C’è chi ci va giù pesante con l’alcool (Iron Man), chi non sa fare a meno delle pillole (Moon Knight) e chi finisce per diventare un tossico di prima categoria (Arsenal, due volte). Per non parlare di chi, ad altre latitudini, ha una perversione per le giovani donne (Lupin III) o farebbe di tutto piuttosto che lavorare, pesando sulla propria famiglia come il peggiore dei Neet (Goku). In ogni caso, si meritano tutti una pagina a fumetti. Supereroi o meno non fa differenza. Pensate a Corto Maltese. Al marinaio giramondo creato da Hugo Pratt e riproposto quest’estate sulle pagine di Repubblica (in un’avventura inedita dal titolo Equatoria, scritta e disegnata da Juan Diaz Canales e Ruben Pellejero), piace fumarsi una sigaretta mentre naviga nel Pacifico o mentre rimira l’orizzonte dalla costa africana. Un’abitudine che, per i lettori, descrive al massimo grado la libertà di un personaggio che non conosce confini o tabù. Ma che, per il Codacons, rappresenta un subliminale invito a fumare diretto ai giovani lettori. Tanto che il 26 agosto è arrivata la denuncia.
In un comunicato, l’associazione a difesa dei consumatori non fa sconti: l’ultima avventura di Corto Maltese contiene «un messaggio scorretto, ineducativo, fuorviante e pericolosissimo per il continuo e ripetuto lasciarsi andare, da parte del personaggio del popolare fumetto, al vizio del fumo». Nel mirino del Codacons, in particolare, ci sarebbe la «violazione del divieto di propaganda pubblicitaria dei prodotti da tabacco nonché una forma di pubblicità pericolosa contenente messaggi di istigazione al fumo, in particolare verso i minorenni». Una preoccupazione, quella del Codacons, legittima sul fronte della prevenzione al tabagimso che in Italia fa 70 mila morti all’anno. Ma che spara a salve, sollevando le critiche dei fan e svelando un pregiudizio molto frequente a chi guarda da fuori il mondo dei comic: considerarlo un prodotto per bambini talmente indifesi da lasciarsi influenzare nel commettere le peggio cose.
L’ultima avventura di Corto Maltese contiene «un messaggio scorretto, ineducativo, fuorviante e pericolosissimo per il continuo e ripetuto lasciarsi andare, da parte del personaggio del popolare fumetto, al vizio del fumo»
Certo, la nona arte ha dato spazio a tutti i peggiori vizi della nostra società. Ma lo ha fatto senza sforzi. Gente come Stan Lee o Jack Kirby (di cui si è appena celebrato il centenario dalla nascita il 27 agosto), Alain Moore o Frank Miller hanno solo preso spunto dalla realtà. Dalle persone che ci circondano ogni giorno: lo studente che cerca di finire il dottorato (Spider-man), il miliardario tutto donne e viaggi (Batman), il giornalista (Superman), ecc. Tutta gente con una vita all’apparenza normale ma che sotto la divisa da lavoro porta una tutina in lattex, pronti a spogliarsi in una cabina telefonica. Senza che questo abbia mai provocato un’irrefrenabile voglia di esibizionismo fra i lettori. Anzi, molto spesso le persone che si scandalizzano sono le stesse che non hanno aperto un albo nemmeno in gioventù o quelli che leggevano Tex Willer e non ricordano le paglie che il ranger si fumava fra un canyon e l’altro (o il suo abilissimo uso della pistola, mamma mia, che delinquente). In ogni caso, rientrano all’interno del gruppo degli epigoni di Wertham.
Psichiatra di origine tedesca, Fredric Wertham nel 1954 diede alle stampe La seduzione dell’innocente. Un libro la cui tesi è facilmente riassumibile in “i fumetti corrompono i giovani”. Il clamore e il successo mediatico del saggio rivoluzionarono il mondo del fumetto americano, inducendo gli editori a dotarsi di un proprio codice di autoregolamentazione: il Cca (Comic Code Authority). Niente scene horror. Mostri, vampiri e simili relegati all’underground. Violenza e crimini ridotti al minimo. Sesso e scene di nudo va de retro. Vizi, abusi e dipendenze nascoste sotto il tappeto. Ma durò poco. Nel 1971, su richiesta dell’ente statale americano per la lotta alle dipendenze, Stan Lee scrisse una storia di Spider-man che affronta il problema della droga in modo diretto, con Peter Parker che si ritrova a salvare dalla dipendenza da sostanze non ben specificate (Lsd? Antifiammatori? Barbiturici?) l’amico Harry Osborn. Un successo nonostante il diniego del Cca, motivo per il quale l’albo andò in stampa senza il logo dell’authority in copertina. Non solo. Gli albi dimostrarono, una volta di più, che la censura non era la strada giusta.
Psichiatra di origine tedesca, Fredric Wertham nel 1954 diede alle stampe La seduzione dell’innocente. Un libro la cui tesi è facilmente riassumibile in “i fumetti corrompono i giovani”. Il clamore e il successo mediatico del saggio rivoluzionarono il mondo del fumetto americano, inducendo gli editori a dotarsi di un proprio codice di autoregolamentazione (Comic Code Authority): niente scene horror, mostri, vampiri e simili, violenza o crimini. Sesso e scene di nudo va de retro
Ma nel frattempo anche l’età senza macchia e senza paura della Golden Age era finita. Si facevano avanti i “supereroi con superproblemi” della Silver Age. Una tendenza che andò accentuandosi dagli anni ’80 sotto il segno del “grim” (truce, cupo). Ecco allora fare la sua comparsa, nel 1988, uno dei maggiori fumatori della storia dei fumetti: John Constantine. Protagonista del titolo Hellblazer, Constantine è la versione straniera di Dylan Dog. Ma a dispetto della passione per gli animali del secondo, il primo non può fare a meno di una stizza (tanto che chi lo circonda si rivolge a lui dandogli del “chain smoker”, fumatore seriale). Un abitudine che lo sta portando a morire di cancro mentre combatte a colpi di magia e lingua lunga per mantenere l’equilibrio fra Paradiso e Inferno sulla Terra, prendendosi gioco di entrambi. Stessa malattia che ha portato Deadpool a trasformarsi in un giustiziera mascherato che non disegna parolacce, torpiloqui, insulti e satira in dialoghi che hanno come primo interlocutore il lettore. Grazie alla sua autocoscienza, Deadpool sa di essere un personaggio finzionale e sfrutta il suo vantaggio per instaurare un rapporto provilegiato con i fan che in lui vedono prima di tutto l’amico fuori dalle righe con cui si è cresciuti. E che dire di una figura come Gambit? Gioca a carte come non ci fosse un domani. Sempre “all-in”. Soprattutto con le donne a cui non risparmia una certa dose di mascolinità non richiesta. Finché non trova la donna della sua vita e inizia un tira e molla che gli ruba il cuore.
Insomma, gli esempi non mancano. Nemmeno in Italia. Detto di Tex Willer e Corto Maltese, cosa si può aggiungere di Diabolik, del già citato Dylan Dog, di Kriminal, Valentina, Giuseppe Bergman, Ranxerox, Druuna e molti altri? Antieroi, comuni mortali deviati o icone della criminalità e della corruzione infantile? Niente di tutto questo. Lo spiegano bene alcune parole di Grant Morrison, autore fra gli altri di Flex Mentallo (un fumetto che parla della storia dei fumetti e della loro genesi immaginifica): «Le nostre teste sono abbastanza grandi da contenere ogni dio e ogni demone. Così grandi da contenere il peso degli oceani e le stelle che girano. Insomma, ci sta tutto l’universo. Ma cosa decidiamo di conservare? Solo piccoli frammenti con cui continuiamo a giocare. Il mondo gira la chiave della nostra mente e noi continuiamo con lo stesso gioco perché è tutto ciò che siamo». Esseri umane che alle critiche dei benpensanti si accendono una sigaretta e continuano a salvare il mondo, nonostante i brutti vizi e le reprimende del Codacons.