Paola Belingheri ha trentaquattro anni e una storia particolare. È cresciuta all’estero – «ci siamo trasferiti in Olanda quando avevo quattro anni, seguendo il lavoro di mio padre» – ed è tornata a lavorare in Italia. Si è laureata in una disciplina scientifica – ingegneria gestionale a Bologna – cosa che accade piuttosto di rado, tra le ragazze, soprattutto in Italia. Soprattutto, oggi Paola è contemporaneamente ricercatrice sulla mobilità sostenibile, fondatrice di una startup che si occupa di turismo sui ghiacciai e investitrice, attraverso le piattaforme di equity crowdfunding, e anche in questo caso qualche luogo comune è stato infranto, con la leggerezza di chi fa la cosa più ovvia del mondo, anche solo per il fatto che ne è affascinata: «L’agenda 2030 dell’Onu è la mia stella polare – spiega a Linkiesta -: mi piace rendere il mondo migliore, più sostenibile. E quando faccio ricerca, quando faccio impresa, quando investo cerco sempre di muovermi in questa direzione».
Parlare di direzione, nel caso di Paola, è però quantomeno improvvido. Dopo la laurea, infatti, comincia a lavorare nel settore aerospaziale, in Francia e poi in Olanda. Quindi è la volta di un dottorato alla Luiss, sui temi dell’open innovation. Quindi inizia una fase di post-dottorato, che la porta a fare ricerca sulla mobilità sostenibile: «Sto collaborando con un think-tank che si trova a Vienna, in Austria – spiega – studiamo le alleanze strategiche sui mercati emergenti, ad esempio delle automobili elettriche, per individuare come le aziende possono creare e catturare valore».
Nel frattempo, nel corso di un hackathon organizzato dalla Nasa, The International Space Apps Challenge, Paola si inventa IceKing, insieme ad altri sei ragazzi italiani, una startup che si occupa di turismo e di ricerca sui ghiacciai. Con quella app vincono l’edizione italiana dell’hackathon e vincono uno dei cinque premi nella finalissima mondiale: «Si tratta di un app che uscirà a breve e che aiuterà i turisti che vanno sui ghiacciai a pianificare un viaggio interamente sostenibile – racconta -. In cambio chiediamo loro di fare foto georiferite, dal cellulare. Combinandole coi dati satellitari gli scienziati riusciranno a usarle per capire meglio come si stanno sciogliendo i ghiacciai. A partire dalle loro elaborazioni noi creeremo infografiche per spiegare alla gente come stanno cambiando, e come proteggerli».
«Bisogna creare community, dobbiamo spiegare perché noi donne investiamo e come lo facciamo, con più attenzione al lungo periodo, alla sostenibilità, al lato umano del fare impresa»
Se pensate sia solo ricerca e idealismo, vi sbagliate di grosso, però. Paola Belingheri infatti è anche un’imprenditrice, una che sa fare i conti con un altro tipo di sostenibilità, quella economica: «Se è finanza, non è per forza cattiva – spiega -. Il nostro business è nell’offrire servizi ai turisti e alle guide montane, ma è un business che produce benessere, che migliora il mondo, che ha un impatto sociale». Social Entrepreneurship, la chiamano nel mondo anglosassone, spesso sostenuta dall’Impact Investing o finanza d’impatto che per molti è il futuro della finanza. Paola Belingheri incarna questa visione alla perfezione, a trecentosessanta gradi: «Il mondo delle startup mi ha sempre affascinato. Mi ricordo ancora quando ero all’università e conobbi per la prima volta la figura dell’angel investor – ricorda -. Mi ha sempre ispirato molto, questo ruolo».
Ed è così che Paola interpreta il suo ruolo come finanziatrice di piccole idee imprenditoriali altrui. Lo fa attraverso l’equity crowdfunding, quando per la prima volta sbarca in Italia: «In questo mondo sono entrata circa un anno fa, utilizzando il portale CrowdFundMe. Mi piace vedere tutte le idee proposte, studiarle – spiega – Io riservo all’equity crowdfunding l’1% del mio patrimonio, sono investimenti molto piccoli. Quando investo guardo soprattutto l’idea e il team, ma dall’altra guardo anche come la mia esperienza, il mio network e la mia conoscenza del mercato può supportare in qualche modo l’azienda». Più una mentore, che un’investitrice? Entrambe le cose, secondo Paola: «Mi piacerebbe essere Angel Investor, ma ci vogliono capitali che io non ho – continua -. È proprio questa l’attrazione che esercita su di me l’equity crowdfunding, la possibilità cioè di investire anche se si hanno pochissimi soldi a disposizione. E fare parte di un network che sostiene l’azienda anche al di là dei soldi che ci metti».
Paola è anche una delle poche donne che investono e che operano nel mondo della finanza: «Le donne sono generalmente meno attratte dal business, c’è meno capacità di spesa, stipendi più bassi e meno donne che lavorano – prova ad argomentare -. Questo incide perché gli investimenti sono comunque un rischio». C’è anche un problema di narrazione, però, che deriva dal modo in cui la finanza al femminile viene presentata: «Bisogna creare community, dobbiamo spiegare perché lo facciamo, come lo facciamo, con più attenzione al lungo periodo, alla sostenibilità, al lato umano del fare impresa – spiega – In Europa c’è stata un’iniziativa in questo senso, si chiamava Rising Tide, ed era un programma di mentoring per far entrare donne nel mondo dei business angel, dominato dagli uomini. Perché non proviamo a farlo anche in Italia?». La strada è ancora lunga, ma l’obiettivo è nel mirino. Ed è facile scommettere quale sarà la prossima sfida di Paola.