Altro che reddito di cittadinanza, se il M5s vuole tenersi il Sud deve liberarne le energie

Il Mezzogiorno si aspetta molto dai 5 Stelle, ma l'assistenzialismo non serve. La rivoluzione sarebbe creare le condizioni per favorire la nascita di imprese, la possibilità di poter (finalmente) prendere in mano la propria vita. L'alternativa? La desertificazione di un terzo del Paese

GIUSEPPE CACACE / AFP

Sulle pagine de Linkiesta è in corso da settimane un interessantissimo dibattito sul Sud, alimentato dal trionfo elettorale del Movimento 5 Stelle a sud di Roma e da interventi di altissimo livello. Citerò l’intervista a Pino Aprile, sul Mezzogiorno che si incazza, e la risposta della scorsa settimana, affidata a Francesco Bruno. All’indomani delle elezioni – sembra passato un secolo, ma in realtà siamo sempre alla casella di partenza di un estenuante gioco dell’oca – mi esercitai anche io, sulle promesse elettorali del Movimento e sul loro peso in una vittoria senza precedenti, nel Meridione. Il reddito di cittadinanza, ovvio, ma non solo. Il punto erano e restano, ancor di più con il passare inutile delle settimane, le ricette economiche da offrire a un tessuto sociale sfibrato, sfiduciato, privato della risorsa più preziosa: il futuro.

Come indicato lucidamente sul Corriere della Sera, da Federico Fubini e Ferruccio De Bortoli, da un lato esempi virtuosi da imitare ce ne sono, il Portogallo, l’Irlanda e parzialmente la Spagna, dall’altro non è più tempo di misure tampone, di mezze mosse

Ebbene, non abbiamo ancora ascoltato nulla di significativo e non solo da Di Maio, per carità. Niente da nessuno, ma il Sud guarda al Movimento 5 Stelle, si aspetta da loro qualcosa di nuovo, possibilmente di rivoluzionario. In quel qualcosa, poi, c’è di tutto: una sacca di richiesta di assistenzialismo, che non tramonta mai, chi spera in una robusta defiscalizzazione, per liberare energie e ‘provarci’, chi agita ire secolari, inseguendo confuse rivincite sul Nord, chi almeno una ricetta diversa, rispetto alla solita distribuzione di risorse dal centro, per tirare a campare un altro po’. Come indicato lucidamente sul Corriere della Sera, da Federico Fubini e Ferruccio De Bortoli, da un lato esempi virtuosi da imitare ce ne sono, il Portogallo, l’Irlanda e parzialmente la Spagna, dall’altro non è più tempo di misure tampone, di mezze mosse.

E’ tempo di coraggio, di coraggio politico, che vada ben oltre il reddito di cittadinanza. Ho già scritto, un mese fa, che il Movimento 5 Stelle dovrebbe sgomberare al più presto il campo dagli equivoci e dire chiaro e tondo al Sud e al Paese tutto che per il fantomatico reddito di cittadinanza ci vorranno – nella migliore delle ipotesi – anni di lavoro preparatorio. Anni.

Ad attrarre le decine di migliaia di laureati e non, che hanno abbandonato il Sud, sono le opportunità, la sensazione inebriante di poter prendere in mano la propria vita. Senza dover aspettare che qualcuno decida per te. Creare queste condizioni, nel Meridione di oggi, sembra peggio delle promesse della recente campagna elettorale: una boutade, quasi crudele

Questo, per non farsi travolgere dall’inevitabile riflusso della disillusione: la verità e la sincerità pagano, persino in politica. A quest’opera di onestà e chiarezza intellettuale, Di Maio potrebbe accompagnare proposte concrete, nuove. Rivoluzionarie, appunto, visto che l’aggettivo ha sempre un certo fascino dalle parti del Movimento. Un Mezzogiorno completamente ripensato, proposto al mercato economico internazionale come un’area di opportunità fiscali straordinarie, come ha fatto l’Irlanda a favore delle aziende o il Portogallo delle persone, pensionati in particolare. Un Sud a cui vengano proposte condizioni per fare, non per aspettare. Favorire la nascita di nuove imprese, anche sfatando uno dei tabù sindacali per eccellenza: adeguare in modo moderno, realistico e dinamico i contratti alla realtà specifica del Mezzogiorno. Non le gabbie salariali, che fanno tanto ‘900, ma sfidare i migliori a non andarsene, ribaltando una condizione di svantaggio a proprio favore: vivere al di sotto del Garigliano costa meno e si può ‘star bene’ con meno. Non è poco, per chiunque abbia sperimentato la durezza dei primi mesi di un trasferimento a Milano. Per tacere della mitica Londra. Ad attrarre le decine di migliaia di laureati e non, che hanno abbandonato il Sud, sono le opportunità, la sensazione inebriante di poter prendere in mano la propria vita. Senza dover aspettare che qualcuno decida per te. Creare queste condizioni, nel Meridione di oggi, sembra peggio delle promesse della recente campagna elettorale: una boutade, quasi crudele. Lo sappiamo tutti: parlare di reddito di cittadinanza o di generiche promesse è più facile, come imputare a qualcun altro la loro eventuale inefficacia. Se vogliamo chiedere al Sud di più, però, abituiamoci all’idea di offrire non di più, ma di meglio.

Il Movimento 5 Stelle ne avrà coraggio e capacità, uscendo dal recinto delle parole d’ordine, prima che si trasformino in una gabbia? Domanda impegnativa, per ora senza risposta. Come è lecito chiedersi se il Sud saprà mostrarsi disponibile a raccogliere la sfida e non limitarsi ad aspettare, ieri la Cassa, oggi il reddito, domani chissà. Prima usciamo da questo riproporsi del sempre uguale e prima torneremo a ragionare di futuro. L’alternativa è la desertificazione economica di un terzo del Paese, l’offendersi fine a se stesso dei meridionalisti senza se e senza ma e mettere a rischio il futuro politico del primo partito del Paese. Che si gioca tanto, ma proprio tanto al Sud.

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