Paolo Fabbri: «Berlusconi è uno zombie, Renzi il più debole»

L'analisi del grande semiologo sulla campagna elettorale: «Una volta il proletario era internazionalista: e gli sfruttati avevano una coscienza comune, ora i proletari sono diventati nazionalisti e votano Lega»

da Youtube

Quando non capisco cosa, citofono a lui. Paolo Fabbri, il guru della semiotica. Non c’è cosa che non sappia decrittare con la lama del linguaggio. Lo sapeva anche Umberto Eco, che nel Nome della rosa lo raffigura come ‘Paolo da Rimini’, abbas agraphicus, “un uomo curioso di cui si raccontano strane storie: conosceva a memoria tutti i libri della biblioteca”.

Un uomo, Paolo Fabbri, intriso nella sapienza, arguto nel ragionamento, che forse sa sgomitolare la matassa italica uscita dall’urna. Qua e là per il mondo a seminare semiosi, lo becco tra Madrid (dove è stato qualche settimana fa) e Bordeaux (dove sarà la prossima settimana), nel territorio neutro del digitale. A noi tocca surfare tra i suoi apoftegmi. Per capire, oltre le nubi apocalittiche, se c’è un lacciuolo di speranza.

Se dovesse descrivere con le armi della semiotica il panorama politico italiano (con le regioni colorate di giallo, di azzurro, di rosso), che immagine verrebbe fuori?

Il Caos del Triperuno. Chissà se qualcuno si ricorda di quest’opera di Teofilo Folengo, il grande poeta – del livello di Ariosto – che ha reso celebre il linguaggio Maccheronico. L’immagine dell’Italia politica del dopo-voto è triplice e maccheronica.

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