Il nuovo anno non ha portato solo i buoni propositi ma anche una serie di questioni irrisolte degli anni precedenti relative al settore digitale, come quella della disinformazione e dell’incitamento all’odio in rete. Nonostante la via normativa sia quella maggiormente battuta, non pare essere sufficiente.
Partiamo dal tema delle fake news. È notizia recente che il presidente francese Emmanuel Macron ha proposto una legge che mirerebbe a rendere trasparenti i sostenitori dei contenuti sponsorizzati e che darebbe all’esecutivo il potere di rimuovere notizie false o di non permettere l’accesso a determinati siti web durante le elezioni. Politico Europe riporta l’opinione in merito di Alberto Alemanno, Jean Monnet Professor di diritto comunitario alla HEC Paris e autore di“Lobbying for Change: Find Your Voice to Create a Better Society”, secondo cui sembra più convincente la soluzione proposta da Facebook. Da un po’ di tempo infatti la piattaforma invece di rimuovere i contenuti, propone degli articoli sullo stesso tema, come abbiamo già raccontato la settimana scorsa. Secondo Alberto Alemanno in questo modo, Facebook non è chiamato a fornire un giudizio sulla veridicità o meno di un contenuto ma offre all’utente più punti di vista e quindi la possibilità di valutare in maniera autonoma. Questa strategia pone il problema di capire in che modo vengono scelti gli articoli correlati ma dimostrano la volontà concreta di trovare una soluzione all’annoso problema della disinformazione.
A proposito di Facebook, lo scorso 4 gennaio Mark Zuckerberg ha affidato – naturalmente- a un post i primi pensieri per il nuovo anno. Tra questi c’è stato spazio per i traguardi raggiunti, anche per quelli personali. Scopriamo allora che dal 2009 tra le altre cose il CEO di Facebook ha visitato tutti gli Stati americani, ha costruito un’intelligenza artificiale per la propria abitazione e ha addirittura imparato il Mandarino. Purtroppo però la lingua che sembra prevalere sulla piattaforma che ha fondato e in generale sulla rete, sembra essere quella dell’odio. La Germania ha proposto la propria soluzione al problema con una legge che obbliga le piattaforme come Facebook, Google e Twitter a rimuovere i contenuti non a norma entro 24 ore, per non incappare in una multa fino a 50 milioni di euro. Tuttavia, non ci si può illudere di aver archiviato la pratica dell’hate speech. Politico Europe ha riportato ad esempio le perplessità di Thomas Jarzombek della CDU, secondo il quale i giganti tecnologici con questa normativa assurgono di fatto a censori, mentre secondo lui sarebbe maggiormente opportuno istituire agenzie indipendenti per filtrare e valutare i contenuti che circolano in rete. Inoltre, secondo un documento del governo tedesco riportato sempre da Politico Europe, solo Youtube è riuscito a rimuovere il 90% dei contenuti illegali entro un giorno dalla segnalazione degli utenti, mentre Facebook ha registrato una percentuale decisamente più bassa, pari al 39% e Twitter addirittura l’1%.
Dal 2009 tra le altre cose il CEO di Facebook ha visitato tutti gli Stati americani, ha costruito un’intelligenza artificiale per la propria abitazione e ha addirittura imparato il Mandarino. Purtroppo però la lingua che sembra prevalere sulla piattaforma che ha fondato e in generale sulla rete, sembra essere quella dell’odio
L’Unione Europea da parte sua, ha preso posizione e l’ha fatto con un Codice di Condotta. Era il 31 maggio 2016 quando la Commissione Europea ha dichiarato infatti di condividere con società come Facebook, Twitter, YouTube, Microsoft ed altre, la consapevolezza di dover garantire libertà di espressione ma di dover, allo stesso tempo, frenare l’incitamento all’odio sulla rete per garantire non solo i principi di libertà, tolleranza e non discriminazione ma anche un sano dibattito pubblico. L’intento non è solo quello di sanzionare chi divulga questi contenuti ma anche di limitarne la diffusione attraverso la rimozione da parte delle piattaforme, chiamate a valutare le segnalazioni degli utenti in maniera tempestiva. Come si legge nella nota diffusa all’epoca, aderendo al codice di condotta, gli impegni sono molteplici. Si va dalla formazione del personale per esaminare le segnalazioni entro 24 ore ed eventualmente rimuovere i contenuti, alla collaborazione con organizzazioni della società civile, fino a programmi educativi. Il rispetto delle regole condivise viene monitorato periodicamente, la seconda volta è avvenuto lo scorso primo giugno e non è detto che in futuro alcune norme vengano riviste per diventare più vincolanti. Ma qual è il tipo di contenuto che l’Unione Europea mira a stigmatizzare? “L’incitamento pubblico alla violenza o all’odio sulla base di certe caratteristiche, che includono la razza, il colore, la religione, l’origine nazionale o etnica”, come si legge in un tweet della Commissione Europea.
L’intento non è solo quello di sanzionare chi divulga questi contenuti ma anche di limitarne la diffusione attraverso la rimozione da parte delle piattaforme, chiamate a valutare le segnalazioni degli utenti in maniera tempestiva
La violenza verbale, le discriminazioni, la disinformazione in rete costituiscono un pericolo tutt’altro che virtuale. Mark Zuckerberg lo sa e nel post già citato in precedenza ha scritto che il mondo appare ansioso e diviso e che la sua piattaforma ha molto da fare per proteggere la propria comunità dagli abusi e dall’odio, per difendersi dall’interferenza degli Stati e per fare in modo che il tempo speso lì sopra non sia stato inutile o vano. Queste sono le sfide per l’anno che è appena iniziato, sfide che riguardano la storia, l’educazione civica, la filosofia politica, la comunicazione, il governo e la tecnologia, come lo stesso cofondatore di Facebook ha evidenziato. Intanto ci auguriamo soprattutto che non ci si limiti soltanto agli aspetti normativi perchè le questioni sono molto più complesse.