Mancano ancora dieci giorni. Conclusa una campagna elettorale altamente deludente, metabolizzato il risultato delle urne, solo allora la partita entrerà davvero nel vivo. A quel punto l’attenzione si sposterà sul più alto dei sette colli di Roma. Il destino della prossima legislatura si decide al Quirinale, nel palazzo che per secoli ha ospitato pontefici e monarchi. E dove, ormai da tre anni, risiede il presidente Sergio Mattarella. Se n’è parlato poco in queste settimane, ma sarà lui il protagonista della fase politica che seguirà il 4 marzo. Breve o lunga che sia. Il capo dello Stato dovrà gestire una situazione probabilmente non facile. Facilitando la sintesi e assicurando il coinvolgimento di tutte le parti in causa. La riservatezza che da sempre accompagna Mattarella non deve trarre in inganno. Il presidente è misurato e silenzioso, ma il suo ruolo sarà tutt’altro che marginale. Il compito di individuare possibili convergenze e probabili intese sarà svolto fino in fondo. Nessuna improvvisazione, ovviamente. Il capo dello Stato sta già lavorando da tempo alla fase post elettorale. L’approfondita conoscenza dei meccanismi istituzionali si accompagna a una serie di contatti, anche informali, avviati con quasi tutti i leader in campo.
La riservatezza che da sempre accompagna Mattarella non deve trarre in inganno. Il presidente è misurato e silenzioso, ma il suo ruolo sarà tutt’altro che marginale
Non è detto che la matassa da sciogliere sia necessariamente ingarbugliata. Tutto dipenderà dal risultato delle urne. Se il centrodestra riuscisse a conquistare la maggioranza alla Camera e al Senato, ad esempio, il Quirinale non dovrà farsi carico di troppe mediazioni. In questo caso Mattarella si limiterà a seguire il compito interamente previsto dall’articolo 92 della Costituzione: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Se invece dalle urne non emergesse un chiaro vincitore? Al momento, complice una legge elettorale di impianto proporzionale, è questa l’ipotesi più accreditata. Ed è qui che il presidente dovrebbe farsi carico della situazione. Come lasciato trapelare dal Quirinale nei giorni scorsi, la strada maestra indicata dal Colle non prevede alternative. L’incarico sarà affidato solo a chi potrà garantire una maggioranza in Parlamento. Inevitabilmente si dovranno mettere da parte le ostilità della campagna elettorale e lavorare per trovare una convergenza. Il ruolo di mediazione del presidente sarà importante, anche se, ancora una volta, per individuare una maggioranza sarà decisivo il risultato delle urne. In questi giorni si è parlato di un esecutivo di larghe intese con il coinvolgimento di Pd e Forza Italia, ma non è detto che i numeri siano sufficienti. Sulla carta le ipotesi sono tante e molto diverse. La fantasia non ha limiti. C’è chi scommette su un governo di centrodestra allargato a formazioni minori, chi punta a un’intesa tra Partito democratico, Liberi e Uguali e Cinque Stelle. Altri osservatori ancora pensano a un accordo tra grillini e Lega Nord…. Per il Quirinale non ci sono preclusioni, anzi. Come detto, in questo passaggio il presidente cercherà il coinvolgimento di tutti. Anche del Movimento Cinque Stelle. Nelle ultime ore diversi retroscena politici hanno rivelato che – nel caso di un importante risultato elettorale – il candidato premier Luigi Di Maio potrebbe persino ricevere un mandato esplorativo con il compito di aggregare altre forze in Parlamento. Lo stesso vicepresidente di Montecitorio non ha mai fatto mistero del suo progetto. «Il M5S può arrivare ad avere la maggioranza, ma se così non fosse, faremo un appello pubblico a tutte le forze politiche chiedendo di convergere non sui ministeri e le poltrone, ma sui temi».
Tra tante incognite, in questi giorni trapela almeno una certezza. Anche in caso di stallo, il Paese non tornerà velocemente al voto. Prima di convocare nuove elezioni il Quirinale tenterà tutte le strade per la nascita di un governo
Certo, lo scenario resta complicato. Eppure c’è un passaggio istituzionale che potrebbe aiutare Mattarella a trovare la strada giusta. Verso la fine di marzo il Parlamento dovrà eleggere i presidenti di Camera e Senato. Sarà il primo atto formale della nuova legislatura. Dal confronto e dalle intese che si stringeranno in questa occasione il Quirinale potrà trarre importanti indicazioni per la fase successiva. Tra tante incognite, in questi giorni dal Colle trapela almeno una certezza. Anche in caso di stallo, il Paese non tornerà velocemente al voto. Prima di convocare nuove elezioni il Quirinale tenterà tutte le strade per la nascita di un governo. Il motivo è fin troppo evidente: se il Rosatellum non è in grado di assicurare una maggioranza al Paese, rivotare con la stessa legge elettorale sarà probabilmente inutile. Ecco perché il prossimo Parlamento dovrà almeno provare a licenziare una nuova riforma. E così nasce l’ultima ipotesi possibile. Davanti all’impossibilità di trovare un’intesa duratura, il presidente spingerà le forze politiche a farsi carico almeno di un minimo accordo. È lo scenario che porta verso un esecutivo di scopo, magari limitato a pochi punti programmatici. Il presidente farà appello ai leader e al loro senso di responsabilità. Al momento, però, la parola spetta ancora agli italiani. Il capo dello Stato si è rivolto agli elettori pochi mesi fa, durante il discorso di fine anno. Anche a loro ha chiesto uno sforzo, auspicando una “prova alta di democrazia”. «Mi auguro una grande partecipazione al voto, che nessuno rinunci a concorrere a decidere le sorti del nostro Paese». L’astensionismo non aiuta a risolvere i problemi, tutto può ancora succedere: «Le elezioni sono un pagina bianca, saranno gli elettori a scriverla».