Il vero obiettivo di Salvini è prendersi Forza Italia (e Di Maio gli sta dando una mano)

Il leader di via Bellerio lavora a un centrodestra a sua immagine e somiglianza. Vuole essere il successore di Berlusconi. E ha bisogno di non rompere la coalizione. Il patto con Di Maio serve a consolidare un nuovo bipolarismo: il loro

Non l’abbraccio mortale con il Movimento 5 Stelle, ma la definitiva conquista del centrodestra. E’ questo l’orizzonte che sembrano indicare le mosse di Matteo Salvini, dopo aver trasformato la Lega (Nord) nel primo partito della prima coalizione uscita dalle elezioni del 4 marzo. L’abboccamento con i 5 Stelle – il primo partito – è una necessità dovuta alla mancanza di una maggioranza numerica in Parlamento. Ma è anche qualcosa in più. Sia Salvini sia Luigi Di Maio intendono gestire la nascita di quella che considerano la terza repubblica, non più solo slegata dalle ideologie novecentesche ma anche disancorata dai legami con le tradizionali famiglie politiche. E per farlo entrambi i leader, Salvini e Di Maio, si sono coalizzati per indebolire gli avversari: da una parte Silvio Berlusconi, dall’altra il Pd. E per riscrivere le regole del gioco: una legge elettorale con premio di maggioranza che possa certificare alle prossime elezioni, quando ci saranno, un nuovo bipolarismo. Il loro. Una strategia che potrebbe anche non passare da un governo politico fra Lega e M5S, che ne ucciderebbe in un sol colpo tutta la carica di novità.

Chi e come andrà a Palazzo Chigi, però, lo si vedrà solo nelle prossime settimane. Certo è che Salvini ha in mente da parecchio tempo un centrodestra che qualcuno ribattezzerebbe “Lega Italia”. Non è importante il nome, quanto la strategia. Dalla fine del 2013, il segretario del Carroccio ha lavorato alla costruzione di una sua proposta nazionale, non più circoscritta al Nord Italia. Ha adottato parole d’ordine unificanti: contro la sovranità ceduta all’Unione Europea, contro le nuove migrazioni, contro l’Islam. Ha dato scandalo con i suoi discorsi improntati alla dissacrazione del politically correct. E ha inaugurato quello che gli riesce sempre bene: una campagna elettorale permanente, che è scesa al Sud, passando per le regioni del Centro Italia che lo hanno premiato con risultati elettorali spesso a due cifre. Salvini rappresenta la nuova destra. Non solo quella radicale che si è raccontata in questi mesi. Il suo messaggio estremo ha raggiunto un elettorato moderato rimasto senza riferimenti, e dunque pronto ad affidarsi senza remore intellettuali. Salvini rappresenta dunque anche un nuovo centrodestra, che non ha più in Berlusconi il suo totem.

Dalla fine del 2013, il segretario del Carroccio ha lavorato alla costruzione di una sua proposta nazionale, non più circoscritta al Nord Italia. Ha adottato parole d’ordine unificanti: contro la sovranità ceduta all’Unione Europea, contro le nuove migrazioni, contro l’Islam. Ha dato scandalo con i suoi discorsi improntati alla dissacrazione del politically correct

Per questo, non sarebbe l’alleanza con i 5 Stelle a segnare la svolta profonda, ma la trasformazione di tutto il centrodestra in una forza compatta attorno all’unico leader che finora è riuscito a occupare lo spazio di Berlusconi, rendendo di fatto ininfluente quella galassia centrista che aspirava a un ruolo di terzo polo. Berlusconi ha 81 anni, Salvini 45: l’elemento anagrafico non è da sottovalutare in questo frangente, pur nel suo cinismo. Il timore dentro Forza Italia è che il magnetismo di Salvini possa sottrarre risorse in termini di elettori ma anche di classe dirigente, offrendo al leader di via Bellerio quel personale politico che al Sud ancora non ha. Un travaso elettorale da Forza Italia alla Lega c’è già stato il 4 marzo, il resto lo faranno le mosse che andranno a segno (oppure no) nelle prossime settimane. Non è un caso che alla prima riunione con i suoi nuovi parlamentari, Salvini abbia confidato di concludere la legislatura con un numero anche superiore di deputati e senatori. Chi cerca un futuro nel centrodestra, lo può trovare nella figura che promette di durare più a lungo di Berlusconi, magari arrivando a mettere in discussione anche la permanenza nel Ppe.

Il passo di questo centrodestra sempre più vicino nelle gerarchie e nelle ambizioni lo si è visto realizzarsi in Liguria, dove con la presidenza di Giovanni Toti, un berlusconiano, e il sostegno determinante della Lega salviniana, incarnata dal luogotenente Edoardo Rixi, lo schema di governo è tornato a funzionare ben prima delle elezioni Politiche di quest’anno. A parti inverse è quello che accade anche nella Lombardia guidata ora dal leghista Attilio Fontana. Ed è quello che avviene nelle varie amministrazioni comunali conquistate dal centrodestra nell’ultimo biennio – da Genova a Sesto San Giovanni – che sono la vera ossatura di questa coalizione che aspira a diventare la Lega Italia: se dovesse buttarsi nelle braccia del Movimento 5 Stelle, che elettoralmente vale il doppio, Salvini perderebbe l’ancoraggio territoriale che fino a questo momento gli ha garantito una solidità politica anche maggiore di quella dei grillini (e di cui è stato attento custode Giancarlo Giorgetti, l’uomo forte di via Bellerio, a cui si deve la rinnovata alleanza con Berlusconi). Non è un caso che Toti sia il sostenitore più esplicito, dalle parti di Arcore, del partito unico o della federazione di un centrodestra diverso dal passato.

Il passo di questo centrodestra sempre più vicino nelle gerarchie e nelle ambizioni lo si è visto realizzarsi in Liguria, dove con la presidenza di Giovanni Toti, un berlusconiano, e il sostegno determinante della Lega salviniana, incarnata dal luogotenente Edoardo Rixi, lo schema di governo è tornato a funzionare ben prima delle elezioni Politiche di quest’anno

Salvini, insomma, si deve presentare come il successore di Berlusconi, non come il suo aguzzino. Anche se la parola tradimento, in politica, è facile da pronunciare. La stessa paura di essere cannibalizzati che si materializza (al centro) nelle fila di Forza Italia, del resto, la si può trovare (a destra) anche in Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni è sembrata soffrire più di altri il protagonismo e il successo del segretario del Carroccio. Appena pochi giorni fa, un personaggio di primo piano di FdI in Lombardia, l’assessore regionale uscente Viviana Beccalossi, ha lasciato il partito in dissenso con la Meloni, che ne aveva criticato nei mesi scorsi la vicinanza all’autonomismo leghista. E non è escluso che nei prossimi mesi la Beccalossi possa essere uno dei tasselli della nuova Lega Italia, come a Roma lo sono altri ex An come Gianni Alemanno e Francesco Storace, da tempo diventati salviniani.

Twitter: @ilbrontolo

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