing della casa editrice La Coccinella (gruppo Gems), che si è accaparrata, dopo una lotta con un’altra decina di case editrici, i diritti per la pubblicazione dei prodotti editoriali legati ai Superpigiamini. «Sono un vero fenomeno anche per noi – commenta -. Siamo usciti con i primi sei titoli dedicati ai piccoli supereroi il 16 marzo e da allora per 14 settimane consecutive siamo rimasti ai vertici della classifica ragazzi con tutti e sei i titoli. Non solo, abbiamo avuto anche per tutto il periodo almeno un titolo nella generale top 10». Sono in uscita altri libri, tra quelli che riproducono pari pari le puntate e quelli da colorare e con le figurine.

Uno sguardo più a tutto tondo del merchandising legato ai PJ Masks riesce ad averlo Francesco Raiano, direttore licensing di Ets Italy, la società che si è aggiudicata dalla E.One, la casa di produzione del cartone animato (la stessa di Peppa Pig), i diritti di sfruttamento dell’immagine per l’Italia. «Le vendite sono iniziate da pochissimo, a marzo con i libri e dopo Pasqua con i primi giocattoli distribuiti da Clementoni, Lisciani e Giochi Preziosi. I numeri, soprattutto dei libri, sono molto, molto importanti», commenta.

Non però al punto di competere con il fenomeno della famiglia di maiali più nota al mondo. «A occhio il mercato varrà il 30% di Peppa Pig, ma significherebbe già un successo mega», aggiunge Raiano. Il valore del merchandising globale di Peppa Pig ha ampiamente superato il miliardo di dollari e secondo il Guardian toccherà i due miliardi entro 3-5 anni. Per Masha e Orso parliamo di circa 300 milioni di dollari. Per i Pj Masks in Italia per ora sono stati avvicinati i livelli – ma Raiano presume che saranno superati entro Natale – dei concorrenti più diretti, Superwings e Paw Patrol, perfetti sconosciuti solo per chi non ha figli in quella fascia di età, e altrettante macchine da soldi, costruite a tavolino come tali (si veda un articolo feroce di Buzzfeed sull’argomento). Particolarmente bene vanno le categorie legate al mondo del travestimento, i giocattoli dei personaggi e dei loro veicoli, i libri e le figurine, spiega il responsabile licensing di Ets Italy. Vanno forte anche i falsi e i prodotti contraffatti, il che, quantomeno, è indice di popolarità. Sono cominciati i temutissimi (dai genitori) show nei centri commerciali. Il successo, in ogni caso, se in Italia è solo in nuce, negli Stati Uniti e Regno Unito è già conclamato. «Vedrete quando arriveranno i pigiami e le maschere – sorride sornione uno dei proprietari di una grande catena di giocattoli nella Brianza e Alto Milanese -. Ci sono stati tentativi di creare prodotti a tavolino e questo è uno di questi casi. Ma la verità è che poi la differenza la fanno gli stessi bambini».

«Siamo usciti con i primi sei titoli dedicati ai piccoli supereroi il 16 marzo e da allora per 14 settimane consecutive siamo rimasti ai vertici della classifica ragazzi con tutti e sei i titoli»


Marta Caputo, head of marketing della casa editrice La Coccinella

Melassa tattica

C’è da dire che, se si guarda ai contenuti, Peppa Pig è da considerarsi un capolavoro di understatement e humor britannico. Ogni puntata è zeppa di riferimenti capibili solo dai genitori. Un giochino ripreso, in modo ancora più raffinato, dal successivo Ben & Holly, prodotto sempre dalla E.One. Per i PJ Masks è diverso. Diciamolo: nessun adulto medio riuscirebbe ad appassionarsi alla melassa che ricopre ogni puntata. Si può invece buttare un occhio ed essere rassicurati dall’assenza di veri cattivi. È qui la chiave per capire il successo.

PJ Masks, infatti, nasce da una serie di libri francesi, Les Pyjamasques, firmati da Romuald e pubblicati da Gallimard (ma presto lo saranno anche in Italia, da uno dei marchi del gruppo editoriale Mauri Spagnol, Gems). Sono libri per bambini, ma non troppo edulcorati. Ci sono tre bambini (tutti maschi), che spesso hanno divergenze, si contendono una fatina e affrontano i cattivi in un’atmosfera relativamente sinistra. La serie televisiva ha fatto opportuni cambiamenti. Ha trasformato un personaggio da maschile a femminile, Gufetta, in modo da coinvolgere anche il pubblico di bambine. Ha ammorbidito tutti gli spigoli, grafici e di sceneggiatura. Ha messo un pizzico di multiculturalismo (non come Peppa Pig, vera lezione di convivenza, ma lontano anche dal monoculturalismo piuttosto tradizionalista e forse nazionalista di Masha e Orso). Ha modificato le dinamiche incentrandole su tre aspetti: il “problem solving”, il lavoro di gruppo e la conduzione di uno stile di vita attivo. Ha creato un mondo di fantasia (molto diverso dalla quotidianità di Peppa Pig) dominato da un doppio livello: aspirazione all’avventura e rassicurazione continua. «Non è un caso che i protagonisti siano più grandi di un paio di anni del target di riferimento: vanno alle elementari, mentre chi li guarda va alla scuola di infanzia – dice Raiano -. Il tema della crescita è d’altra parte fondamentale. Ogni trasformazione notturna riproduce un mito di crescita».

Il cartone è tratto da una serie di libri francesi, molto meno edulcorata. Poi E.One e soprattutto Disney hanno aggiunto mani di resina di buonismo. Con uno scopo preciso: rendere i supereroi finalmente accessibili ai bambini di 3-5 anni

Tornando al marketing, la scelta di ingentilire il contenuto ha risolto un grosso problema di posizionamento per tutte le case di produzione e merchandising legate ai supereroi, come Marvel, Mattel, Hasbro: quello che gli stessi supereroi ai bambini piccoli fanno paura. «È la prima volta che viene prodotta una serie tv con protagonisti dei supereroi mascherati pensati per il target prescolare – commenta Marta Caputo -. Spiderman o batman o i supereroi Marvel sono amatissimi dai bimbi 3/5 anni, ma vengono da fumetti, film o serie Tv non adatte a loro. I cattivi li spaventano e le dinamiche di relazione sono troppo complesse. Nei PJ Masks tutto è nato e sviluppato per i piccoli». Aggiunge Raiano che a questi problemi si è cercato negli anni di rimediare con versioni paffute e ingentilite degli stessi supereroi, ma sono state soluzioni che hanno finito per non piacere né ai piccoli né ai bambini più grandi.

A rendere possibile l’attuale assetto, passando diverse mani di resina buonista, è stata la Disney, che ha coprodotto la serie e che ha raggiunto uno dei suoi obiettivi: combattere l’ascesa di Nickelodeon e dei suoi Paw Patrol nella fascia prescolare. C’è in tutti i casi da sottolineare come la presenza di cartoni animati sempre più edulcorati è una realtà diffusa. Chi avesse in mente gli storici cartoni di Puffi, Heidi, Ape Maia e le confrontasse con le versioni attuali rimarrebbe inorridito dalla attuale mancanza di qualsiasi salacità o veemenza. Un confronto da cui escono ancora peggio grandi classici del cattivismo, come Tom&Jerry o Wile E. Coyote e Beep Beep, in cui martelli, motoseghe e ceffoni sono lontani ricordi. Ma, va detto, non è un segno dei tempi, quanto piuttosto una necessità di posizionamento: ora ci sono canali per diverse fasce d’età, fino a solo una decina di anni fa c’erano canali che mischiavano i vari target, con differenziazioni basate soprattutto sulle fasce orarie.

Non bisogna in ogni caso sopravvalutare eccessivamente il ruolo della tv. In Italia, dove sono arrivati su Disney Channel, il fenomeno è esploso dopo l’arrivo in chiaro su Rai Yoyo (dove peraltro sono vietate da qualche mese le pubblicità). Tuttavia la programmazione era inizialmente in fasce orarie secondarie. A dare la spinta, spiega Raiano, è stato il web, da Youtube all’applicazione Rai Play. L’Italia è diventato il secondo Paese dopo gli Usa per visualizzazioni online dei PJ Masks. Anche questo, come confermerebbe il giocattolaio di cui sopra, è un segno che alla fine la differenza la fanno gli stessi bambini.


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