Il paradosso delle casalinghe: tutti vogliono aiutarle, ma non esistono (quasi) più

Dalla CGIL a Berlusconi, tutti vogliono aiutare le casalinghe. Ma secondo l’ISTAT il loro numero in Italia è calato del 6,6%, Soprattuto giovani (quasi mezzo milione in meno tra 15 e 44 anni. E sempre più ragazze del Sud Italia abbandonano l'inattività e cercano lavoro

Non è più tempo per la casalinga di Voghera. Questo essere mitico, alibi e musa di mille editorialisti, e scrittori, che ha portato gioie e qualche dolore a molti politici (Berlusconi in primis), ci sta lentamente lasciando. Neanche troppo lentamente in realtà a guardare i dati dell’ISTAT.

In 10 anni, tra il 2006 e il 2016 il loro numero è calato del 6,6%, non è poco in un Paese in cui ogni dinamica sembra essere al rallentatore rispetto al resto d’Europa. Da 7 milioni e 855 mila si è scesi a 7 milioni a 338 mila, una diminuzione di più di mezzo milione.

Concentrata però in particolare in alcune fasce di età. Quelle più giovani. C’è un crollo del 22,6%, -180 mila, di coloro che si dichiarano casalinghe tra i 15 e i 34 anni e del 25,4%, meno trecentomila, tra i 25 e i 44. Solo oltre i 65 anni si registra un aumento, più che altro per ragioni anagrafiche. Sono di più gli anziani in Italia.


Non è un dato solo sociologico. E’ evidente come sia legato alle differenze economiche tra un’area e l’altra del nostro Paese. Ancora una volta le regioni del Sud infatti rimangono indietro rispetto al trend nazionale.

Il -6,6% nazionale diventa solo un -3% al Sud. Anzi, al di sopra del 45 anni al Sud le casalinghe aumentano.

In netto contrasto con quanto avviene al Centro e al Nord, dove nelle età centrali, quelle in cui si è madri e più attive sul lavoro, tra i 35 e i 64 anni, vi sono cali nel numero delle casalinghe che raggiungono anche il 29,2% tra i 35 e i 44 anni.

Con un’eccezione, però. Che la dice lunga sugli ultimi trend strutturali nell’occupazione. Nel segmento tra i 15 e i 34 anni le cose si capovolgono. C’è un vero e proprio crollo tra le giovani casalinghe al Sud, -36%, decisamente maggiore di quello presente al Centro-Nord, dove del resto probabilmente si partiva già da valori bassi.

Negli anni della crisi economica, e in particolare con la ripresa, spesso più per obbligo che per scelta tra le donne del Sud vi è stato un cambiamento decisivo. Sono state sempre più quelle che hanno abbandonato l’inattività e si sono messe a cercare un lavoro. Certo, il più delle volte senza fortuna, lo sappiamo, ma sono state loro più di altri a far calare la proporzione degli inattivi, a provare a rompere quella maledizione che vede l’Italia ultima o quasi per occupazione femminile, con meno delle metà delle donne al lavoro, e il Sud a livelli da Paese mediorientale, con minimi in Campania del 30% di occupate.

Il venire meno di un lavoro sicuro per tanti uomini, che hanno sofferto la crisi occupazionale anche più delle donne, il ritardo nell’età del matrimonio, tutto contribuisce alla distruzione, sia al Sud che al Nord, ma soprattutto al Sud, di quel piccolo mondo antico fatto di un marito che torna a casa la sera dal suo confortevole impiego con cui guadagna abbastanza per mantenere figli e moglie che lo aspettano a casa. Un mondo che poteva resistere solo in quei decenni in cui il licenziamento non esisteva così come i contratti a termine, la cui proroga oggi è una chimera.

E del resto si modifica anche il mondo di chi rimane casalinga. Sono di più quelle laureate, a qualsiasi età, sia tra le giovani, +43,3%, sia tra le 55-64enni, +72,7%, mentre sono in calo quelle senza istruzione, -27,5% nel complesso

Certo, in media le casalinghe rimangono meno istruite della media degli italiani, la maggioranza relativa continua ad avere la licenza elementare o meno, soprattutto a causa delle più anziane. Ma anche tra le più giovani quasi la metà non va oltre la terza media.

Tuttavia i cambiamenti intervenuti in questi anni, sia a livello di numerosità che di istruzione, più rapidi che in altre categorie, fanno intendere che le cose continueranno a mutare. I presupposti ci sono. Per esempio la percentuale di casalinghe classiche, che vivono in coppia con figli, è in diminuzione dal 47,5% al 42,1%, e non solo a causa dell’invecchiamento della categoria, un calo analogo vi è anche tra le più giovani.

Aumentano invece quelle in coppie senza figli, dal 23% al 25%, e quelle sole, dal 17,5% al 19,8%. Ed è sicuramente da queste categorie che possiamo attenderci un’ulteriore crescita di coloro che cercheranno di entrare nel mondo del lavoro, ma non solo.

Perchè, diciamolo, molti potranno avere nostalgia delle amorevoli madri che si dedicano solo al focolare domestico, ai figli, al marito, ma sappiamo quanto danno ha fatto questo modello al nostro Paese, basti pensare alla spesa pensionistica per milioni di anziane che non hanno mai potuto versare un contributo come contropartita, una situazione che ha reso obbligatorie le riforme draconiane degli ultimi anni.

Solo più persone al lavoro salveranno l’Italia, più donne, madri e non, che solo così nell’Italia post-crisi potranno continuare a proteggere il proprio focolare. Con un contratto e uno stipendio.

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