Il motivo per cui la cucina funzioni così tanto in tv resta un mistero. Perché milioni di italiani restino ipnotizzati guardando gente che spadella è qualcosa che va oltre l’umana comprensione. Però tant’è: vedere capesante, creme di asparagi e purè di noci sortisce un fascino talmente profondo nei telespettatori che ormai gli unici programmi televisivi che fanno il botto sono quelli coi tegami. Roba che Tantalo non aveva capito la sua fortuna a stare circondato da quella spropositata quantità di cibo ab aeterno senza poter dare nemmeno un morso a cotanto ben degli dei.
Ora, è andata in onda la prima puntata della settima edizione di Masterchef su SkyUno e vi sfidiamo, come sempre, a ricordare il nome di almeno un piatto proposto dagli aspiranti concorrenti. Tabula rasa, ovvio.
Le “Audition” di Masterchef si giocano tutte sul cast di casi umani e stramboidi di professione che sì, nel frattempo sarebbe anche lì per cucinare qualcosa. C’è il giovane Steve Jobs diciannovenne sedicente “imprenditore” che non ha “più bisogno di lavorare” perché altri lo fanno per lui, la tizia cresciuta in campagna che racconta emozionata di quando ha insegnato al marito a tirare il collo ai polli (con buona pace del della tofu-fetta di pubblico vegananimalista), la casalinga bergamasca a cui piace accoppiarsi sul divano “che tanto i figli stanno al piano di sopra”, l’ex pilota d’aerei travestito da Donald Trump che impiatta nei trofei d’argento vinti giocando a golf. Menzione d’onore al venditore ambulante di vestiti che vuole cambiare vita perché il suo lavoro non gli dà più “l’adrenalina di un tempo”.
Bruno Barbieri, Joe Bastianich, Antonino Cannavacciuolo e soprattutto la new entry Antonia Klugmann chiamata a prendere il posto del fuggitivo Carlo Cracco che, dopo sei edizioni di fila, non sapeva proprio più come farsi inquadrare l’occhietto in modo che le telecamere potessero dare una qualche tridimensionalità al suo leggendario carisma da platessa al cartoccio
In questa splendida cornice si inseriscono i quattro giudici Bruno Barbieri, Joe Bastianich, Antonino Cannavacciuolo e soprattutto la new entry Antonia Klugmann chiamata a prendere il posto del fuggitivo Carlo Cracco che, dopo sei edizioni di fila, non sapeva proprio più come farsi inquadrare l’occhietto in modo che le telecamere potessero dare una qualche tridimensionalità al suo leggendario carisma da platessa al cartoccio.
Se i tre (più o meno, non tutti sono cuochi di professione) chef-giudici veterani non disattendono le aspettative risultando quindi prevedibilissimi nelle loro reazioni e crocifissi ai ruoli d’appartenenza (il bonaccione, lo stronzo, il giovial campano), Antonia alla luce di questa prima puntata potrebbe essere la vera rivoluzione: sorriso crudele, stronca i sogni culinari di chiunque si ritrova davanti con imperiosa grazia. Egoriferita al punto giusto, rifiuta di assaggiare il piatto proposto da un aspirante concorrente perché reo di non saperla nella giuria prima di partecipare al programma e tanto le basta per dargli un no a bocca asciutta. Riesce a far passare per indisponente il già citato giovial campano Cannavacciuolo litigandoci subito, a 20 minuti dall’inizio della prima puntata. Uno scontro epico: roba che sarebbe stato opportuno far sparire i fornelli e adattare in studio un ring da wrestling. Antonia ci insegna, del resto, che nella vita la clemenza verso il prossimo, questo benedetto prossimo se la deve guadagnare sul campo. L’ha proprio detto infatti che lei no, non perdona.
Se Carlo Cracco era l’occhietto del talent, Antonia Klugmann è la Michela Murgia di Masterchef. E i concorrenti sono i suoi Fabio Volo. Che non si azzardino, dunque, in sua presenza, a scuocere la pasta o a mancare di rispetto all’arte culinaria di qualsiasi nazione dall’Italia al Giappone. Negli occhi sembra quasi di leggerle che “Le capesante si vendicheranno”, come gli alberi fatti fuori per diventare libri scadenti additati dalla scrittrice e critica letteraria su Rai 3. Una meraviglia.
Qualsiasi cosa sia sotto l’eccezionale è “una poltiglia” e va bene che ognuno cucina a modo proprio ma è meglio fare come dice lei perché “sono io che devo assaggiare, poi”. Logica inappuntabile, nessuna pietà.
Se questa edizione di Masterchef reggerà, reggerà come sempre grazie al montaggio. E alla cattiveria di Antonia Klugmann. Cattiveria che funziona perché non è “autorale”, non dà l’impressione di essere scritta da terzi come le risposte degli altri giudici. Qui lo sprezzo è totalmente genuino, spontaneo, vero. Finalmente Masterchef si è riappropriato del suo formidabile ingrediente segreto: la maleficenza. Fatelo vostro alle cene di Natale coi parenti, a quelle aziendali, ovunque vogliate. Cinque parole di Klugmann prima di andare ad uscire e sarete pronti a cuocere in forno, grigliare, marinare, se vogliamo dirla alla giovane “blastare” chiunque vi si pari davanti. Si consiglia di accompagnare l’impiattamento con un buon Chianti.