Associarsi al coro di chi esulta per la cancellazione delle temibili ‘ombrelline’, dal mondo dorato e plasticoso della F1, è molto facile. Forse un po’ troppo. In una realtà tradizionalmente testosteronica, in cui abbondano i riferimenti ai cavalieri (rigorosamente maschi) senza macchia e senza paura, eliminare le modelle dalla griglia di partenza mi appare la più classica, scontata e ipocrita delle operazioni di facciata. Certo, dai vertici del Circus si sono scelte le parole più giuste e difficilmente attaccabili, per spiegare l”ombrelline-ban’. Chi può dirsi contrario, nell’era post-Weinstein, a una misura presa – hanno spiegato – per tutelare la dignità femminile e per assecondare la mutata sensibilità del pubblico?
Un gioco fin troppo scoperto, però, per chi abbia voglia di uscire per un momento dalla morsa del politicamente corretto. Il tradizionale bigottismo americano, infatti, sta evolvendo, moltiplicato dallo scandalo Weinstein, in vere e proprie ondate di moralismo. La sacrosanta e doverosa battaglia, contro le molestie, la violenza fisica e psicologica, ai danni delle donne, rischia di tramutarsi in altro. Una moda, una sequenza senza fine di operazioni di facciata, di marce, di proteste da red carpet o griglie di Formula 1 (che farà, ora, la MotoGp?!). Un bailamme di dichiarazioni, mosse, hashtag, gesti, in cui rischiano di finire tritate proprio la dignità della donna e la lotta vera ai piccoli, drammatici soprusi quotidiani. Perché questa storia delle ‘ombrelline’ fa acqua da tutte le parti: se cancelliamo loro, non si capisce perché possa continuare ad esistere l’intero universo delle modelle. Piuttosto che gli angeli di Victoria Secret’s, potremmo far sfilare in mutande e reggiseno degli automi, preferibilmente asessuati. Dovremmo smettere di selezionare ANCHE sulla base della ‘bella presenza’, in decine e decine di professioni, arrendendoci definitivamente all’ipocrisia. Del resto, ormai, è una moda bannare anche le opere d’arte, se ritenute offensive. Ad esultare, gli stessi che si indignarono per le statue oscurate, quando si trattò di non offendere occhi iraniani.
Fumo, tanto fumo, fra gli ombrelli delle ‘ombrelline’, mentre buona parte degli editorialisti e degli intellettuali corre ad applaudire acriticamente, perché se oggi non ti schieri subito dalla parte giusta, non ti vesti di nero e non rinneghi chi hai esaltato e idolatrato solo pochi mesi fa (nessuno sapeva niente, a Holliwood…) rischi di passare per insensibile, se non molto, molto peggio.
Quando editorialisti e maitre a penser cominciano a scrivere e dire tutti le stesse cose, io mio preoccupo. E dovrebbero preoccuparsi soprattutto le donne.