Come riconoscere (e affrontare) il peggior nemico dell’estate. Le zanzare? No, il tormentone

Negli anni ‘60 spadroneggiava Edoardo Vianello, gli ultimi tempi sono stati segnati dall'invasione spagnoleggiante. Ma cosa rende tale un tormentone? Una discreta letteratura scientifica ci aiuta a dare una risposta. E - all'occorrenza - ci dà qualche suggerimento su come sbarazzarcene

Immagine da Youtube

In origine fu Nico Fidenco, al secolo Domenico Colarossi, nato a Roma nel 1933. Correva l’anno ‘61 quando conquistò tutti con Legata a un granello di sabbia, canzone regolarmente bocciata al Festival di Sanremo. Fu il primo 45 giri italiano a vendere più di un milione di copie. Con lui, nacque l’epopea dei tormentoni estivi. E l’Italia, il Paese in cui le vacanze sono (o almeno, erano) vissute come un rito collettivo, era il terreno più fertile in cui farli germogliare. Così venne l’epoca di hit come Abbronzatissima, Sapore di sale e Stessa spiaggia, stesso mare. Qualche tempo dopo fu il tempo delle canzoni straniere, come I will survive di Gloria Gaynor (1979) o The summer is magic (1994). Recentemente, sono esplose le canzoni ispanofone. E anche il 2018, a parte qualche baluardo nazional-popolare come le coppie J-Ax&Fedez / Ghali&Sfera Ebbasta, non sembra fare eccezione. Le principali candidate per diventare tormentoni estivi sono La cintura di Alvaro Soler, X di Nicky Jam-J Balvin e Pem Pem di Elettra Lamborghini. Che sì, è nata a Bologna ed è italianissima, ma canta comunque in spagnolo.

Ora: sappiamo bene che, purtroppo, i tormentoni non sempre si riconoscono al primo ascolto. Non perché sia difficile farlo, anzi: ma perché sono subdoli. Siamo lì, incastrati nel traffico in un caldo pomeriggio di inizio giugno tornando dall’ufficio mentre già sogniamo di essere in vacanza e, tra una telefonata e l’altra, passa in radio l’ultima roba scritta da qualche cantante latinoamericano dal nome tamarro-esotico e tac. L’inizio della fine. Quel motivetto, senza neanche accorcergene, ci renderà invivibile l’estate, ronzandoci in testa fino a Natale. In nostro soccorso, negli ultimi anni, si è sviluppata una discreta letteratura scientifica che ha cercato di capire quali sono le caratteristiche del perfetto “tormentone” e quali i rimedi per sbarazzersene. Perché per combattere il nemico bisogna conoscerlo.

In nostro soccorso, negli ultimi anni, si è sviluppata una discreta letteratura scientifica che ha cercato di capire quali sono le caratteristiche del perfetto “tormentone” e quali i rimedi per sbarazzersene. Perché per combattere il nemico bisogna conoscerlo

Psicologi e musicologi sono concordi nell’affermare che a caratterizzare un tormentone sono sia fattori musicali che extra-musicali. Innanzitutto, bisogna sapere che la sensazione di avere una canzone “bloccata” in testa senza riuscire a scacciarla è abbastanza comune: oltre il 90% delle persone dice di averne fatto esperienza. Il fenomeno per cui una canzone ci entra in testa e non ne esce più ha anche un nome scientifico: immagine musicale involontaria (involuntary musical imagery). Alcune volte, all’origine di queste fissazioni c’è la memoria associativa. Capita quando un oggetto o una parola ci ricordano il testo di una canzone (un po’ come quella volta in cui siete usciti di casa in un giorno di pioggia, ombrello in mano, canticchiando Rihanna, per capirci). Anche l’umore può avere un impatto: alcune persone hanno raccontato che quando sono stressate è più facile che un brano gli rimanga in testa. Va da sé, infine, che più si ascolta una canzone (volontariamente o meno) più è facile che quel determinato motivo rimanga in testa.

Esauriti i fattori extra-musicali, passiamo a quelli prettamente musicali. Ad aiutarci nell’individuarli c’è una ricerca pubblicata nel 2016 dall’American psychology association. Uno studio su 3.000 persone, a cui è stato chiesto quali erano state le loro ossessioni musicali dal 2010 al 2013. Nella top 10 dei nominati troviamo una massiccia presenza di Lagy Gaga, Can’t get out of my head di Kylie Minogue e Single ladies di Beyoncé. A quel punto gli psicologi hanno preso i primi 100 tormentoni più ricorrenti e li hanno messi a confronto con altre 100 canzoni simili, ma non nominate nel sondaggio. Applicando questo metodo, per esempio, Bad Romance di Lady Gaga – la numero uno tra i tormentoni nominati – è stata paragonata a Just Dance, canzone sempre della signora Germanotta che però non rientrava nella classifica. Cos’hanno scoperto i ricercatori? Che i brani-tormentone sono mediamente più veloci, sono caratterizzati da intervalli “inusuali” (salti inaspettati, note ripetute più del normale) e che esiste una sorta di “modello-base universale” per la musica pop che alcune canzoni seguono più di altre.

Se tutto ciò non ha avuto esito positivo, rimane solo la rassegnazione. Che però non dev’essere presa come una sconfitta. L’ultimo fondamentale comandamento, infatti, impone di non combattere con troppa ferocia il nemico. Ma di accettarlo passivamente (e quanto più serenamente)

Sulla stessa lunghezza d’onda Joe Bennett, professore all’Università di Bath, ha cercato di trovare “l’equazione a prova di bomba” per scrivere la perfetta canzone pop. Bennett è d’accordo sul fatto che certi brani rispondano a una formula piuttosto precisa e abbiano alcune caratteristiche comuni ricorrenti come la brevità e la tendenza alla ripetizione. Un leitmotiv che si ripete sin dagli anni ‘60, che sarebbe però frutto di un processo di evoluzione quasi-darwiniano durato secoli. Secondo il professore, poi, una delle principali peculiarità dei motivetti di successo sarebbe quella di avere piccole variazioni inaspettate rispetto al modello-base della canzone pop. Sembra infatti che questi esili cambiamenti catturino la nostra attenzione facendoci “perdere” per poi immediatamente ritrovarci all’interno di una struttura melodica che ben conosciamo in quanto diventata ormai quasi un archetipo universale. Forse, studiando bene questi insegnamenti, siamo ancora in tempo per scrivere il pezzo dell’estate, diventare ricchi e rubare la gloria (almeno per quest’anno) a Luis Fonsi. Se siete pessimisti al riguardo, però, non disperate. Il modo per sopravvivere al tormentone, esiste.

Anche a questo proposito, le ricerche in merito si sprecano. Come riportato dal sito The Conversation ci sono una serie di trucchi che dovremmo seguire se vogliamo sradicare un tormentone dalla nostra mente. Innanzitutto, evitare di ascoltarlo. Certo, più facile a dirsi che a farsi, con i motivetti estivi che per mesi rimbalzano su qualsiasi dispositivo del globo terracqueo destinato a riprodurre musica, ma tant’è. Una soluzione alternativa potrebbe essere – strano ma vero – quella di masticare chewing gum. Già, perché l’apparato vocale è strettamente legato al canto. E così, quando le nostre mascelle sono impegnate a fare altro, pare che anche le aree del cervello deputate alla riproduzione musicale si calmino. Un altro rimedio “fisico” è quello di camminare a un ritmo diverso dal tormentone che abbiamo in testa, mandando “fuori tempo” il nostro cervello.

Se neanche sgambettare fuori ritmo non funziona, dovreste provare a cantare una canzone che vi piace e non ha niente a che vedere con il motivetto che vi irrita. Insomma: appena nella vostra mente arriva Enrique Iglésias, iniziate a intonare Kurt Cobain. Nel caso in cui improvvisare un concerto grunge sotto la calura estiva non funzioni, potete provare a chiamare un amico (sempre che, giunti a questo punto, ancora ne avrete). Di solito difatti, quando socializziamo, la mente tende meno spesso a vagabondare. Se tutto ciò non ha avuto esito positivo, rimane solo la rassegnazione. Che però non dev’essere presa come una sconfitta. L’ultimo fondamentale comandamento, infatti, impone di non combattere con troppa ferocia il nemico. Ma di accettarlo passivamente (e quanto più serenamente). Un ragionamento frutto di un vecchio insegnamento: se ti dicono di non pensare a un elefante, tu ci penserai. Allo stesso modo, se accogli l’invasione estiva con serenità, pare che potrai continuare a vivere senza disturbanti motivetti per la mente, riappacificarti con il mondo e magari – perché no – all’occasione pure ballare Nicky Jam senza il terrore che ti rimanga in testa fino a Capodanno.

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