Molti guardano a destra, molti altri a sinistra, qualcuno aspetta ancora il momento di schierarsi. E intanto l’eterno sogno di un grande centro tramonta all’orizzonte della politica italiana. Sono bastate le prime avvisaglie di una campagna elettorale che si annuncia molto combattuta per dividere i numerosi eredi della vecchia Balena bianca. L’addio ai sogni di una corsa solitaria coincide con il ritorno di Silvio Berlusconi al tavolo del centrodestra. È ancora il Cav – con gli auspici della cancelliera tedesca Angela Merkel, che vuole scongiurare un governo populista – il perno del Partito Popolare europeo in Italia. Non le varie correnti centriste che agognavano di fare l’ago della bilancia dopo il voto.
La prima spaccatura di quella che doveva essere la Democrazia Cristiana 2.0 si sta consumando in Sicilia, dove il 5 novembre sono in programma le elezioni Regionali. Alternativa Popolare, sigla erede del Nuovo Centrodestra fondato da Angelino Alfano, ha deciso di correre insieme al Pd a sostegno della candidatura civica di Fabrizio Micari, rettore dell’Università di Palermo. A lungo corteggiato dal centrodestra e dal centrosinistra, alla fine Alfano ha scelto di rimanere dalla parte di Matteo Renzi. Per qualcuno è il segnale di un accordo che confermerà l’attuale alleanza di governo anche alle prossime Politiche. Eppure tra i centristi sono in molti a non condividere la strategia del ministro degli Esteri: in Sicilia Alfano ha un suo peso elettorale rilevante, ma i suoi elettori sono tradizionalmente schierati con il centrodestra. Un rischio, dunque, tanto che diversi esponenti siciliani di Alternativa Popolare sarebbero pronti a mettere in discussione la strategia del leader. Secondo una ricostruzione del Corriere della Sera, alcuni senatori siciliani sarebbero persino pronti a sostenere più o meno apertamente Nello Musumeci, il candidato del centrodestra (scelto da Berlusconi, Salvini e Fratelli d’Italia), contro la linea del partito.
A lungo corteggiato dal centrodestra e dal centrosinistra, alla fine Alfano ha scelto di rimanere dalla parte di Matteo Renzi in Sicilia. Per qualcuno è il segnale di un accordo che confermerà l’attuale alleanza di governo anche alle prossime Politiche
Non solo la Sicilia. Anche in Lombardia – dove il prossimo anno si terranno Regionali e Politiche – la galassia centrista ha un ruolo determinante. Gli ex berlusconiani sono saldamente nella maggioranza di centrodestra che sostiene il governatore in carica, il leghista Roberto Maroni. E in pochissimi potrebbero scegliere l’intesa a sinistra a cui sta lavorando Alfano. È vero che il mondo ciellino, tradizionale serbatoio di voti e di relazioni in Lombardia, non è più un monolite come un tempo. La quasi certa candidatura di Giorgio Gori sta esercitando una certa attrazione trasversale, anche perché Gori ha usato parole positive verso la gestione di Roberto Formigoni. Ma i big centristi sono praticamente tutti orientati a rimanere nel campo di centrodestra. Ovviamente Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera di Ap, ma anche lo stesso ex governatore Formigoni e Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio regionale. Ma dove si collocheranno? Escluso un repentino ritorno in massa in Forza Italia, come già hanno fatto due consiglieri. Probabile che, almeno alle Regionali, gli ex berlusconiani entrino nella lista Maroni, sintesi governativa delle varie anime del centrodestra. Ma ci sono due incognite che cristallizzano al momento la situazione. La prima è, appunto, il caso siciliano. La seconda sono le mosse di Stefano Parisi, fondatore del Movimento Energie per l’Italia: in autunno Parisi potrebbe lanciare una lista di centrodestra per le prossime scadenze elettorali. Un raggruppamento moderato vicino a Forza Italia, ma distinto. A quel punto i centristi che non vogliono un’alleanza con il Pd potrebbero candidarsi sotto quel simbolo. In Lombardia come altrove.
in autunno Parisi potrebbe lanciare una lista di centrodestra per le prossime scadenze elettorali. Un raggruppamento moderato vicino a Forza Italia, ma distinto. A quel punto i centristi che non vogliono un’alleanza con il Pd potrebbero candidarsi sotto quel simbolo
Non tutti seguiranno eventualmente Parisi. Guarda al Partito democratico, ad esempio, Pierferdinando Casini. L’ex presidente della Camera, leader dei centristi per l’Europa è pronto al grande salto. Tra pochi giorni, per la prima volta nella sua lunga carriera, parteciperà alla Festa dell’Unità di Bologna. E con lui ci sarà il collega Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente. Non è una scelta ideologica. Piuttosto obbligata, spiegano loro, dall’impossibilità di allearsi con un centrodestra a trazione populista e leghista. L’Udc guidato dal segretario Lorenzo Cesa, invece, guarda dalle parti di Parisi e di Berlusconi. Così come Gaetano Quagliariello, ex ministro nel governo Letta, che con il suo movimento Idea parla di identità e sicurezza. Come ancora l’ex ministro Raffaele Fitto o l’ex leghista Flavio Tosi e diversi eredi della Scelta Civica montiana. Intanto della vecchia Balena Bianca resta solo il ricordo. La legge elettorale vigente alla Camera – quella rimasta in piedi dalla sentenza della Corte Costituzionale – non aiuta a salvaguardare le singole identità. E se non verrà cambiata bisognerà dar vita a compositi listoni che porteranno acqua al mulino del possibile vincitore, a destra come a sinistra. Tra tante incognite, resta solo una certezza: nessuno tra i leader centristi si avvicinerà al Movimento Cinque Stelle.