TaccolaI 10 anni che hanno sconvolto l’industria dell’auto: ora i lavoratori italiani sono un quinto dei tedeschi

Nel decennio 2007-2016 si sono prodotte in Italia la metà delle auto del decennio precedente. A patirne le conseguenze sono stati soprattutto i lavoratori delle carrozzerie e indotto. Volano invece i camion, mentre è proprio finita l’era dei caravan

MARCO BERTORELLO / AFP

Sono dieci anni ma sembrano molti di più. A causa della crisi, ma anche della tecnologia e degli stili di vita, il mondo dell’auto è cambiato drasticamente. Lo si capisce guardando le statistiche diffuse dall’Anfia, l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica. Il primo dato è quello sull’occupazione. C’è stato un crollo? Sì, ma non dove tutti puntano il dito, cioè la Fca. I numeri dicono che nel 2008 gli addetti alla produzione di automobili erano 68.500, nel 2015 66mila. Un calo, ma lieve. È altrove che che c’è stato lo smottamento. Le parti e accessori di autoveicoli – il comparto cioè dei componenti – hanno visto scendere in dieci anni gli addetti da 86mila a 72mila. Diminuzione ancora più netta, fatte le debite proporzioni, per chi costruisce carrozzerie (da quasi 17mila a poco più di 10mila addetti), mentre stabili sono i lavoratori dei componenti elettrici ed elettronici.

Conclusione? Che l’allargamento delle filiere da cui si rifornisce Fca è stato sì rimpiazzato dalle aziende più vivaci dell’indotto con contratti con le altre case (quasi 20 miliardi di export e un saldo commerciale positivo per oltre 5 miliardi); ma che in questo processo sono rimasti morti e feriti, metaforicamente parlando.

A conti fatti, tutti questi lavoratori, che si definiscono addetti diretti alla produzione di autoveicoli, sono crollati da 183mila a 160mila. Per fare un confronto, in Germania sono 850mila, oltre cinque volte tanto. È un numero stratosferico che non ha uguali in Europa, ma in Francia sono comunque 224mila e sopra l’Italia, per occupati, ci sono anche Polonia e Romania.

Se in Italia si contassero anche tutti i produttori indiretti, per esempio chi fabbrica pneumatici o cuscinetti, si arriverebbe a 252mila persone, mentre contanto anche gli addetti indiretti, dai venditori ai benzinai, dai tassisti ai camionisti, si supererebbe quota 1,16 milioni. Questo per dire che l’automotive è ancora una spina dorsale della produzione industriale (7% del settore manifatturiero) e di tutta l’occupazione nelle imprese dei settori industria, commercio e servizi (ancora 7%).

C’è stato un crollo dell’occupazione nell’auto? Sì, ma non dove tutti puntano il dito, cioè la Fca. I numeri dicono che nel 2008 gli addetti alla produzione di automobili erano 68.500, nel 2015 66mila. Lo smottamento c’è stato tra chi produce le parti e accessori di autoveicoli e per chi costruisce carrozzerie

Il rapporto dell’Anfia però ci dice molto altro sullo stato di salute del settore. Intanto, che la produzione complessiva di autovetture si è ridotta del 50% nel decennio 2007-2016, rispetto alla produzione del decennio precedente. La buona notizia è che la spirale negativa ha toccato il fondo nel 2013: allora ci furono solo 388mila vetture prodotte, quando si vendevano solo 1,3 milioni di registrazioni, sui livelli di 30 prima. Da allora la produzione è raddoppiata, in larga parte grazie alle politiche di Fca che hanno dato impulso alle esportazioni.

Nel 2015 le esportazioni di autovetture esono raddoppiate rispetto ai volumi del 2014 e nel 2016 due terzi dei veicoli prodotti in Italia sono stati venduti all’estero, soprattutto nei Paesi Europei. Ancora più determinante è stato l’export (a quota 81% della produzione nazionale) per la ripresa della produzione di camion e veicoli commerciali leggeri, salita di oltre il 50% rispetto al 2013 e ormai superiore di gran lunga anche rispetto all’anno pre-crisi. Tutto merito di Iveco (gruppo Fca)? No, perché all’appello vanno contati anche i 120mila veicoli commerciali del gruppo francese Psa, non troppo distanti dai 185mila di Fiat.

In ogni caso, dalla crisi i Paesi europei sono usciti molto diversi da come vi erano entrati. Oggi in Germania e in Spagna a fronte di una nuova vettura immatricolata si producono rispettivamente 1,71 e 2,05 auto. In Francia e nel Regno Unito invece il rapporto è di 1 vettura immatricolata e rispettivamente 0,81 e 0,64 prodotte. In Italia il rapporto è 0,39.

Sul lato delle vendite, va anzitutto detto che vanno bene. La previsione del mercato 2017 si attesta attorno a 1,98 milioni di autovetture, 8% di incremento sul 2016.

In questi dieci anni però i consumatori italiani hanno scelto sempre di più auto straniere. Nel 2016 in Italia le immatricolazioni di auto dei costruttori nazionali pesano per il 29% circa, in Francia le vendite dei marchi nazionali mantengono il 53% del totale e in Germania il 72%. Nel 2016 il Gruppo Fiat-Chrysler detiene il 28,9% del mercato, seguita dal Gruppo VW con il 13,5% e dal Gruppo PSA con il 9,2%.

Se un’auto non si vende è in genere soprattutto perché non coglie le esigenze della domanda. Fanno allora riflettere i dati sulle macchine con motore ibrido. I numeri sono saliti velocemente e oggi l’Italia è il terzo mercato europeo per acquisti dopo Regno Unito e Francia. Le prime otto auto ibride sono tutte della Toyota, con la Yaris a quota 16mila auto ibride vendute all’anno e l’Auris poco sotto le 10mila. La Fiat si riscatta con le vendite di auto a metano. In termini di volumi l’Italia ha il mercato di auto eco-friendly più grande d’Europa.

In questi dieci anni però i consumatori italiani hanno scelto sempre di più auto straniere. Nel 2016 in Italia le immatricolazioni di auto dei costruttori nazionali pesano per il 29% circa, in Francia le vendite dei marchi nazionali mantengono il 53% del totale e in Germania il 72%. Alcune fette delle domanda, come le auto ibride, sono appannaggio solo di produttori esteri

Grazie al contributo di queste alimentazioni, oltre che agli standard su benzina e diesel, le emissioni medie di CO2 g/km delle nuove auto vendute sono scese dal 2007 da 147 a 112, con una diminuzione costante. Almeno in teoria: come abbiamo imparato negli ultimi anni, i test in laboratorio sono molto distanti da quelli reali. Dal 1° settembre 2017 è però entrato in vigore il nuovo test di laboratorio per misurare le emissioni WLTP (World Harmonized Light Vehcile Test Procedure) sulle nuove omologazioni, da settembre 2018, WLTP si applicherà a tutte le auto di nuova immatricolazione.

Il calo delle emissioni è più impressionante se si considera che si vendono sempre meno auto piccole (segmenti A e B, scesi in 4 anni da 50 al 44% del mercato) e all’esplosione dei Suv di tutte le dimensioni, ormai arrivati al 27% di quota di mercato, il triplo di dieci anni fa.

Le ultime fotografie dell’Anfia non sono meno interessanti. Documentano che nel 2016 c’è stato un vero boom nell’acquisto di veicoli commerciali (+51%) ma anche di autocarri (+56%) grazie agli incentivi della Legge Sabatini e del Superammortamento. La quota di di auto immatricolate comprate dalle imprese ha ormai toccato il 40%.

C’è stato anche un vero e un po’ triste tracollo di camper e roulotte, dato che il mercato dei “veicoli ricreazionali” ha subìto un ridimensionamento del 72% rispetto ai volumi venduti nel 2007. Allora si vendevano 15mila camper all’anno, oggi poco più di 4mila.

L’Italia si è riempita di auto scassone, o comunque molto vecchie: se nel 2000 le vetture circolanti con più di 10 anni erano il 38%, a fine 2016 erano salite al 53 per cento. Nel 2016 c‘erano ancora in giro quasi 4 milioni di auto Euro 0, più di quelle Euro 6.

C’è stato anche un vero e un po’ triste tracollo di camper e roulotte, dato che il mercato dei “veicoli ricreazionali” ha subìto un ridimensionamento del 72% rispetto ai volumi venduti nel 2007. Allora si vendevano 15mila camper all’anno, oggi poco più di 4mila

C’è anche un Paese sempre più staccato tra città e provincia, con le prime che vedono scendere le auto circolanti (e di parecchio a Milano ma anche a Roma e Genova), mentre nel complesso dell’Italia la crescita è di quasi il 10% rispetto al 2015.

In questa nazione divisa, la domanda di trasporto pubblico locale scende. Nel 2015 i passeggeri diminuiscono sia per il trasporto urbano (-2%) che, anche se più contenuta, per il trasporto extra-urbano (-0,3%).

Nella selva di notizie a tinte fosche una rimane molto positiva. È il crollo degli incidenti stradali e soprattutto di quelli mortali. In un decennio, anche grazie ai nuovi standard europei, le morti sono scese del 53,7 per cento. Sono quasi 4mila vite risparmiate all’anno e oltre 120mila persone ferite in meno.

Nella selva di notizie contraddittorie una rimane molto positiva. È il crollo degli incidenti stradali e soprattutto di quelli mortali. In un decennio, anche grazie ai nuovi standard europei, le morti sono scese del 53,7 per cento. Sono quasi 4mila vite risparmiate all’anno e oltre 120mila persone ferite in meno