Bene, per il PD (e, va da sé, la sinistra) è venuto il momento di fare ritorno ad Amadeo Bordiga, il più solido dei comunisti italiani del secolo trascorso. Bordiga che avanzava alla testa della corrente “astensionista” del suo partito. Il PD dovrebbe astenersi, appunto. Da tutto. Rendersi invisibile, scegliendo l’altrove, la certezza d’esserci solo eticamente nel mondo politico e non nelle miserie del quotidiano parlamentare. E’ questo il consiglio che rivolgiamo alla sinistra e, s’intende, al PD che, lo si voglia o no, resta il primo magnete di un elettorato finito ora sulla zattera della Medusa ultra-post-ideologica.
Facendo ritorno a Bordiga, il PD sbatterebbe in faccia al mondo intero la sostanza politica assordante della propria alterità, i suoi dirigenti come gli Assenti dal “Palazzo”, così Pier Paolo Pasolini definiva il luogo del potere, a maggior ragione adesso che il reale controllo apicale giunge semmai dalle centrali finanziarie.
Esattamente così dovrebbe fare il Partito democratico, per sopravvivere nella situazione data che lo mostra minoritario, se non inesistente, rispetto a ogni possibile elettorato, trasferitosi ormai altrove. Tornare, appunto, ad Amadeo Bordiga, per salvare i cocci della sinistra e, in subordine, un possibile futuro, per un indicare nuovamente, prima o poi, chissà quando, una progettualità, una carta d’intenti e di identità, un “laggiù”, scongiurando in questo modo la totale cancellazione da qui alla prossima consultazione alle urne, tra sputi, contumelie e perfino calci da chi reputi la sinistra come principale e detestata responsabile dell’impoverimento generale.
Fare proprie le parole di un comunista napoletano che non aspirava al consenso, semmai alla riflessione, Bordiga, lui. Tutto ciò non sembri un paradosso masochistico, antiquariato delle idee, museo delle cere… Attraverso l’astensionismo assoluto
Fare proprie le parole di un comunista napoletano che non aspirava al consenso, semmai alla riflessione, Bordiga, lui. Tutto ciò non sembri un paradosso masochistico, antiquariato delle idee, museo delle cere… Attraverso l’astensionismo assoluto, si tratterebbe infatti di offrire per intero ai propri antagonisti, le destre, il sicuro lento consumo della reputazione, a M5S, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, ecc. Che provino questi altri a governare, a rispondere ai bisogni diffusi, che dimostrino in pochi mesi l’impossibilità del tutto, e dunque il proprio fallimento, assodato che non ci sono problemi poichè non ci sono soluzioni.
L’astensionismo come lucida e unica decisione possibile, la più consapevole per una strategia di lunga-media gittata, così da fare possibilmente ritorno un giorno, e non più dalla porta di servizio, agli scranni delle istituzioni, altro che Renzi e la Boschi, e perfino Grasso, la Boldrini, D’Alema e Bersani e un Fratoianni, costretti al basso profilo perfino in casa propria. Astensionismo fantastico e irremovibile, dunque. Con tutti lì a domandarsi: dove possa essersi mai nascosta la sinistra, dove è andato a cacciarsi il Partito democratico? Lasciando intanto agli altri – il M5S, la Lega, Forza Italia, la Meloni – l’ho già detto, il bastone di comando infuocato di un sicuro logoramento senza possibile ritorno. Ribaltando perfino il teorema di Andreotti. Tutto ciò varrebbe molto di più d’ogni pretesa di visibilità, d’ogni pronunciamento, d’ogni falsa opposizione consociativa, d’ogni twitt.
S’intende che nel frattempo potrebbe finalmente svolgersi il “franco dibattito sulle ragioni della sconfitta” (sic) che proprio negli ultimi decenni il PCI-PDS-DS-PD, la sinistra, appunto, in tutte le sue declinazioni e segreterie, ha sempre evitato come la peste nera ora per protervia ora per non assunzione di responsabilità ora perché le classi dirigenti non amano vedersi alla sbarra ora perchè a Monti Parioli non usa, altro che Carlo Calenda nuovo gran mogol.
L’astensionismo come lucida e unica decisione possibile, la più consapevole per una strategia di lunga-media gittata, così da fare possibilmente ritorno un giorno, e non più dalla porta di servizio, agli scranni delle istituzioni
Mi direte: ma se la politica è ormai soprattutto perpetuare se stessi in forma di classe dirigente, potranno mai gli uomini non proprio eccelsi del Partito democratico affidarsi a un espediente così estremo? Temo di sì, trattandosi dell’ultima offeta: acettarla evitando di morire del tutto nella prospettiva dell’obitorio della storia elettorale prossimo venturo. Astenersi e intanto dal ciglio della collina, come in un film western, osservare come perfide vedette indiane – Apache, Cheyenne, Comanche, Arapaho, Piddini, LiberieUguali, fa lo stesso – la carovana congiunta del Movimento 5 stelle, Lega, Forza Italia ecc. che si incammina di schiena, ignara di tutto, verso la Gola della Morte, nella certezza crudele che non usciranno vivi, presto circondati dalle mille tribù riunite del Reddito di Cittadinanza.
Osservarli sventolando la bandiera di Amadeo Bordiga, fondatore del partito comunista d’Italia, a Livorno, nel remoto 1921, Bordiga anima della frazione “astensionista“, colui che riteneva i comunisti non dovessero neppure partecipare all’attività parlamentare, Bordiga che affermava perfino che non si dovesse combattere nella Resistenza, assodato che il fascismo è soltanto un dettaglio nella storia del capitalismo. Intendiamoci, non si tratterebbe di prendere interamente alla lettera gli insegnamenti impossibili e inarivabili dell’ingegner Bordiga, così come lo chiamava Gramsci, semmai fare tesoro del succo sostanziale della sua prassi politica. Tutti a pensare che Bordiga fosse ormai un cane morto della storia, tutti a dire Togliatti, Togliatti, lui, sì, che ha saputo mettere in atto una lucida tattica politica, e invece, pensa un po’, sulle macerie spietate della sinistra e dei suoi succedanei, nell’anno 2018 il nome di Bordiga sembrò risorgere come amuleto, come spunto di vera salvezza. Sapranno mai i Calenda, gli Zingaretti, i Delrio, gli Orfini, rinunciare alle modeste soddisfazioni da commedia all’italiana guardando oltre il contingente come in un gagliardo western? Amadeo Bordiga, che sei nei cieli, salvali, salvaci.
Oh, dimenticavo, fa piacere scoprire che la Commissione Toponomastica del Comune di Napoli nei mesi scorsi ha intitolato una targa proprio ad Amadeo “studioso e fondatore del Partito Comunista d’Italia” nel luogo in cui visse, al corso Vittorio Emanuele. “Napoli è stato un territorio nel ‘900 che ha dato voce a pensatori di altissimo livello. E noi ci stiamo impegnando affinché vi siano riconoscimenti formali che non cancellino queste memorie così importanti. Bordiga era uno di queste. Pensatore libero, un po’ eretico, che dava fastidio al suo stesso partito. Un po’ come Napoli, autonoma, anarchica, libertaria”, ha commentato il sindaco Luigi de Magistris.