TaccolaAlitalia, tutti i punti oscuri nell’offerta di Lufthansa

La compagnia tedesca potrebbe portare una gestione efficiente nel vettore. Ma i cittadini hanno diritto di sapere prima delle elezioni alcuni aspetti: quanti saranno i veri esuberi, se Etihad rientrerà in partita senza accollarsi i debiti, chi pagherà i 900 milioni del prestito ponte

Marc TIRL / dpa / AFP

Sia Lufthansa che Easyjet sono dunque nella partita per l’acquisto di Alitalia o per meglio dire di alcune sue parti. Con l’apertura delle buste, alle 18 del 16 ottobre, i due vettori sono risultati tra i sette nomi di possibili acquirenti. Mentre sulle intenzioni di Easyjet si sa poco – ma la storia della compagnia fa pensare a un interesse principalmente per le rotte -, molto di più è uscito nei giorni scorsi sul disegno che ha in mente Lufthansa. Molto ma ancora poco, visto che ci sono ancora ombre su temi chiave, che potrebbero spostare di molto il conto finale per il contribuente italiano: quale sarà il ruolo di Etihad (da alcuni indicata come il vero finanziatore dell’offerta), quale quello di Cdp (che sotto elezioni potrebbe essere tirata in ballo per ridurre gli esuberi), quale il futuro dei dipendenti, in particolare di quelli della manutenzione, della direzione e dell’handling.

Cosa sappiamo

Lunedì 16 ottobre con una nota il gruppo tedesco ha fatto sapere di essere interessato sia al network globale che al business a medio e corto raggio point-to-point. Una formula che in realtà vuol dire poco, perché lascia aperte moltissime soluzioni. Quello che è stato chiarito dai suoi vertici è invece che il vettore è interessato non a tutta l’attuale Alitalia (nata come “good company” della vecchia Alitalia, mentre la bad company si chiama Lai in amministrazione straordinaria), ma una nuova Alitalia. Si tratterebbe quindi di creare una nuova bad company. Il resto è trapelato dalle anticipazioni del Corriere della Sera dello stesso 16 ottobre: l’offerta sarebbe di circa 500 milioni di euro (400 in meno quindi del valore del prestito ponte da 900 milioni accordato dal governo); a interessare sarebbe soprattutto la parte aviation (flotta, piloti, assistenti di volo, slot), mentre rimarrebbe un punto di domanda sulle attività di manutenzione e tutta la parte non aviation, cioè le attività di handling (personale di terra e gestione bagagli). Questo comporterebbe l’assunzione di circa 6mila dipendenti su 12mila. Le attività di corto e medio raggio si ridurrebbero, ma si incrementerebbe la presenza in Italia di Eurowings (ex Germanwings), la compagnia a basse tariffe (ma con costi operativi superiori a quelli di Alitalia) del gruppo Lufthansa.

Come sottolinea Gaetano Intrieri, docente di controllo di gestione all’Università di Tor Vergata (Roma) e consulente aeronautico, «tra le offerte possibili, quella di Lufthansa è la migliore, perché finalmente dopo 30 anni in Alitalia arriverebbero dei manager capaci e che conoscono il settore». Il vettore tedesco può anche vantare un passato di integrazioni di successo, da Swiss International Airlines alla belga Brussels Airlines (nata dalle ceneri della Sabena) ad Austrian Airlines. «Io da cittadino – aggiunge – voglio però sapere quale sarà il conto per i contribuenti di questa operazione».

Sono molte le domande che riguardano l’offerta di Lufthansa e che potrebbero far cambiare il conto per i contribuenti: quale sarà il ruolo di Etihad (da alcuni indicata come il vero finanziatore dell’offerta), quale quello di Cdp (che sotto elezioni potrebbe essere tirata in ballo per ridurre gli esuberi), quale il futuro dei dipendenti, che fine faranno i 900 milioni del prestito ponte pubblico ad Alitalia

Ecco i principali punti da chiarire:

1- Quanti saranno gli esuberi reali?

Ci si può basare solo sulle anticipazioni di stampa. Attualmente i lavoratori in Alitalia sono circa 12mila. Di questi, circa 7mila afferiscono alla parte aviation, tra personale di volo (circa 4.500 persone), manutenzione e direzione. Gli altri fanno parte dell’area di handling, la quale conta anche una buona fetta di personale con contratto a tempo determinato. Circa 1.300 persone sono in cassa integrazione (il numero è variabile in base ai mesi). Se fossero vere anticipazioni e l’offerta di Lufthansa di tenere 6mila persone fosse relativa solo alla parte aviation, si tratterebbe di un taglio di mille dipendenti sulla parte aviation. «Bisogna verificare se questi numeri siano veri», mette in guardia Nino Cortorillo, segretario nazionale della Filt-Cgil. Secondo il sindacalista se l’operatività dei voli rimanesse in piedi, i tagli sul personale viaggiante sarebbero limitati, perché il personale in volo non può essere tagliato per motivi di sicurezza. Le integrazioni delle compagnie effettuate in passato non sono troppo rassicuranti. Se è vero che il gruppo ha assicurato a ciascuno dei tre Paesi in cui è entrata da acquirente (Svizzera, Austria, Belgio, ndr) un proprio ruolo nel network, è anche vero che «il volato è stato drasticamente ridotto, nel caso della Swiss di circa il 30% – nota Cortorillo -. In ogni caso ogni caso è diverso, perché l’Italia ha un mercato interno che gli altri tre Paesi non avevano».

Molto più in dubbio è il destino di chi lavora negli uffici direzionali: i casi delle acquisizioni precedenti, nota il sindacalista, dicono che Lufthansa tende a centralizzare fortemente tale funzioni. Anche sulla manutenzione pesante, oggi divisa tra Israele (IAI-Bedek) e Napoli (Atitech), ci sono molte nubi. Basti pensare che la Lufthansa Technik, basata a Francoforte, ha un fatturato di 5 miliardi di euro, superiore a quello dell’intera Alitalia (3,3 miliardi nel 2015). Tutto andrà negoziato, ma è possibile che Lufthansa potrebbe voler tenere in Italia solo la manutenzione leggera di linea, cioè quella che si effettua direttamente negli aeroporti.

2- Saranno prese in considerazione offerte separate per voli e handling?

Sul fronte del lavoro, il più grande punto di domanda riguarda i lavoratori del settore handling. La gara è stata congegnata come unica ma con la possibilità in subordine di dividere le offerte tra aviation e handling. Se Lufthansa è interessata solo alla parte aviation (non è chiarissimo dallo scarno comunicato di ieri), è possibile che siano prese in considerazione altre offerte giunte solo per la parte di handling? Alcuni rumors nei giorni scorsi andavano in questa direzione. Sarebbe il famoso “spezzatino” che il governo avrebbe voluto evitare. In caso di acquisizione da parte di un altro operatore (tra i maggiori c’è Airport Handling, ex Sea Handling, ora partecipato dal colosso Dnata del gruppo Emirates), è tutta da verificare la quota dei lavoratori Alitalia che sarà assorbita.

Nella parte di volo, se l’operatività fosse confermata, i tagli ai dipendenti sarebbero per forza di cose limitati. Molto dipenderà da quanti voli saranno tagliati. Più problematiche sono le prospettive per le funzioni direzionali e per la manutenzione pesante. Un grande punto di domanda riguarda poi le attività di handling, a cui Lufthansa non sembra interessata

3- Che ruolo avrà Etihad?

Un altro rumor da verificare è quello che riguarda il ruolo di Etihad. Il vettore di Abu Dhabi, già presente con il 49% in Alitalia, potrebbe giocare un ruolo finanziario di primaria importanza nell’offerta di Lufthansa. Secondo le anticipazioni del Corriere questo ruolo è ancora da definire. «Stiamo assistendo a un rientro dalla finestra di una società che scaricherebbe i debiti della vecchia Alitalia verso la bad company? È una domanda a cui da cittadino vorrei una risposta», sottolinea Gaetano Intrieri.

4- Che fine faranno i 900 milioni del prestito ponte?

Legata alla domanda precedente c’è quella della fine che faranno i 900 milioni (600 più i 300 appena rinnovati) del prestito ponte accordato dal governo? La formula di una “nuova Alitalia” usata da Lufthansa lascia presagire una nuova divisione della società, tra una good company da acquisire da parte del vettore tedesco (o di chi vincerà la gara) e una bad company che, come nei casi precedenti di Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.A. in amministrazione straordinaria, sarà riempita dei debiti della vecchia società. Citiamo da Wikipedia: «Il costo diretto per lo Stato della vendita a Cai ammonta a 1700 milioni per la mancata vendita ad Air France, più 1.200 milioni di debiti rimasti (al 2012) alla cosiddetta “bad company” statale Alitalia LAI dopo la vendita di tutte le attività, più i 300 milioni del cosiddetto “prestito-ponte”, dichiarato aiuto di stato illegittimo dalla Corte di giustizia europea. Il calcolo non considera i costi sociali per i licenziamenti, le società aeroportuali pubbliche come Sea e i risparmiatori». Ricapitolando: il precedente prestito ponte rimase in pancia alla bad company. Solo per avere un’idea di quello che ci aspetta, come contribuenti.

«Stiamo assistendo a un rientro dalla finestra di una società, Etihad, che scaricherebbe i debiti della vecchia Alitalia verso la bad company? È una domanda a cui da cittadino vorrei una risposta»


Gaetano Intrieri, Università di Tor Vergata e consulente aeronautico

5- Cdp metterà dei soldi?

Altri soldi pubblici arriveranno da Cdp? È una delle ipotesi che sono state ventilate nei giorni scorsi. L’intervento della Cassa Depositi e Prestiti o di un fondo come F2i potrebbe essere volto a limitare gli effetti occupazionali di un piano Lufthansa “lacrime e sangue” (questa l’ipotesi rilanciata da Teleborsa lunedì 16 ottobre). Secondo Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano, è uno scenario realistico. I contorni sarebbero tutti politici. «Non credo che la scelta di spostare la decisione definitiva su Alitalia ad aprile sia stata solo un modo per rimandare il problema dopo le elezioni. Penso invece che Matteo Renzi voglia usare la carta di Alitalia in campagna elettorale. È l’unico che potrebbe farlo. Berlusconi sulla quesione non può parlare, dopo il clamoroso errore del 2008 (quando bloccò la vendita ad Air France in nome dell’italianità della compagnia, ndr). Grillo è invece diviso tra la battaglia contro gli sprechi pubblici e quella contro i licenziamenti, non riesce ad avere una posizione chiara». Di qui l’ipotesi che in campagna elettorale l’ex premier e segretario del Pd metta in campo Cdp (già usata peraltro in molte crisi industriali recenti, come l’Ilva). «Penso che sia per questo che a maggio non diede seguito ai suoi annunci sul piano per Alitalia». Tutto bene? No, perché per l’economista dei trasporti il tempo passato è stato perso e a dimostrarlo sarebbe proprio la richiesta di un nuovo prestito ponte, segno che i 600 milioni di euro precedentemente ricevuti sono stati intaccati. «Se una compagnia perde soldi in estate, quando è praticamente impossibile andare in rosso, vuol dire che i mesi invernali saranno durissimi. È uno scenario molto preoccupante».

6- Quale sarà l’hub italiano?

Tra le varie questioni da risolvere ci sarà poi quella della scelta dell’hub. È molto probabile che Lufthansa (se sarà la sua l’offerta migliore) scelga Roma Fiumicino, dove è stato approvato un masterplan per un enorme ampliamento. Avverte però Intrieri che una società come Lufthansa potrebbe non scartare l’opzione di Malpensa, perché in passato sono stati lasciati crescere anche hub vicini ai propri confini, come Vienna. Anche in questo caso, la differenza dal punto di vista occupazionale non sarebbe da poco per un territorio come quello romano.

«Penso che Matteo Renzi voglia usare la carta di Alitalia in campagna elettorale»


Andrea Giuricin, Università di Milano Bicocca

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