SocialdemocraticiDisinformazione, sensazionalismo, click-bait: Facebook cerca di correre ai ripari ma brancola nel buio

Per garantire una migliore esperienza per l'utente, il social network di Mark Zuckerberg sta cercando di capire come valutare l'attendibilità di una fonte. Ma ogni soluzione, ad oggi, appare debole

Un paio di settimane fa commentavamo l’ultima novità in arrivo da Menlo Park e avevamo raccontato che nel News Feed vedremo più post e video dei nostri amici, dei nostri familiari e dei gruppi di cui facciamo parte, a discapito dei media o di altre pagine. Facebook in fondo è nato per far interagire le persone in maniera significativa e la scelta appariva, almeno in via teorica, coerente. Tuttavia non abbiamo fatto nemmeno in tempo a trovare aspetti positivi e negativi di questa impostazione, che qualche giorno dopo, per l’esattezza lo scorso 19 gennaio, è arrivato un altro aggiornamento. Stavolta a essere oggetto di modifica è lo spazio dedicato all’informazione. Nel suo immancabile post, Mark Zuckerberg ha scritto che la sua piattaforma intende assicurare che le notizie che circolano siano di qualità e provengano da fonti affidabili. Il team di Facebook si è quindi interrogato su come fare a garantire in via prioritaria news attendibili, relative a un contesto specifico e soprattutto in grado di informare realmente gli utenti. Anche Adam Mosseri, Responsabile proprio di News Feed, ha spiegato la scelta fatta in un articolo pubblicato lo stesso giorno. La preoccupazione di Facebook non è solo quella di far divulgare notizie affidabili. Mosseri infatti ha ricordato che già da agosto 2016 agli utenti è stata data la possibilità di stabilire se un aggiornamento letto fornisca o meno contenuti informativi, valutandolo in una scala da 1 a 5. Un altro elemento ricavato in questi anni è il desiderio da parte degli iscritti alla piattaforma di leggere notizie locali, ovvero relative all’area in cui si vive e da Facebook fanno sapere di aver iniziato a lavorare anche su questo aspetto.

Senza girarci attorno Zuckerberg ha citato alcuni dei grandi nemici del popolare social network: la polarizzazione, la disinformazione e quel sensazionalismo che spesso tende a far prevalere contenuti più simili all’intrattenimento che alla vera e propria informazione. Per garantire fonti di cui potersi fidare le strade erano sostanzialmente due: farlo decidere a Facebook oppure farlo valutare a esperti esterni. Alla fine leggiamo che si è optato per una terza soluzione, sul punto hanno infatti deciso di interpellare direttamente gli utenti.

Lo scetticismo nei confronti dei big tech fa comprendere che anche per stabilire come valutare l’attendibilità di una fonte, con molta probabilità qualunque scelta da parte di Facebook sarebbe stata considerata errata

Da tempo Facebook si trova in una posizione scomoda, da piattaforma in grado di dare voce a coloro che vengono messi ai margini della società, ben presto è stato dipinto come uno spazio dove i più abili possono manovrare l’opinione pubblica a colpi di notizie false, inserzioni e bot. Da fiore all’occhiello dell’innovazione dalla natura versatile tanto da far pensare a una media company, ben presto Facebook e i suoi vicini della Silicon Valley sono diventati l’oggetto delle attenzioni delle autorità antitrust. Lo scetticismo nei confronti dei big tech fa comprendere che anche per stabilire come valutare l’attendibilità di una fonte, con molta probabilità qualunque scelta da parte di Facebook sarebbe stata considerata errata. Eppure il pregiudizio che oggi accompagna Zuckerberg e soci non basta da solo a spiegare perché la decisione divulgata lo scorso 19 gennaio appaia debole. Nel vedere nel dettaglio come verranno coinvolti gli utenti della piattaforma, scopriamo che Facebook porrà ai propri iscritti solo due domande, chiederà se una determinata fonte è familiare e poi se ci si fida di essa.

Come riportato da BuzzFeed alla prima domanda si potrà rispondere solo sì o no, alla seconda ci saranno cinque possibili risposte: completamente, molto, in parte, poco e per nulla. Sembrerebbe inoltre che il breve questionario sia stato elaborato da un team interno a Facebook senza coinvolgere esperti terzi. Zuckerberg ha spiegato che il punto di partenza è stata la constatazione che alcune fonti sono ritenute valide solo da chi le segue, altre invece sono considerate affidabili presso l’opinione pubblica in generale. Eliminando quindi coloro che non hanno dimestichezza con una fonte, diventa determinante il rapporto tra quanti seguono una determinata testata giornalistica o una pagina che fa informazione, con quanti in generale si fidano di queste ultime. Chi assicura tuttavia che le risposte date saranno veritiere e che non verranno coinvolti utenti appositamente per far aumentare l’attendibilità di una fonte specifica? Questi banali interrogativi possono sembrare frutto dello scetticismo a cui facevamo riferimento prima ma non è inverosimile che dalle parti di Facebook abbiano pensato anche a queste obiezioni immediate. La soluzione avanzata da Menlo Park di certo non è definitiva, verrà lanciata e corretta nel tempo in base ai feedback che se ne ricaveranno. Noi intanto continuiamo a notare le impostazioni che cambiano e partecipiamo nemmeno tanto inconsapevolmente a questi test.

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