Il ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione è un problema endemico. La questione era emersa con prepotenza nel 2012 quando i debiti totali avevano raggiunto la quota record di 5,8% del Pil reale del Paese, così il Governo era corso ai ripari facendo entrare in vigore la direttiva sui ritardi dei pagamenti d.l.192/2012 con cui venivano fissati i tempi massimi di pagamento. Ma non è bastato neanche l’intervento statale di 45,5 miliardi di euro a porre fine ai ritardi, così nel 2017 il problema dei pagamenti dei debiti commerciali, anche se smorzato dagli interventi della politica, si è riconfermato come questione cronica: i dati che emergono dall’analisi di Banca IFIS Impresa sui crediti commerciali delle imprese fornitrici della pubblica amministrazione indicano che alla fine del 2016 mancano ancora all’appello 61 miliardi. Non solo: più della metà degli enti pubblici paga ancora, costantemente in ritardo (62%), e la media dei giorni di ritardo oscilla tra i 41 e i 55 giorni. Una stangata per i fornitori, di cui però oggi non si parla più.
Le aziende sanitarie locali sono tra gli enti che procrastinano più a lungo i pagamenti, qui addirittura si arriva a 71,5 giorni di ritardo di media. I debiti della sanità pesano il 35% sul totale dei debiti commerciali complessivi della Pa, e nel 2015 per la Corte dei Conti i debiti del settore ammontavano a 22,8 miliardi, con Lazio, Campania e Lombardia che conquistavano il titolo di regioni maggiormente indebitate.
Il Paese non ha ancora trovato un sistema efficace per frenare questa corsa dietro al tempo che sembra non trovare fine, dove l’orologio è il giudice supremo che si esprime sulla sciatteria e l’efficienza delle regioni
Gli enti che di media pagano con meno giorni di ritardo sono i Ministeri, ma il problema c’è comunque, poiché una percentuale altissima (71,4%) dei dicasteri paga i suoi fornitori in ritardo. Lo stesso vale per i Comuni capoluoghi di provincia: il 77,2% di questi paga in ritardo, con una media di 51,5 giorni di differimento. Anche in Europa non ce la passiamo bene: la forbice con la media europea è ampia e ci restituisce un terzultimo posto nel ranking europeo basato sull’indice di rischiosità dei pagamenti. Dietro di noi, come al solito, solo Grecia e Portogallo.
Insomma, il Paese non ha ancora trovato un sistema efficace per frenare questa corsa dietro al tempo che sembra non trovare fine, dove l’orologio è il giudice supremo che si esprime sulla sciatteria e l’efficienza delle regioni. Ma un’idea sul piatto c’è. Se quattro aziende su dieci ritengono l’anticipo finanziario delle fatture una metodologia efficace per fronteggiare i ritardi di pagamento, perché non spostare sul web tutte le operazioni all’interno di un portale che permetta alle imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione di ottenere subito la liquidità dai loro crediti certificati?
Questo è il motivo per cui il 31 ottobre ha fatto la sua comparsa sul web TiAnticipo.it, una piattaforma pensata per accompagnare le imprese passo dopo passo nel caricamento delle proprie fatture certificate. L’idea alla base del progetto è quella di creare uno strumento semplice e intuitivo, grazie a cui le imprese possono immediatamente vedere qual è la cifra che la piattaforma può assicurare, dando accesso alla liquidità in pochi giorni.
Raffaele Zingone, Responsabile di Banca IFIS Impresa Italia, che ha sviluppato la piattaforma web, spiega che «il preventivo si fa in pochi secondi, entro 48 ore viene completata la valutazione della richiesta e, una volta ottenuto l’ok da parte del MEF, possiamo erogare il credito richiesto. Un processo che ci permette di consegnare all’impresa la liquidità necessaria al massimo in 10 giorni. La piattaforma si presenta come un solido sostegno alle imprese, e forse, più che gli interventi statali, sarà proprio il fintech a porre rimedio ai ritardi della Pubblica Amministrazione.