Esistono domande destinate a restare inevase, almeno nel breve periodo. Una di queste riguarda il web e le sue responsabilità nel rendere le opinioni delle persone incomplete e polarizzate. La Rete era stata salutata come una preziosa opportunità di apprendimento e conoscenza ma tra algoritmi e filter bubble, tra bot ed echo chamber, sono emersi molti limiti, soprattutto sul versante di quegli spazi che avrebbero dovuto incoraggiare l’interazione e il confronto, ovvero i social network. Eppure, stiamo capendo che un giudizio definitivo non può essere dato perché sondaggi, studi e ricerche stanno mostrando aspetti che molti avevano trascurato o interpretato in maniera troppo frettolosa. La rete non è né buona né cattiva in assoluto, al contrario vanno approfondite molte dinamiche che peraltro sono strettamente collegate alla psicologia cognitiva e possono quindi aiutare a comprendere come ragiona l’uomo anche lontano dai dispositivi elettronici.
Tornando al Web, avreste mai pensato che esiste uno spazio dove è possibile sfidare le proprie convinzioni e mettere alla prova le proprie idee? Ebbene sì, esiste e a ricordarcelo è il Guardian, che riporta che cinque anni fa Kal Turnbull ha creato un forum su Reddit dall’eloquente nome “Change my mind”, che conta oggi 520mila iscritti. La piattaforma è stata oggetto di studio da parte della Columbia University e del Georgia Institute for Technology. In sostanza chi ne prende parte, seleziona un tema e mette letteralmente in discussione le proprie opinioni in merito. Se alla fine delle interazioni, un utente cambia la propria idea iniziale, assegna al proprio interlocutore un delta che, non a caso, è il simbolo della variazione e dunque di un cambiamento. Alla Cornell Universty hanno cercato di capire le caratteristiche dei post che hanno collezionato più delta, per individuare i fattori in grado di far modificare un punto di vista. Dopo uno studio di circa due anni, sono stati reputati come decisivi fattori come la lunghezza dei contenuti, la ricchezza di dettagli, la varietà del lessico adoperato e, in maniera quasi sorprendente, la consapevolezza circa i limiti delle posizioni presentate, adoperando esortazioni o avvertimenti. Turnbull ha chiarito che Change My View non è uno spazio di dibattito, dove si tende a prevalere sul proprio interlocutore, ma un luogo per conversare, cercare di capire qualcosa in più su un determinato tema e magari ammettere quando le proprie idee sono deboli o lacunose.
I ricercatori hanno riscontrato che chi usa più fonti online, presenta una minore predisposizione a rinchiudersi in echo chamber. Inoltre, chi è appassionato di politica tende a documentarsi su più fonti e diventa a sua volta un influencer per altri ed è di conseguenza meno probabile che finisca in una bolla
La Rete dunque non è solo il regno del caos e della disinformazione e, a quanto pare, non è nemmeno il principale indiziato della polarizzazione del dibattito pubblico. A scardinare anche questo pregiudizio ci hanno pensato i ricercatori dell’Oxford Internet Institute e dell’University of Ottawa, i quali hanno esaminato le interazioni di un campione di utenti nel Regno Unito, in base a sei caratteristiche: genere, reddito, etnia, età, interesse politico e ampiezza dell’uso dei social media. Ciò che è emerso è in contrasto con il luogo comune che si è diffuso da un po’ su rete e polarizzazione. Infatti, i ricercatori hanno riscontrato che chi usa più fonti online, presenta una minore predisposizione a rinchiudersi in echo chamber. Inoltre, chi è appassionato di politica tende a documentarsi su più fonti e diventa a sua volta un influencer per altri ed è di conseguenza meno probabile che finisca in una bolla. Al contrario, a rischiare di caderci sono gli utenti che si documentano su una sola fonte e che si interessano poco di politica. C’è da notare tuttavia, che si tratta di una categoria che difficilmente condizionerà altre persone con le proprie idee.
Come affermato in precedenza, uno degli aspetti più sorprendenti degli studi che hanno come oggetto il Web è riscontrare che le dinamiche analizzate riguardano l’uomo, prima ancora dell’utente e che probabilmente Internet le rende solo più veloci o più evidenti. Anche nelle interazioni quotidiane infatti, chi è poco interessato alla politica magari guarderà un solo talk show o leggerà un solo giornale, tendendo magari a fidarsi soprattutto di cosa dicono amici e conoscenti. Prima di puntare il dito contro Internet ed evidenziarne meccanismi controversi e inevitabili limiti, vanno quindi approfonditi i temi della psicologia e della sociologia, perché al centro di tutto resta sempre e comunque l’uomo.