Ha creato scalpore, nei corridoi di palazzo, la posizione espressa dal segretario della Lega, Matteo Salvini, contro l’ipotesi di un attacco militare in Siria contro il regime di Assad. L’aspirante capo del governo ha sostenuto che l’uso della forza militare non non lo troverebbe d’accordo, benché promosso da Donald Trump, il presidente americano che è stato il suo modello elettorale. E ha anche messo in dubbio che in Siria siano stati davvero usato armi chimiche contro la popolazione. Ma se c’è una cosa che non deve sorprendere è la determinazione con cui Salvini intende posizionarsi a livello internazionale.
Se il Movimento 5 Stelle ha mostrato il suo volto più istituzionale, in queste prime settimane dopo le elezioni, inviando anche messaggi distensivi nei confronti dei tradizionali partner europei, il leader leghista non ha invece rimesso in discussione il suo posizionamento internazionale nell’asse sovranista. Quello che, del resto, gli aveva consentito di consolidare la sua immagine ben prima di stringere alleanze a livello nazionale. Il primo maggio, Salvini è stato invitato da Marine Le Pen a intervenire sullo stesso palco di Nizza: non un invito casuale, perché la leader di quello che un tempo si chiamava Front National ha visto nel successo elettorale della Lega una spinta a proseguire la battaglia politica contro l’Ue, la globalizzazione e quella che considera l’islamizzazione dell’Europa.
Il primo maggio, Salvini è stato invitato da Marine Le Pen a intervenire sullo stesso palco di Nizza: non un invito casuale, perché la leader di quello che un tempo si chiamava Front National ha visto nel successo elettorale della Lega una spinta a proseguire la battaglia politica contro l’Ue
Sempre in questi giorni, poi, Salvini ha festeggiato il nuovo mandato ottenuto, a suon di voti, dal primo ministro ungherese, Viktor Orban, che ai suoi occhi è il paladino del rigore contro l’immigrazione e il multiculturalismo.
Ancora prima, l’aspirante premier italiano aveva ribadito la volontà di sostenere il ritiro delle sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin, quando sarà al governo. La posizione di Trump in Siria, certo, mette Salvini in una posizione di imbarazzo. Dover arrivare a scegliere fra il suo modello elettorale e il suo modello di leadership, che è appunto Putin, non sarà facile.
Ma il ruolo che la nuova Lega immagina di ritagliarsi se arriverà a guidare il governo è proprio questo: tornare a far dialogare gli Usa e la Russia, in questo in perfetta continuità con quanto fatto da Silvio Berlusconi. Rispetto a Berlusconi, però, il centrodestra a guida leghista si sentirebbe meno vincolato nel rapporto di lealtà con Germania e Francia, impegnate nel rilancio dell’integrazione Ue, per avvicinarsi al blocco di Visegrad insieme a Ungheria e a Austria. E svolgere anche in questo caso, nel ruolo di paese fondatore e quarta economia continentale, lo stesso ruolo di ponte. Tutti elementi da tenere in considerazione, qualora fosse davvero Salvini il socio di maggioranza del prossimo governo. Almeno finché la realpolitik non verrà a bussare alla sua porta.
Twitter: @ilbrontolo