Quesiti linguisticiSoprano o soprani? Risponde la Crusca

La voce di soprano è infatti la voce umana che raggiunge le note più acute, e si tratta, di norma, di voci femminili, oppure delle voci bianche dei pueri cantores

Tratto dall’Accademia della Crusca

“La Scala non ha più soprani…”?

Ho voluto intitolare questa risposta con una frase contenuta in un verso della celebre poesia di Guido Gozzano L’amica di nonna Speranza, dai Colloqui, edita nel 1911, ma che rievoca i “conversari” ottocenteschi, a cui ho inserito il termine in corsivo e aggiunto il punto interrogativo. Nell’Ottocento, come (a maggior ragione) nella tradizione scritta precedente, soprano è un termine maschile, con la desinenza in -o al singolare e in -i al plurale. Si tratta infatti di un aggettivo sostantivato, dal lat. *superanum, derivato da super, che significa “che sta più in alto”, e il maschile si spiega con l’ellissi del nome a cui era originariamente riferito, cioè “registro”. La voce di soprano è infatti la voce umana che raggiunge le note più acute, e si tratta, di norma, di voci femminili, oppure delle voci bianche dei pueri cantores.

Ora, la mancata corrispondenza tra genere grammaticale e genere sessuale, per quanto marginale, è ammessa in italiano, come in altre lingue: pensiamo a parole femminili come sentinella, guardia, guida, riferite prevalentemente (e in passato pressoché esclusivamente) a uomini; per restare nella lirica, possiamo ricordare che in francese il timbro del basso (la voce maschile più grave) è femminile: la basse (perché in questo caso il sostantivo sottinteso è voix ‘voce’, che anche in francese è femminile).

È vero che anticamente, sia nella polifonia, sia soprattutto nel melodramma barocco, ci sono stati anche uomini che hanno cantato parti di soprano, in falsetto oppure in seguito all’operazione di orchiotomia, che, eseguita prima della pubertà, permetteva di mantenere anche in età adulta una voce acuta, dolce e potente al tempo stesso: nel Settecento vissero alcuni castrati famosissimi, tra i quali il più noto è forse Farinelli (al secolo Carlo Broschi). Già dai primi dell’Ottocento, però, nel mondo dell’opera i soprani, così come i mezzosoprani e i contralti (voci femminili dai timbri progressivamente più scuri, e in genere meno estesi in alto) erano tutte e solo donne. Eppure, allora non si sentì il bisogno di cambiare genere al sostantivo per adattarlo al sesso. Se così fosse avvenuto, probabilmente, avremmo avuto la soprana, così come a modello, che inizialmente indicava sia gli uomini sia le donne che posavano per i pittori, a un certo si è sostituito modella per riferirsi alle donne (Thornton 2015). Sono stati invece accordati al maschile gli aggettivi riferiti a soprano per indicare le diverse specializzazioni vocali: soprano leggero, soprano lirico-leggero, soprano lirico, soprano lirico spinto, soprano drammatico.

A lungo andare, però, nel corso del Novecento (dopo rare attestazioni già ottocentesche) il genere sessuale femminile ha progressivamente contrastato quello grammaticale maschile e, forse sulla scia della formazione di vari altri nomi femminili in -o (riferiti peraltro a cose inanimate: dinamo, radio, biro, moto, ecc.), si è cominciato a usare anche la soprano, la mezzosoprano (più raro, ma pure documentato, è la contralto). Nonostante il modello fornito da mano/mani (l’unico nome femminile con la desinenza in -o di effettiva diffusione in italiano, almeno nello standard), i femminili in -o di formazione novecentesca sono stati inseriti nella classe degli invariabili e quindi hanno mantenuto al plurale la desinenza in -o e non l’hanno sostituita con quella in -i (cfr. D’Achille 2005; D’Achille e Thornton 2008). Sebbene molti dizionari (per es. il GRADIT) continuino a registrare soprano solo come maschile, l’uso del femminile invariabile appare oggi in grande espansione (come pure quello di mezzosoprano e di contralto) e non può considerarsi scorretto.

Ovviamente, se si decide di continuare a usare il maschile (cosa che è del tutto legittima, sia chiaro), si dovrà optare per il plurale soprani (si trovano, se pur raramente, esempi di plurali come i soprano, forse dovuti all’influsso del femminile, ma non sono accettabili) e concordare al maschile altri elementi legati al sostantivo (il famoso soprano, uno dei maggiori mezzosoprani, il contralto americano, ecc.); se si sceglie il femminile, il nome resterà invariato al plurale. La scelta del femminile aiuta a evitare mancati accordi sintattici in contesti come il soprano è stata molto applaudita, che si hanno non di rado anche in questo caso, oltre che in quello di cariche e professioni indicate al maschile ma svolte da donne.

Siamo così entrati nella tematica del sessismo linguistico e al riguardo possiamo notare che, forse proprio sulla scia di la soprano, si sono avute formazioni come la sindaco, la ministro, ecc.; ma non sembrano aver attecchito, anche se hanno tuttora un certo numero di attestazioni (ma non al plurale: *le sindaco, *le ministro di fatto non sono state mai usate): ormai la sindaca e la ministra sono di gran lunga preferite. Invece, nel caso di soprano la scelta del femminile non ha comportato un mutamento di classe grammaticale (forme come la soprana e le soprane possono essere usate solo scherzosamente) e non si lega ad alcuna rivendicazione di genere. Per soprano, ormai da lungo tempo, si intende una donna.

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