Cinque Stelle, un vaffanculo lungo dieci anni

L’8 settembre 2007 Beppe Grillo lanciava a Bologna il V-Day. Da quell’esperienza è nato il Movimento Cinque Stelle, fenomeno particolarissimo che ha trasformato per sempre la politica italiana. La lunga metamorfosi da movimento antisistema a partito che aspira al governo

Potevano continuare a chiamarlo comico, come avevano sempre fatto. Al massimo spingersi a definirlo blogger, perché all’epoca andava di moda così. Ma che Beppe Grillo potesse diventare anche uno dei principali leader politici del Paese, in pochi potevano immaginarselo. Almeno fino a quando non è salito su quel canotto arancione in Piazza Maggiore, a Bologna, sospinto dalle mani dei cinquantamila sostenitori arrivati da tutta Italia per urlare il loro vaffanculo al nemico, la casta. Dieci anni. Sono passati esattamente dieci anni dal V-Day che l’8 settembre del 2007 ha anticipato la nascita del Movimento 5 Stelle. Un movimento di irregolari uniti dal web, poi dalla voglia di cambiare il Paese, quindi dalle piazze e, infine, dalle urne. Un decennio più tardi i Cinque Stelle sono diventati un movimento di massa. Raccolgono milioni di voti, contano 123 fra deputati e senatori, i sindaci di Roma e di Torino. E a fine settembre esprimeranno anche un candidato premier, puntando per la prima volta a Palazzo Chigi.

«Prima di quel V-Day, i grillini erano totalmente ignorati, il giorno dopo tutti sapevano che potevano riempire le piazze», ricorda Roberto Biorcio, sociologo che ha studiato la cavalcata dei 5 Stelle nella politica italiana. Era proprio così. Convinto che si trattasse di un fenomeno passeggero, in quei giorni Eugenio Scalfari scriveva su Repubblica: «La forma, specie nella vita pubblica, è sostanza, e chi inneggia al “vaffanculo” partecipa consapevolmente a quelle invasioni barbariche che connotano gran parte della nostra mediocre e inselvaggita attualità». Quello che stava succedendo era qualcosa di nuovo e inspiegabile per molti osservatori. Una rivoluzione, comunque la si pensi, che ha cambiato la politica italiana. «Quel giorno – continua Biorcio – i Cinque Stelle raccoglievano firme per reintrodurre le preferenze, introdurre un limite a due mandati e impedire che i condannati sedessero in Parlamento. Progressivamente questi sono diventati temi inseguiti da tutti i partiti, almeno a parole». Quell’8 settembre Grillo e i suoi raccolsero più di 300mile firme. Ma forse neppure loro si immaginavano la reale portata di quell’iniziativa. «Dare voce al malcontento dei cittadini nei confronti della politica, utilizzando le parole e il modo di pensare della gente comune – continua Biorcio – ha trasformato il M5S in un partito che ha messo fine al bipolarismo e alla tradizionale alternanza fra centrodestra e centrosinistra».

Esattamente dieci anni fa Bologna ospitava il V-Day. Quello che stava succedendo era qualcosa di nuovo e inspiegabile per molti osservatori. Una rivoluzione, comunque la si pensi, che ha cambiato per sempre la politica italiana. Quell’8 settembre Grillo e i suoi raccolsero più di 300mile firme. Ma forse neppure loro si immaginavano la reale portata di quell’iniziativa

Dieci anni dopo è già tempo di bilanci. «I Cinque Stelle rappresentano un fenomeno molto interessante, un’altra grande eccezionalità italiana», racconta Edoardo Novelli, docente di comunicazione politica all’Università Roma Tre. Quando Grillo si presenta a Bologna, il sistema politico italiano cambia per sempre. Da questo punto di vista il V-Day può essere paragonato alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, tredici anni prima. Le due esperienze accompagnano un più generale processo di trasformazione della politica italiana. Una fase caratterizzata, tra le alte cose, dall’avvento di nuove forme di comunicazione, dalla personalizzazione e dalla spettacolarizzazione del messaggio, soprattutto dal tramonto dei partiti tradizionali. «I Cinque Stelle si legano a questo processo, non a caso sono un movimento fondato da un comico che sfida il sistema politico dall’esterno. Sfruttando la popolarità che si è creato in tv e nei teatri».

Non solo antipolitica, però. Tra le grandi innovazioni portate dai grillini c’è ovviamente l’uso sistematico della Rete. Per incontrarsi, per organizzarsi e per mobilitare il consenso. «Sono i primi a presentarsi come il partito della democrazia digitale», sottolinea Novelli. «Grillo ha l’intuizione del blog, sotto cui unifica una serie di soggetti già attivi a livello locale: i meetup». Una rivoluzione riuscita? Il dibattito è apertissimo. «Eppure mi sembra che in tutte le esperienze di governo, penso ad esempio a Roma, i Cinque Stelle non siano ancora riusciti a portare avanti percorsi di democrazia diretta». Lo scorso anno Novelli ha pubblicato con Carocci un libro dal titolo “La democrazia del talk show”. In questi giorni sta scrivendo un testo sulle campagne elettorali italiane che uscirà all’inizio del prossimo anno. Sono proprio le elezioni del 2013, racconta il docente, a rappresentare una svolta importante nell’esperienza dei Cinque Stelle. È una campagna paradossale, per certi versi. «Grillo stravince profetizzando l’avvento della Rete, ma lo fa grazie alle televisioni che gli danno grande visibilità. È una vittoria conquistata con una lunga serie di comizi nelle piazze, come nella più antica tradizione politica italiana».

A sentire il deputato epurato Massimo Artini il progetto dei CInque Stelle è fallito. Una bella promessa non mantenuta. «Ormai ai progetti si preferiscono gli slogan: anche sui territori non viene premiato chi merita, ma chi urla di più. Ecco, quella davvero tradita è la voglia di cambiamento. Intanto la struttura orizzontale degli esordi si è trasformata in un movimento gerarchico, fortemente controllato dai vertici»

Le prime trasformazioni arrivano dopo l’ingresso in Parlamento. Anche quelle mediatiche. Se agli inizi evitano i talk show come la peste, in poco tempo i grillini scoprono la televisione. «Il momento di grande rottura – insiste Novelli – si consuma quando Grillo accetta di partecipare a una puntata di Porta a Porta. Quando anche lui capisce che senza tv non si vincono le campagne elettorali». Non è l’unica metamorfosi. Da movimento antisistema, i Cinque Stelle diventano una forza politica che oggi ambisce a governare l’Italia. Un passaggio evidenziato dal debutto del probabile candidato premier Luigi Di Maio, domenica scorsa, al workshop Ambrosetti di Cernobbio. Le opinioni divergono. Secondo Biorcio, «il M5S nei punti essenziali non è cambiato. La differenza rispetto al passato, semmai, è rappresentata proprio dall’accesso alle posizioni istituzionali e di governo, che in questi anni hanno formato un personale politico relativamente esperto». In sostanza, è il contesto in cui i seguaci di Grillo si muovono a essere cambiato rispetto ai tempi del primo Vaffanculo. «Quello che stanno facendo ora, a partire da Di Maio – osserva ancora il sociologo – è in continuità con quello che è successo a Roma e Torino. I 5 Stelle hanno mantenuto una spinta critica verso i politici e la politica, tanto che continuano a non volere alleati. Ma nello stesso tempo devono dimostrare di poter governare ascoltando le esigenze dei cittadini». Un equilibrio di lotta e di governo sempre difficile, come dimostrato dal caso precursore, la Lega Nord di Umberto Bossi. «Da una parte – conclude Biorcio – c’è un elettorato che si è in parte consolidato ed è fedele al Movimento, dall’altra c’è un livello di attivisti che si sono professionalizzati, anche se a loro non piace dirlo».

Intanto qualcuno si è perso per strada. I primi dieci anni del Movimento sono caratterizzati anche da una lunga serie di epurazioni ed allontanamenti. Spesso tutt’altro che spontanei, perché fra i grillini c’è un’ortodossia ferrea da rispettare. A Parma è stato cacciato Federico Pizzarotti, il primo sindaco a Cinque Stelle di una grande città. In Parlamento tanti deputati e senatori sono stati via via espulsi per dissidi con i vertici. Tra loro c’è Massimo Artini, toscano, vicepresidente della commissione Difesa a Montecitorio. Oggi è il portavoce di Alternativa Libera, un movimento creato proprio da una pattuglia di ex grillini. Il progetto dei Cinque Stelle? A sentire lui è fallito, una bella promessa non mantenuta. Il dispiacere si accompagna alla nostalgia degli esordi, le prime esperienze amministrative sui territori: «All’epoca la base contava ancora». Artini entra alla Camera nel 2013, ma il sogno dura poco. Un anno e mezzo dopo viene cacciato dal M5S. «Ufficialmente per una questione legata ai rimborsi – dice – In realtà un deputato capace di raccogliere consenso e non eterodiretto da Milano era troppo scomodo per il Movimento». Milano è la sede della Casaleggio. Ma il bilancio del fenomeno Cinque Stelle? «Una forza che aveva il 25 per cento non è riuscita a portare a casa nessun risultato – risponde l’ex -. Ormai ai progetti si preferiscono gli slogan: anche sui territori non viene premiato chi merita, ma chi urla di più. Ecco, quella davvero tradita è la voglia di cambiamento. Intanto la struttura orizzontale degli esordi si è trasformata in un movimento gerarchico, fortemente controllato dai vertici».

Fenomeno complesso, i Cinque Stelle. Una realtà politica ormai radicata, eppure, sondaggi alla mano, ancora in ascesa. Per fare una sintesi a dieci anni dall’esordio, Novelli ricorre a una citazione di Pietro Nenni. «Mettiamola così, una volta archiviata la fase pirotecnica e innovativa dei “vaffa”, quando sono entrati nella stanza dei bottoni non si sono dimostrati all’altezza». La parola agli elettori.

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