L’empatia è un muscolo, alleniamola ogni giorno

Empatizzare significa reagire con un’emozione a quella di un altro. Un'abilità fondamentale per consolidare la propria reputazione e comprendere le ragioni dietro alle decisioni e ai comportamenti altrui

Tendiamo a sottovalutare l’importanza dell’empatia nelle nostre relazioni, anche lavorative, spesso concentrandoci soltanto sugli aspetti negativi delle stesse: avere un collega psicopatico o narciso, per esempio. I tedeschi scomoderebbero il vecchio concetto romantico della schadefreude, addirittura, quella sorta di godimento compiaciuto nel vedere le sofferenze altrui.

Eppure l’empatia è una skill fondamentale, oggigiorno, per costruire e rafforzare legami in una realtà complessa e dinamica; per consolidare la propria reputazione e comprendere le ragioni delle decisioni altrui.

Empatizzare significa appunto reagire con un’emozione a quella di un altro: sentirsi triste quando un amico/un’amica è triste; provare compassione per il dolore degli altri.

Ma che cos’è, l’empatia?

Diciamo che ci sono due possibili accezioni da tenere in conto: una è più cognitiva – razionale, e riguarda la capacità di analizzare un contesto in prospettiva, vale a dire di pensare a come si sente una persona in una certa situazione. Le emozioni che prova, i pensieri che fa, le motivazioni che la guidano verso una certa scelta.

L’altra, invece, direttamente collegata alla prima, è più esperienziale-emotiva. Empatizzare significa appunto reagire con un’emozione a quella di un altro: sentirsi triste quando un amico/un’amica è triste; provare compassione per il dolore degli altri. Biologicamente, sono in azione anche i mitici neuroni specchio, che ci consentono di provare fisicamente la stessa sensazione di dolore che osserviamo negli altri.

Ora, diciamo che allenare l’empatia come un’abilità cognitiva non è una cattiva idea, per vari motivi.

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