Ci risiamo. Ho una vocina nella testa che prova a rimproverarmi invadendo la mia libertà. È la vocina di mia madre che mi chiede se sono sicura di fare la ballerina piuttosto che l’impiegata, la vocina della mia vicina di casa che mi dice “sei un personaggio pubblico quindi devi accettare gli insulti” fino al prete che mi inculcava il peccato originale e la colpa di Eva. Ho la sensazione che stia passando l’idea che le denunce di questi giorni (che siano ballerine, attrici, personaggi televisivi o anche solo aspiranti tali) siano rimaste incagliate in un certo bigottismo che vorrebbe convincerci di prendere queste testimonianze poco sul serio come se chi lavora (anche) con il proprio corpo (sul palco, in tv o sul grande schermo) debba per forza essere considerata peccatrice, poco degna, tentatrice e quindi meritevole di tentativi di molestie.
Ho la sensazione che ancora una volta ci venga detto che siamo noi donne che ci prendiamo troppe libertà, piuttosto che preoccuparsi degli uomini che vorrebbero strapparcele, le libertà. Ho la sensazione che io dovrei rimanere buona buona incastrata nel ruolo che magari mi ero scelta vent’anni fa come se non avessi il diritto di crescere io, il mio lavoro e la mia arte a modo mio. Se siamo state belle, quindi, dobbiamo rimanere ballerine per sempre e non altro?
L’arte è provocazione, racconto, emozioni, immaginazione e se è libera non passa dal ricatto del giudizio. Non si nasconde in un gabinetto privato dove hanno trovato la Maya Desnuda di Goya. L’arte se la scegli ti spoglia sul palco da tutti i tabù. Ma non è un ricatto, è una scelta. È la scelta di raccontare con corpo, mente, anima. L’arte la possono praticare tutti, con i loro gusti, e se una ballerina interpreta una Carmen o una femme fatale non è sinonimo di puttana. E se un pittore o un poeta descrive le curve di una donna o l’atto d’amore o un corpo che esprime il massimo della sensualità non è prostituzione. È arte. Se voglio interpretare la ballerina sbarazzina o il pagliaccio non sono una puttana. È un ruolo che ho scelto. Altrimenti mettiamo al rogo lo spogliarello di Sophia Loren o Jospehine Baker o i calendari Pirelli. E anche i quadri di mezzo mondo che raccontano donne o uomini in paradiso o all’inferno o sull’Olimpo, nudi. Non friggiamo tutto nell’olio bollente del bigottismo. L’arte è libertà. Oppure eviriamo il David di Michelangelo, no?
Ho la sensazione che stia passando l’idea che le denunce di questi giorni siano rimaste incagliate in un certo bigottismo che vorrebbe convincerci di prendere queste testimonianze poco sul serio come se chi lavora (anche) con il proprio corpo debba per forza essere considerata peccatrice, poco degna, tentatrice e quindi meritevole di tentativi di molestie
Poi puoi scegliere di girare la faccia oppure immedesimarti nel ruolo o ballarci insieme in una danza frenetica che ti porta all’estasi, a un ricordo, a una sensazione. Ma l’arte non deve passare attraverso un’etichetta per esprimersi. E se pensate che vi venga imposta vi sbagliate: potete scegliere di non guardare e non emozionarvi così magari non vi sentirete provocati. Anche se poi, ci racconta la storia, imploderete nella vostra prigione bigotta e cercherete di spegnere tutta la bellezza perché vi provoca rabbia. Allora sappiate che non ci sarà salvezza nemmeno dietro un burqa o una gonna lunga fino alle caviglie. Non si calcolano le calorie nell’arte: i confini l’arte non li prende proprio in considerazione. L’arte non è manipolatrice ma lo è il significato che cercate di imporle. Voglio essere libera di guardare un magnifico corpo su un quadro e soffermarmi sullo sguardo ammiccante ed emozionarmi sulle labbra perfette disegnate dalla bellezza. Se la bellezza vi desta qualcos’altro rispetto alla meraviglia, il piacere e la misura allora chiudetevi a chiave nella vostra setta bigotta e lasciatemi libera.
Ma siamo sicuri che le denunce di questi giorni non siano inquinate dall’invidia per la bellezza? Ma quindi ancora l’arte e lo spettacolo sono sinonimo di prostituzione? Poi non venitemi a chiedermi di farvi i nomi.