Dopo aver perso i porti, le isole e un sacco di tempo, ai greci sono rimaste solo le spiagge. Anzi, a ben guardare neanche quelle, visto che la nave-cisterna Agia Zoni II, affondata sabato vicino all’isoletta di Atalanta, poco lontano dal Pireo, sta rilasciando in acqua il petrolio greggio custodito al suo interno. Da lunedì, poi, la situazione è diventata drammatica: i venti e le correnti hanno trasportato il petrolio fino alle spiagge, dove è apparso nella tarda mattinata di mercoledi 13. In particolare, sulle coste di Piraiki e Freatida, zone dove vanno gli ateniesi per un bagno in giornata – e da dove partono i pescatori per andare al largo. Nemmeno le spiagge, si diceva.
Secondo le stime degli esperti, almeno 300 tonnellate di masut, cioè il residuo della distillazione del petrolio greggio, si sono già riversate in mare. La guardia costiera è già all’opera per spargere agenti chimici in acqua nel tentativo di contrastare l’inquinamento. Ma dentro alla Agia Zoni II ci sono ancora 2.270 tonnellate di carburante. Usciranno? Non usciranno? Nel dubbio si pensa di chiudere tutti i porticcioli della zona.
Nel frattempo sono già cominciate le polemiche: le autorità sono accusate di aver agito in ritardo: la nave è affondata sabato, le operazioni sono cominciate nei giorni successivi. I residenti in particolare sottolineano la lentezza con cui sono state disposte le barriere galleggianti: qualche ora in meno sarebbe bastata per evitare il disastro ambientale. Inoltre non è nemmeno chiaro per quali motivi sia affondata la Agia Zoni II. Le autorità sostengono che tutto sia sotto controllo. Ma i venti e le onde, in realtà, sono difficili da prevedere. Forse perfino più dei mercati.
Video: Agios Kosmas