E l’Europa assiste incredula all’imbarazzante teatrino della politica italiana

Visti da Bruxelles i retroscena di Palazzo hanno un altro spessore. Le lunghe trattative tra leader e i veti contrapposti disorientano gli interlocutori internazionali. Stupisce l’assenza di un confronto di merito e aumenta il timore che il nostro Paese resti ai margini delle partite che contano

Curiosa e incredula, ormai da cinquanta giorni l’Europa assiste al surreale balletto della politica italiana. Visti da Bruxelles i retroscena di Palazzo hanno tutto un altro spessore. Le lunghe trattative tra leader e i veti contrapposti disorientano gli interlocutori internazionali. Da settimane le delegazioni politiche straniere interrogano sorprese i nostri europarlamentari: quanto manca alla nascita del nuovo governo? Nelle trattative post elettorali stupisce l’assenza di un confronto di merito. L’inesistenza di progetti e programmi. E così, di fronte alle incertezze dello scenario istituzionale, aumenta il timore che il nostro Paese resti ai margini delle partite che contano. «È vero, c’è grande curiosità», racconta Massimiliano Salini, parlamentare europeo ed esponente lombardo di Forza Italia. «Ma non c’è alcuna esasperata preoccupazione. E questo perché purtroppo, ormai da tempo, si è diffusa l’idea di una certa ininfluenza italiana sulla vita dell’Unione Europea. Non siamo considerati particolarmente rilevanti». Membro della commissione Industria, Salini segue da vicino alcuni dei principali dossier. Dall’energia al commercio. Il suo racconto fotografa tutte le difficoltà del nostro Paese. «In Europa c’è una forte stima verso le imprese italiane, c’è la consapevolezza che, soprattutto in ambito manifatturiero, la nostra sia ancora un’economia centrale. Semmai il problema riguarda la politica italiana: qui ormai è quasi derubricata a fenomeno folcloristico. E il teatrino di questi giorni non fa che accrescere questa percezione».

Il timore per lo stallo istituzionale lascia il posto alla curiosità. «C’è un misto di incredulità e disorientamento» conferma Andrea Cozzolino, europarlamentare del Partito democratico da quasi dieci anni. Vicepresidente della commissione per lo Sviluppo regionale, conosce bene le dinamiche della politica continentale. In questi giorni molti colleghi stranieri lo interrogano sulla situazione italiana. «Non direi che c’è preoccupazione. Piuttosto mi colpisce l’incredulità, molti si chiedono dove andrà il nostro Paese». Ecco il punto. Spesso fuori dalle grandi partite internazionali, l’Italia rischia di uscire da questa fase ancora più debole. Mentre si salda l’asse franco-tedesco, da questa parte delle Alpi la politica si chiude in un balletto autoreferenziale. «La possibilità di rimanere ai margini dei giochi politici che segneranno l’Europa dei prossimi anni è concreta» spiega Cozzolino. I protagonisti della politica italiana non fanno una bella figura. Per ora spicca la mancanza di una prospettiva internazionale. «Tanti leader fanno a gara per lamentarsi dell’Europa. Ma in Europa chi li ha mai visti?» sorride amaro Salini. E così si perde credibilità. Inevitabilmente si parla di Matteo Salvini. Dopo anni da parlamentare europeo, oggi il segretario leghista si gioca le sue carte per entrare a Palazzo Chigi. «Eppure a Strasburgo non ha guidato alcuna battaglia significativa», insiste Cozzolino.

Mentre si salda l’asse franco-tedesco, da questa parte delle Alpi la politica si chiude in un balletto autoreferenziale. «In Europa c’è una forte stima verso le imprese italiane. Smmai il problema riguarda la nostra politica: qui ormai è quasi derubricata a fenomeno folcloristico. E il teatrino di questi giorni non fa che accrescere questa percezione»

Sergio Cofferati è stato segretario della Cgil. Un passato nel Partito democratico, oggi è un esponente di Liberi e Uguali, europarlamentare alla seconda legislatura. In questi giorni anche lui ha dovuto raccontare a molti colleghi stranieri la difficile situazione italiana. «Non tutti comprendono quello che sta accadendo nel nostro Paese. E quando spieghi cosa succede ti guardano sorpresi. Ma c’è anche chi non nasconde una certa preoccupazione: qualcuno teme che se non arriverà una soluzione stabile, la crisi italiana potrà avere delle ripercussioni anche in Europa». Vista da Bruxelles, intanto, la crisi italiana stupisce per l’assenza di un confronto nel merito. Le liturgie di palazzo non sorprendono più di tanto, ogni paese ha i suoi riti e le sue difficoltà. Dopotutto anche in Germania le ultime elezioni sono state seguite da una lunga fase di stallo. Persino a Berlino la nascita del nuovo esecutivo ha creato ansie e preoccupazioni. «La differenza è che in Germania, per mesi, ci si è scontrati sul progetto di governo e sul futuro del Paese» insiste Salini. Quando alla fine Cdu, Csu e il partito socialdemocratico hanno trovato un’intesa, è stato siglato un programma di 177 pagine. «In Italia invece si continua a discutere su chi può o non può fare il leader, senza parlare di contenuti. Ecco perché in Europa a nessuno interessa davvero l’esito di questo teatrino». La trattativa finisce per interessare solo il Palazzo. «Come dimostra la follia di questi cinquanta giorni – insiste l’europarlamentare – la peculiarità italiana è l’assenza totale della realtà. I leader si parlano tra loro, non c’è uno straccio di programma. È questo l’aspetto che stupisce tutti in Europa».

Il risultato è evidente. Il nostro Paese rischia di trovarsi impreparato davanti alle grandi sfide del futuro. «A maggio si presenta il bilancio comunitario per i prossimi sette anni» insiste Cozzolino. Ovunque il dibattito è aperto. Si discute di quali capitoli di spesa tagliare e come intervenire. «Ma ancora una volta l’Italia rischia di rimanere un testimone, di non giocare nemmeno questa partita». Il tema è ampio. Nei prossimi mesi sullo scenario europeo ci saranno grandi cambiamenti. Alcuni di questi ci riguardano da vicino. Tra il 2018 e il 2019 arriveranno a fine mandato due importanti figure italiane: il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e il presidente della Bce Mario Draghi. Il rischio di indebolirci ulteriormente è evidente. Ecco perché l’esito elettorale non ammette troppo ottimismo. Il governo che nascerà a Roma sarà costruito su difficili intese e caratterizzato da equilibri precari. Probabilmente sarà appeso a pochi numeri nelle aule parlamentari. In Europa anche questo aspetto rischia di spingerci drammaticamente ai margini. «È un dato evidente», spiega Cofferati. «Più debole sarà il governo italiano, più difficile diventerà ogni negoziato».

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