Inceppate in chissà quale cassetto, impolverate e dimenticate. Tra le leggi che probabilmente resteranno indietro nello sprint di fine legislatura, molte riguardano l’infanzia. I bambini possono aspettare. Anche perché, non votano. Dallo ius soli alla riforma delle adozioni, dalla legge per gli orfani delle vittime di femminicidio a quella sul parto anonimo, fino agli asili nido. Tutto bloccato o sotto-finanziato rispetto ai proclami iniziali, nel Paese che spende per i più piccoli solo lo 0,2% del Pil. Meno di 400 euro a bambino l’anno.
Niente da fare, quindi, per i figli di genitori stranieri nati o cresciuti in Italia. Per la legge sullo ius soli non è mai il momento giusto. Il 13 ottobre del 2015 il testo veniva approvato in prima lettura alla Camera con l’astensione dei Cinque stelle e le proteste della Lega. E in oltre due anni, ha subito accelerazioni e stop continui, strombazzato da una parte e dall’altra della perenne campagna elettorale italiana. Lo scorso luglio il premier Paolo Gentiloni ha detto che se ne sarebbe discusso in autunno. Ma andata via la calura estiva, la legge si è arenata in Senato e lì è rimasta. E quando qualche settimana fa si è trattato di fare il calendario di fine legislatura, i figli degli immigrati sono stati posizionati agli ultimi posti nell’agenda dei lavori di Palazzo Madama. Doveva essere una delle grandi riforme della “stagione dei diritti” annunciata da Matteo Renzi, ma la probabilità che si riesca ad approvare in tempo è molto bassa.
Così come è finita su un binario morto la riforma delle adozioni. Se la stepchild adoption stralciata dalla legge Cirinnà viene riconosciuta ormai dai giudici nei diversi tribunali d’Italia (seppure con atteggiamenti diversi, come avevamo raccontato), sul resto delle adozioni tutto è fermo. E solo gli aspiranti genitori finiti negli scandali delle adozioni internazionali, dal Kirghizistan all’Etiopia, sanno quanto l’Italia ne abbia bisogno. Mentre quelli che un bambino sono riusciti ad adottarlo aspettano ancora i rimborsi spese per il 2012.
Il terzo Rapporto supplementare sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia del gruppo Crc, che fa il punto sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, sottolinea le problematiche irrisolte nel mondo delle adozioni italiane: dal ritardo con cui vengono segnalati i bambini adottabili alla lunghezza dei procedimenti per l’accertamento delle situazioni di abbandono; dalle incertezze per adozioni nazionali (diventate quasi impossibili) alla non operatività della banca dati nazionale dei bambini adottabili. Il Rapporto sottolinea la necessità di un sostegno post adozione alle famiglie e di un controllo periodico degli enti autorizzati da parte della Cai (Commissione per le adozioni internazionali), molti dei quali finiti al centro di processi per truffe aggravate. Parole che però, almeno per il momento, cadranno nel vuoto. Perché per la riforma delle adozioni si deve aspettare. E chissà se il futuro Parlamento se ne vorrà occupare.
Dallo ius soli alla riforma delle adozioni, dalla legge per gli orfani delle vittime di femminicidio a quella sul parto anonimo, fino agli asili nido. Tutto bloccato o sotto-finanziato rispetto ai proclami iniziali
Lo stesso punto interrogativo si porrà con la legge che permetterebbe ai figli dei parti anonimi di conoscere l’identità della madre. Il testo darebbe la possibilità ai 400mila “figli di NN” di risalire alla propria madre biologica attraverso i tribunali per i minorenni. Approvato dalla Camera nel 2015 con soli 22 voti contrari di Sinistra ecologia e libertà, è però fermo in commissione Giustizia al Senato, mai messo in discussione. E così sarà con molta probabilità fino a febbraio 2018.
Non va meglio agli orfani delle vittime di femminicidio, nonostante nel nostro Paese si contino circa 150 casi di femminicidi l’anno. Che hanno lasciato soli oltre 1.600 i ragazzi rimasti senza genitori. La legge italiana non prevede particolari garanzie nei loro confronti, a differenza di quanto accade per le vittime di mafia o del terrorismo. Pochi mesi fa, però, qualcosa è cambiato. A marzo la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge a tutela degli orfani di femminicidio. Ma trasmesso al Senato in primavera, il testo è in attesa del via libera definitivo. E molto probabilmente anche questa legge resterà a metà.
Se nel 2015 l’incidenza della povertà relativa per persone di età inferiore a 18 anni era del 20,2%, nel 2016 è arrivata al 22,3%. Vale a dire, 2 milioni e 297mila bambini poveri
Sul fronte degli asili nido, invece, qualcosa è stato fatto con i decreti legislativi alla legge sulla Buona scuola. Ma non quanto ci si aspettava. In media, i bambini italiani tra 0 e 2 anni che usufruiscono del servizio di asilo nido comunale sono solo l’11,9 per cento. La copertura sale al 20% se si considera la costosa offerta privata. Davanti a questi numeri Renzi aveva promesso mille nidi in mille giorni, con la creazione di 450mila nuovi posti e una dotazione di 3 miliardi di spesa corrente e 13 di investimenti. Niente di tutto questo: i fondi erogati dal Miur alle Regioni per i nuovi nidi integrati con la scuola materna sono solo 209 miseri milioni di euro. Si stratta soprattutto di fondi per l’edilizia, di cui solo 50 andranno nel Mezzogiorno, dove la copertura non supera in media il 10 per cento.
Il tutto mentre il gruppo CRC denuncia all’Onu forti diseguaglianze regionali nelle politiche per l’infanzia e l’assenza di una visione strategica e prioritaria. Tradotto in numeri: bonus bebè a parte, se nel 2015 l’incidenza della povertà relativa per persone di età inferiore a 18 anni era del 20,2%, nel 2016 è arrivata al 22,3%. Vale a dire, 2 milioni e 297mila bambini poveri.