«Lo faccio per mio nonno». Si potrebbe riassumere in queste cinque parole il legame sentimentale che tiene assieme Maurizio Bresesti al legno, alla montagna, alle sue radici valtellinesi. Si potrebbe, ma non sono sufficienti per definire la sua attività di falegname, e soprattutto la sua capacità di interpretare un mestiere tra i più antichi del mondo in chiave estremamente contemporanea, la sua capacità di “parlare due lingue”, come l’ha raccontato Laura Bortoloni, sua tutor nell’ambito di Botteghe Digitali, il progetto di accelerazione degli artigiani 4.0 promosso da Banca Ifis. Un progetto che ha permesso a Bresesti di mettere questa sua capacità a servizio della sua attività artigiana, mettendolo nelle condizioni di sviluppare progetti come Alperubra, un innovativo modo di usare le tecnologie della progettazione digitale per raccontare attraverso il legno le sue montagne.
Le due lingue sono quelle della tradizione del mestiere e quella della manifattura digitale. E, va detto, Maurizio, le parla benissimo entrambe: «Se cresci tra i pascoli e i boschi come me, in alpeggio coi nonni tutta l’estate, la passione per il legno, per tutti i tipi di legno e le loro caratteristiche, nonché per gli strumenti che mio nonno mi metteva in mano fin da bambino, viene da sé». Ed è proprio all’inizio dell’estate di tredici anni fa come Bresesti fonda Bremawood, il suo marchio, la sua falegnameria.
Lo fa, spinto da due intuizioni. La prima: che ci sono persone che non hanno bisogno di personalizzazione, di attenzione al servizio, di trovare un’offerta che risponda ai propri bisogni. La seconda: che ogni mobile debba a suo modo raccontare una storia, un legame tra chi lo acquista, chi lo produce, il materiale da cui proviene e il territorio da cui tutto ha origine, lo scrigno che racchiude la storia: «È da parecchio tempo che recupero le antiche botti del vino nelle cantine del mio territorio, per creare arredi o complementi d’arredo», racconta. E con quelle botti crea prodottti come Dua, una lampada a muro creata a partire da una doga della botte – dua, in dialetto, per l’appunto. O – ecco la seconda lingua – come RJR, creata grazie a Slow/d, la prima piattaforma collaborativa per designer professionisti e artigiani qualificati, che diventa la seduta ufficiale del ristorante all’interno del padiglione della società civile di Cascina Triulza a Expo 2015.
Lo fa, spinto da due intuizioni. La prima: che ci sono persone che non hanno bisogno di personalizzazione, di attenzione al servizio, di trovare un’offerta che risponda ai propri bisogni. La seconda: che ogni mobile debba a suo modo raccontare una storia
Non basta, però. Perché la crisi picchia duro, nonostante tutto, e la domanda che crolla mette in ginocchio soprattutto chi fa beni durevoli, come lui. La ricetta per ripartire, Bresesti la condensa in tre parole d’ordine: «Fare rete fra imprese, uscire dai confini del proprio mercato ristretto, e utilizzare internet», spiega. Ecco perché decide di rispondere alla call di Botteghe Digitali: trasformare la propria azienda per far sì che possa rimanere uguale a se stessa, nei valori e nella storia che porta avanti.
Il progetto Alperubra, che è la rappresentazione plastica di questa visione: «Succede che grazie a Botteghe Digitali incontro Marcello Pirovano e Patrizia Bolzan di Tecnificio – racconta – e insieme a loro ideiamo un progetto di mettere sulla superficie dei nostri prodotti le cime delle montagne della Valtellina, la cui morfologia viene mappata in 3d al computer». Il tutto, con un legno del colore rossastro – Alperubra, per l’appunto – che ricorda quello che hanno le Alpi al tramonto. Quelle che Maurizio osservava da piccolo, dall’alpeggio, assieme ai nonni. Poi non dite che fare impresa non è una questione di cuore.
Botteghe Digitali è il progetto di Banca IFIS dedicato al Made in Italy 4.0