«Dio è morto, Marx è morto e Renzi m’ha trombato definitivamente». Gianni Kuperlo si presenta così su twitter, seguito da quasi 40mila followers. Ne ha quasi il doppio Renzo Mattei, che pochi giorni fa cinguettava il suo addio al Nazareno: «Il mio ciclo alla guida del Pd si è concluso, diventerò una splendida farfalla». L’ultimo arrivato sui social è il presidente del Consiglio. O almeno il suo fake: Paolo Molto Gentili. «Ma quindi a Pasquetta – si chiedeva ieri un po’ disorientato – posso andare a fare una gita a Pienza o devo stare a Chigi?». Mentre la politica ufficiale è sempre più surreale, in rete proliferano le parodie. Forse non è un caso. Dalla romanissima ministra Madianna Maria al rivoluzionario sudamericano Carlo Callende, passando per Cippo Pivati e D’Alema er Massimo. Alcuni personaggi riescono persino a superare la realtà. È il caso di Arfio Marchini, finto candidato sindaco di Roma e vero protagonista delle ultime amministrative nella Capitale. Account così improponibili da sembrare veri. Lo sanno bene politici e giornalisti che in questi anni hanno confuso i profili ufficiali e quelli inventati. È la satira politica nell’epoca dei social. Un fenomeno recente, nato nella scorsa legislatura e raccontato in un bel libro di Romana Ranucci e Sara Dellabella. Si intitola Fake Republic, è stato appena pubblicato da Ponte Sisto. «Nel teatro della politica 4.0 i fake account sono i veri personaggi» si legge. Gli unici capaci di strappare una risata, anche «quando da ridere non ci sarebbe proprio nulla».
La parodia di Gianni Cuperlo è tra le più apprezzate, richiama costantemente la vocazione alla sconfitta della sinistra italiana. L’account finto è nato nell’estate 2013, persino prima di quello reale. E tanto è bastato per confondere giornalisti e politici. Il cortocircuito si consuma quasi subito. Un giorno il segretario dem Guglielmo Epifani attacca il centrodestra, invitando gli avversari a non tirare troppo la corda. Il fake Cuperlo concorda: «Non possiamo spezzare la corda perché serve per impiccarci». Ma non tutti capiscono la parodia. La frase finisce prima su un’agenzia di stampa, poi sull’home page di Repubblica. Ce n’è abbastanza per interrogarsi: un falso profilo può danneggiare il politico che prende in giro? «In linea di principio non saprei» racconta con ironia il vero Gianni Cuperlo, intervistato nel libro. «Nel mio caso direi assolutamente di no. Pochi mi conoscevano prima e pochi mi conoscono adesso». Altre volte i fake account rischiano di mandare in confusione i protagonisti. Quelli reali. Il presidente del Pd Matteo Orfini racconta il suo rapporto con Orfino Mattei, personale alter ego in versione social. «A volte sembra leggermi nel pensiero, mi chiedo se non sono bipolare io e nei ritagli di tempo scrivo quei post. Lo trovo fantastico, è per me fonte continua di ispirazione, mi diverto da morire».
Dalla romanissima ministra Madianna Maria al rivoluzionario sudamericano Carlo Callende, passando per Cippo Pivati e D’Alema er Massimo. Alcuni personaggi riescono persino a superare la realtà. È il caso di Arfio Marchini, finto candidato sindaco di Roma e vero protagonista delle ultime amministrative nella Capitale. Account così improponibili da sembrare veri. Lo sanno bene politici e giornalisti che in questi anni hanno confuso i profili ufficiali e quelli inventati
A cercare sul web si trova di tutto. La ministra per la semplificazione Madianna Maria twitta rigorosamente con l’accento romano. «Era ora che le banche popolari diventavano SPA. Se famo un bagno turco, le terme, un massaggino…». Sulla sua pagina fake promette: «Abolirò tutti i ministeri tranne il mio, così non mi confonderò più». Il gemello dell’ex segretario del Pd è noto. La fotografia con il giubbotto di pelle, lo sguardo pensieroso, fino a pochi giorni fa Renzo Mattei si presentava così ai suoi 79mila follower. «Sogno un’Italia Cool, con un nuovo concept e una vision che guardi al future. Un paese con un brand riconoscibile, un packaging scintillante e un governo Renzi II». Alcuni tweet sono già entrati nella storia della satira. Quando a settembre i grillini scelgono Luigi Di Maio come candidato premier, Renzo Mattei cinguetta: «Improvvisamente non vi sembro così male, vero?». E si ispira a Gomorra quando, dopo la sconfitta al referendum costituzionale, vince le primarie e si conferma segretario del Pd. «Ce ripigliamm tutt chell ch’è o nuost». Tra i veterani dei social è impossibile non ricordare D’Alema er Massimo. «Amico di capitani coraggiosi, mi diletto di navigazione nel procelloso mare della sinistra. Primus regere deinde philosophari». Tra gli ultimi arrivati, invece, c’è Carlo Callende. Versione sudamericana del ministro dello Sviluppo economico neo iscritto al Partito democratico. «Soy per la rivoluciòn #Callendista. Venceremos». «Una parodia in salsa socialista, un po’ Allende un po’ Calenda, che twitta in uno spagnolo rivisitato». Cippo Pivati fa il verso al leader di Possibile Pippo Civati. Profeta Fassino invece è una caricatura già nel nome. Chiaro il riferimento alla celebre frase pronunciata nel 2009 dall’ex sindaco di Torino: «Se Grillo vuol fare politica fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende».
A destra si scherza meno. Gli account fake sono pochi e non tutti hanno successo. Fa eccezione Arfio Marchini, parodia dell’imprenditore candidato a sindaco della Capitale nel 2013 e nel 2016. «Mi chiamo Arfio. Lotto per la bellezza. Non twittare mai prima di mezzogiorno. Roma ti amo». La pagina Facebook conta più di 87mila like. Professionista di successo e giocatore di polo, Arfio è affascinante, gira con auto lussuose e fa vacanze da sogno. «“Mai prima di mezzogiorno. Una città più riposata è una città più bella”, twittava in campagna elettorale. Nel suo programma fake prometteva: “Più spazi per il polo e per il golf, una regata di vela sul Tevere”. Odia i turisti che visitano la Capitale indossando sandali e calzini bianchi, promette di aiutare le donne che indossano scarpe con i tacchi a non rimanere incastrate tra i sanpietrini». I diretti interessati la prendono bene, sembra. Dopotutto i fake aiutano la popolarità dei politici, portano il loro messaggio a un pubblico nuovo. «Proprio come faceva il Bagaglino qualche decennio fa». Non mancano le eccezioni. Nel 2012 qualcuno provò a rilanciare un finto account di Gianni Alemanno, all’epoca primo cittadino della Capitale. Era il periodo della nevicata che mise in ginocchio la città. Via twitter il sindaco fake iniziò a lanciare appelli ai romani. “Emergenza neve: abbandonate la città. Io sono già a Milano”. «Un’apparizione lampo – ricorda il libro – perché dopo poco fu bloccato e denunciato». Difficile individuare il limite tra satira e disinformazione. Intanto un dubbio si fa insistente: «Se i tweet irriverenti dei fake vengono scambiati per veri, di che credibilità godono i politici oggi?».